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E se trovi la gente mal disposta,

O se' dagli orbi superbi derisa,

Lascia pur fare; e vedrai belle risa.

(Scegliendo le varie lezioni offerte dal RENIER, ediz. cit.)

DONATO VELLUTI. Messer Donato di Berto Velluti, d' una delle più antiche e maggiori case mercantesche del Sesto d'Oltrarno, vissuto dal 1313 al 1370, fu legista e uomo di Stato, adoperato molto negli ufficj del Comune, sia in città (anche nella signoria del Duca d'Atene), sia come ambasciatore e negoziatore. Fu de' Priori più volte, e Gonfaloniere di Giustizia nel 1350 e nel 70 durante il quale ultimo magistrato, del mese di luglio, morì nel Palazzo della Signoria, lasciando interrotta la sua Cronica domestica. In questa messer Donato raccoglie i fatti e i parentadi de' suoi maggiori, ritraendo al vivo molte figure di essi, uomini e donne; poi narra la propria vita, e poi comincia a dire de' figliuoli. Il libro è documento sincerissimo della lingua parlata in Firenze a' suoi tempi; e più sarà, quando alla edizione che ne fece il Manni (Firenze, 1731) potrà sostituirsi per intero quella che ha preparata sull' autografo l'amico nostro I. Del Lungo, il quale ne ha dati intanto alcuni saggi (e di quelli qui ci serviamo) nel suo libretto, Una vendetta in Firenze il giorno di san Giovanni del 1295; con un fac-simile e un saggio della Cronica domestica di messer DONATO VELLUTI, restituita sull'autografo e commentata (Firenze, Cellini, 1887); in due opuscoli nuziali, Le origini d'una famiglia e d'una via nella vecchia Firenze, e Un vecchione fiorentino del secolo XIII (Firenze, Carnesecchi, 1890 e 1893); e in un discorso storico su La donna fiorentina nei primi secoli del Comune (Firenze, Cellini, 1887).

Un vecchione fiorentino del secolo XIII. Questo Bonacorso di Piero fu uno ardito forte e atante uomo, e molto sicuro nell'arme; e fece di grande prodezze e valentrie, e sí per lo Comune, e si in altri luoghi. Tutte le carni sue erano ricucite, tante fedite avea avute in battaglie e zuffe. Fu grande combattitore contra paterini e eretici, quando di ciò palesemente in Firenze si combattea, secondo udi' dire, al tempo di san Piero Martire.1 Era di bella statura, e le vembra 2 forti, e bene complesso. Vivette bene cxx anni; ma bene xx anni perdè il lume, innanzi morisse per vecchiaia. Fu chiamato Corso: e perché fosse cosi vecchio udi' dire che la carne sua avea si soda, che non si

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potea attortigliare; e se avesse preso qualunque giovane più atante in su l'omero, l'avrebbe fatto accoccolare. Intesesi anche bene di mercatanzia, e fecela molto lealmente: in tanto era creduto, che venuti i panni melanesi in Firenze da Melano, de quali molti ne faceano venire, e' tutti gli spacciava innanzi fossono aperte le balle. Molti ne faceano tignere qui: e perch'era si diritto, udi' dire che uno Giovanni del Volpe loro fattore, veggendo si grande spaccio de' detti panni, pensò nella tinta fare più avanzare la compagnia, e più debolmente e con meno costo gli facea tignere; di che essendo passato un tempo, i detti panni non aveano quello corso soleano: di che, cercando della cagione, trovarono ch'era stato per la sutilità del detto Giovanni; di che egli il volea pure uccidere. Il detto Bonacorso, avendo perduto il lume, il più si stava in casa. Avea di dietro al palagio di Via Maggio, innanzi si dividesse tra lui e' nipoti, e anche poi assai tempo e io il viddi, uno verone, lungo quanto tenea il detto palagio, in sul quale rispondea tre camere da lato di dietro; per lo quale egli andava, e andava in qua e in là ogni mattina, che facea ragione esser ito tre o quattro miglia: e fatto questo, asciolvea, e l'asciolvere suo non era manco di due pani, e poi a desinare mangiava largamente, però ch'era grande mangiante e cosi passava sua vita. Ora perché si sappia come morí, udi'dire a mio padre, che gli venne voglia andare a la stufa;' e cosí andò: nella quale stufa s'incosse il piede; di che essendo tornato, e veggendo che per essa cagione non potea andare né fare il suo usato esercizio in sul verone, immantanente si ricusò morto. Ora venne 3 in quello tempo, che Filippo suo figliuolo, e mio avolo che fu, menando monna Gemma de' Pulci sua seconda donna e moglie, avendo il di molto motteggiato dicendo « Ora farebbe bisogno a me d'avere moglie, più ch'a figliuolmo, che m'atasse, » e molte altre ciancie, gli venne voglia, essendo in su' letto, farsi portare in su lettuccio da sedere. Di che chiamato mio padre e Gherardo suoi nipoti, avendosi colle mani e braccia appoggiatosi in su le spalle loro, subitamente per grande vechieza la vita gli venne meno, e mori nel 1296 . . .

Vendette domestiche. - Velluto, figliuolo che fu di Cristiano, rimase pupillo, e nelle mani di Bonacorso e Iacopo, suoi zii e tutori...... Il detto Velluto fu morto a ghiado da' Berignalli nel мCCCX; era d'età di xxx anni o più. La cagione della sua morte fu: che avendo questione Dino del Mangano, il quale era di que' di casa assai, con Giovanni Berignalle; ch' erano e stavano in Borgo Tegolaio, e 'l detto

1 Stanze riscaldate per uso di bagno.
2 Si tenne, si dette, per morto.

Di coltello.

8 Avvenne.

Era assai amico di quelli di casa.

Berignalla lanaiuolo e mercatante, e con tre overo quattro figliuoli, e fratelli e consorti; avendo soperchiato il detto Dino il detto Giovanni, con favore di Lorenzo di Dietaiuti de' Velluti, il detto Giovanni volendosi chiarire sopra il detto Lorenzo,1 andando il detto Velluto verso Santo Spirito, e essendo con lui il detto Lorenzo, il detto Giovanni con uno coltello assalì il detto Lorenzo: el detto Lorenzo fuggì, e volendolo perseguitare il detto Giovanni, Velluto prese il detto Giovanni; el detto Giovanni gridando, « Lasciami, lascia», e egli non lasciando, gli die due colpi nel fianco. Di che ne fu recato a casa; e' nostri consorti, Lapo Lorenzo e gli altri, gli feciono fare testamento. E appartenendo tanto a noi del lato di qua quanto a loro, e dovendo noi ragionevolemente rimanere erede com'eglino, e' si feciono fare erede, e noi trattare come bastardi. Di che essendo eglino ripresi, non feciono rimutarlo: onde Gherardo mio zio, non essendoci mio padre, ch'era in Francia a procacciare per ritrarre danari in favore di loro e di noi, andò al detto Velluto, essendo ancora vivo, e dolfesi2 con lui di ciò; e non rimutando, in presenza di chi v'era gli disse: << Come tu tratti noi alla vita, così tratteremo noi la memoria tua dopo la morte. » La notte e' passò di questa vita. El detto Gherardo, nè nostre donne, a suo corpo o sepoltura fu; anzi indi a certi di co' detti Berignalli favello, e mai contra loro non prontò, avendo Fruosino accusati quattro di loro, ma non fu condannato altri che 'l detto Giovanni. La qual cosa udito poi Lamberto mio padre, commendò molto Gherardo di tale modo tenuto, dicendo ch'e'non fece mai tanto bene quanto quello...... E di vendetta del Velluto mai non si impacciò, anzi parlò co' Berignalli, essendo tornato di qua, sempre comandando a noi suoi figliuoli che di ciò non ci impacciassimo, lasciandoci la sua maladizione a chi il contrario facesse. Ma male l'ubidi Piccio mio fratello, ed e' ne gli intervenne l'onore ch'e' se gli accadde; volesse Dio ch'e' fosse stato pure suo: ma e' capitò poi com'e' capitò, e come cápitano que' che non ubidiscono i lor padri.... E vero che Piccio, essendo mio padre in Tunisi, e Filippo a Pisa, e io in Bologna, lusingato da' consorti si condusse a volere fare la vendetta. E avendo alcuno di loro bando, feciono che Piccio richiedesse un nostro intimo amico, il quale avea nome Giunta di Mazone fornaio, il quale stava al canto dello Sprone nel forno ch'è oggi di Iacopo fornaio, ed era cugino carnale di Luca Cianghi mae

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1 Volendo aver sodisfazione del torto da lui fattogli.

2 Si dolse.

3 Non intervennero al suo mortorio.

Non si astenne dal parlare con essi, per mostrare che non ci aveva alcun risentimento; e non fece alcuna istanza o pratica o procedimento contro di loro.

5 Imperocchè.

Chi aveva bando, ossia era stato bandito per sentenza del Comune, poteva essere offeso impunemente.

SCRITTORI VARI.

stro in ricoprire tetti, e del maestro Benedetto medico cirugico; il quale era uno gagliardo e ardito e atante uomo, e bello e grande e informato. Di che Piccio il richiese, e egli, credendoci servire, immantanente disse di sì: onde ordinarono, che Piccio e Cino insieme con lui facessono questo fatto. Di che, tracciando 2 ciò, i begli amici se n'avvidono; e trovando che 'l detto Giunta avea avuto bando, ed era ribandito, e non s'avea fatto cancellare, feciono levare il bando suo, e procacciaronlo d'uccidere.* Onde un dì, essendo andati Cino, Piccio e egli per questa cagione a la taverna di Ciardo, ed essendo stati assai là, andarono verso Sant'Orsa e stando là su, Niccolò Berignalle con da quattro di loro vennono verso loro, e giunsono Giunta, e dierongli uno colpo nella gola, del quale immantinente mori; e Cino e Piccio si fuggirono, però che niuno di loro avea coltello. E in questo modo arrosono al danno e vergogna; e s'e's'avessono creduto avere bando, come poi ebbono, quello feciono a Giunta avrebbono fatto a loro. Dopo le qua' cose, essendo accusati della morte di Giunta, credendosi avere fatto sanza pena, trovarono che in quello mezzo Giunta s' avea fatto cancellare; sicchè al tempo che l'uccisono, il bando era cancellato: e per questa cagione tutti furono condannati. E questo fu, credo, nel 1333 o 34. Venne poi fu7 signore il Duca d'Ateni, e ribandi gli sbanditi, e costrinse ogni uomo a fare pace; onde i consorti e noi, essendo costretti, rendemmo pace. La quale è sotto grandissime pene, fortificate poi per riformagioni di Comune con altre gravissime pene, e non si truova quasi niuna poi essere rotta, e chi l'a rotta si è stato diserto. Onde per questa cagione che ci è, e, se non ci fosse, per lo comandamento di mio padre e sua maladizione, si è molto da guardare, che se alcuno discendente di loro vivesse, non fosse tocco, se non vuole se e altrui disertare; e io, come fece mio padre, così comando, e colla mia maladizione il lascio, non ch'i' creda che niuno ne sia e basti a noi la vendetta di Dio, per la quale, essendo buona orrevole e ricca famiglia, non è rimaso nè avere nè persona di loro. E questo basti del Velluto; che avesse piaciuto a Dio non fosse nato, per bene e onore di noi.

1 Ben formato.

2 Macchinando.

3 Quelli altri, coloro; cioè i Berignalli.

Intendi, che alla lor volta pensarono di poter uccidere impunemente Giunta; perchè era ancor esso colpito già di bando, e, sebbene ribandito (cioè prosciolto dal bando), non si era data cura, per quanto essi seppero, di farsi cancellare la sentenza condannatoria.

3 Aggiunsero (da arrogere) alcun che al danno e alla vergogna, già sofferti dalla famiglia per la uccisione di Velluto.

6 I Berignalli ai Velluti.

7 Avvenne poi che fu ec.

8 Ai Berignalli; ci pacificammo con essi.
Rovinato, capitato male.

Ritratti di donne. (Monna Diana Velluti). Questa monna Diana fu una bonissima donna, e molto amore mi portava...., e assai mi teneva a Bogoli quando era fanciullo. Portava molto in capo: intanto che essendo una volta al palagio vecchio de Rossi dirimpetto a Santa Filicita, ove oggi è l'albergo, e cadendo d'in sul palagio una grande pietra, e cadendole in capo, non la senti, se non come fosse stata polvere venuta giù per razolire di polli: onde ella, sentendosi, disse: Chisci, chisci; e altro male non le fece, per cagione de' molti panni ch'avea in capo.

(Due zittellone). Le dette Cilia e Gherardina non si maritarono stettono un grande tempo pulcelloni,1 con speranza di marito; poi fuggita la speranza per non potere, si feciono pinzochere di San Spirito. Guadagnavano bene, e francavano la loro vita, e più, dipanando lana; sanza che, non fece mai bisogno a'detti fratelli tenere fante. Erano amorevoli molto, e grandi favellatrici. Morirono per la detta mortalità del 1348, essendo ciascuna d'età di quaranta anni e più.

(Una vedova). La detta monna Gilia ritornò vedova co' fratelli, e ivi stette mentre che mori Landolfo di Napoleone; e dopo la morte di Napoleone, consumò molto in piatire nel quale molto si dilettava, però che era e è molto astuta e rea; e tanto vi consumò, che non vogliendo vendere delle possessioni, vilmente vivea e vestiva, tuttodi cercando Firenze .... ; e oggi vive in mendicume.

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(La madre e la moglie di messer Donato). Monna Giovanna...., mia madre, fu savia e bella donna, molto fresca e vermiglia nel viso, e assai grande della persona, onesta e con molta virtù. E molta fatica e sollicitudine durò in allevare me e' miei fratelli; considerato, che si può dire non avessimo altro gastigamento, e spezialmente di padre, però che quasi del continuo nostro padre stette di fuori: per la qual cosa ella fu molto da lodare, e lodata fu, di sua onestà e vita, essendo bella, e stando il marito tanto di fuori. Di carnagione e frescheza fui molto somigliato a lei. Fu massaia; e bisogno ebbe di ciò fare, avendo nostro padre poco come avea, poi si divise da' fratelli, e avendo grande famiglia.... E la cagione della morte sua fu, che essendo nostro padre in Tunisi, avendo noi ricevuto in pagamento.... uno podere...., e essendovi ella andata a stare là di state, tornando poi qua, e essendo salita a cavallo,... si mosse il cavallo, e corse un pezzo, e gittolla in terra; di che si sconciò la gamba. Soprastette alcuno di là su, e non si fece

1 In condizione di pulcelle, nubili.
2 Girando tutto il giorno per la città.
3 Correzione, o guida, educativa.

Dopo che si divise, dopo essersi diviso.

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