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Quel Signor tenea Dante senza freno,
Perocchè conosceva sua bontade,
E la sua fantasia; ond' egli appieno
Dato gli avea l'arbitrio e fibertade,
Della qual fu più vago, al mio parere,
Che di ricchezza o d'altra nobiltade.
Provisione avea da cavaliere,
Ed era ben servito ed onorato:
Andare e star potea al suo piacere.

desirou

E quel ch'io dissi che avea cominciato
Non seguitò, per l'affrettata morte,
Della qual cosa fu ed è scusato ;

Perocchè l Salvador sì fatta sorte
Non perdonò a sè, nè perdonare
A Dante volle il passo delle porte.
E tali il voller poi calunniare,
Che avuto non avrebbono ardimento
Nella presenza sua di favellare.

Or chi ci è oggi ch'abbia sentimento,
Eziandio il Papa e li Cardinali,

Che non faccia per Dante ogni argomento?
Dante fu uom de' più universali
Che a suo tempo avesse l'universo
Tra gli scienziati e i naturali;

E perpetua fama in ogni verso
Alla città di Firenze ha lasciata,
Poichè di questa vita fu sommerso:

Perocchè l'ha di pregio incoronata:
E 'n fine e' gli ha renduto per mal bene,
Come si convien fare ogni fiata.

I' priego Cristo, onde ogni grazia viene,
E la sua Madre Vergine superna,
Con tutti i Santi, come si conviene,

Se in Purgatoro l'anima sua verna,
Che la ne tragga per divina grazia,
E conducala a ben di vita eterna.

Di ragionar di lui mai non fu sazia
La mente mia; però non ti sia grieve,
Se alquanto a suo diletto qui si spazia,
Chio dirò per innanzi assai brieve.

(Secondo la lezione pubblicata da A. D'ANCONA,
Pisa, Nistri, 1868.)

FIORETTI DI SAN FRANCESCO. Appartengono, come dice il loro nome, a quel genere, che è ben copioso nel periodo delle origini, delle scelte o florilegj. Furon creduti, a torto e da molti, scrittura originale: sono invece traduzione di una scrittura latina già indicata dal WADDING (Scriptores ordinis minorum) e

conosciuta sotto il nome di Floretum, compilata, come pare, da frate Ugolino da Monte Santa Maria, e contenente la vita del santo d'Assisi e quella de' suoi compagni e seguaci più antichi. Il volgarizzatore, sconosciuto, ma certo del secolo XIV e indubitatamente toscano, dètte una versione quasi sempre letterale, correggendo e modificando alcuni luoghi, alcuni capitoli riassumendo o unendo con altri. Seguono ai Fioretti propriamente detti alcune altre scritture, pur francescane: Delle sacre stimate di San Fran-、 cesco e delle loro considerazioni; le Vite di frate Ginepro e di frate Egidio; Capitoli di certa dottrina, e detti notabili di frate Egidio. Sono stati pubblicati recentemente nove Capitoli inediti de' Fioretti (da G. MAZZONI nel Propugnatore, N. S., vol. I, parte I, p. 396 e seg.) che sembrano un'aggiunta fatta ai Fioretti quando questi avevano già forma di libro; e anch'essi hanno fonte latina.

Le più antiche edizioni de' Fioretti sono del secolo XV senza data, la più recente è di monsignor LEOPOLDO AMONI, Roma, tip. vaticana, 1889; il quale prometteva, e sarebbe stata util cosa, una edizione del testo volgare col latino a fronte: studj per un'edizione critica fece L. MANZONI, Di una nuova edizione dei Fioretti, ec., Bologna, regia tipografia, 1887.

È ammirevole in questa prosa la semplicità della forma, degna in tutto dell'amabile ingenuità della materia: e può ben dirsi che i Fioretti sieno uno degli antichi volgarizzamenti più belli e più schietti e insieme la più bella leggenda religiosa italiana.

[Vedi E. ALVISI, I Fioretti di San Francesco, studj sulla loro composizione storica, in Arch. stor. ital., 4o serie, tomo IV, 1879, p. 488 e seg.; e dello stesso, Il testo latino dei F. di S. F., nell'Antol. d. critica lett. mod., del MORANDI, p. 298 e seg. Vedi anche il proemio, per verità non troppo chiaro, di L. MANZONI, allo studio citato.]

La perfetta letizia secondo gli insegnamenti di san Francesco. -Venendo una volta san Francesco da Perugia a Santa Maria degli Agnoli con frate Leone a tempo di verno, e il freddo grandissimo fortemente il crucciava, chiamò frate Leone, il quale andava innanzi, e disse cosi: Frate Leone, avvegnadiochè li frati minori in ogni terra dieno grande esempio di santitade e di buona edificazione, nientedimeno iscrivi, e nota diligentemente, che non è quivi perfetta letizia. E andando san Francesco più oltre, il chiamò la seconda volta: O frate Leone, benchè l frate minore allumini i ciechi, e distenda gli attratti, iscacci le demonia, renda l'udire alli sordi e l'andare alli zoppi, il parlare alli mutoli, e ch'è maggiore cosa, risusciti li morti di quattro di: scrivi, che in ciò non è perfetta letizia. E andando un poco, gridò forte: 0 frate Leone, se'l frate minore sapesse tutte le lingue e tutte le scienze e tutte le Scritture, sicchè sapesse profetare, e

rivelare non solamente le cose future, ma eziandio li segreti delle coscienze e degli animi: scrivi, che non è in ciò perfetta letizia. Andando un poco più oltre, san Francesco chiamò ancora forte: 0 frate Leone, pecorella di Dio, benchè il frate minore parli con lingua d'angelo, e sappia i corsi delle stelle e le virtù delle erbe; e fossonli rivelati tutti li tesori della terra, e cognoscesse le virtù degli uccelli e de' pesci e di tutti gli animali e degli uomini e degli alberi e delle pietre e delle radici e dell' acqua; iscrivi, che non è in ciò perfetta letizia. E andando ancora un pezzo san Francesce chiamò forte: 0 frate Leone, benchè l frate minore sapesse si bene predicare, che convertisse tutti gl' infedeli alla fede di Cristo: scrivi, che non è ivi perfetta letizia. E durando questo modo di parlare bene di due miglia, frate Leone con grande ammirazione il domandò, e disse: Padre, io ti priego dalla parte di Dio, che tu mi dica, dove è perfetta letizia. E san Francesco si gli rispuose: Quando noi saremo a Santa Maria degli Angeli così bagnati per la piova e agghiacciati per lo freddo, e infangati di loto e afflitti di fame, e picchieremo la porta dello luogo, el portinajo verrà adirato e dirà: Chi siete voi? e noi diremo: Noi siamo due de' vostri frati; e colui dirà Voi non dite vero; anzi siete due ribaldi, che andate ingannando il mondo, e rubando le limosine de' poveri ; andate via e non ci aprirà, e faracci istare di fuori alla neve e all'acqua col freddo e colla fame, insino alla notte; allora, se noi tanta ingiuria e tanta crudeltade e tanti commiati sosterremo pazientemente senza turbarcene e senza mormorare di lui; e penseremo umilmente e caritativamente, che quello portinajo veramento ci cognosca; e che Iddio il fa parlare contra a noi; o frate Leone, iscrivi, che qui è perfetta letizia. E se noi perseveriamo picchiando, ed egli uscirà fuori turbato, e come gaglioffi importuni ci caccerà con villanie e con gotate, dicendo: Partitevi quinci, ladroncelli vilissimi, andate allo spedale, chè qui non mangerete voi nè albergherete; se noi questo sosterremo pazientemente, con allegrezza e con amore, o frate Leone, scrivi, che quivi è perfetta letizia. E se noi pur costretti dalla fame e dal freddo e dalla notte, più picchieremo, e pregheremo per l'amore di Dio con grande pianto, che ci apra e mettaci pure dentro; e quelli più scandalizzato dirà: Costoro sono gaglioffi importuni; io gli pagherò bene come sono degni; e uscirà fuori con uno bastone nocchieruto, e piglieracci per lo cappuccio e gitteracci in terra e involgeracci nella neve e batteracci a nodo a nodo con quello bastone: se noi tutte queste cose sosterremo pazientemente e con allegrezza, pensando le pene di Cristo benedetto, le quali dobbiamo sostenere per suo amore; o frate Lione, iscrivi, che qui e in questo è perfetta letizia: e però odi la onclusione, frate Lione. Sopra tutte le grazie e í doni dello

Spirito Santo, le quali Cristo concede agli amici suoi, si è di vincere sè medesimo, e volentieri per lo amore di Cristo sostenere pene, ingiurie ed obbrobrj e disagi: imperocchè in tutti gli altri doni di Dio noi non ci possiamo gloriare, perocchè non sono nostri, ma di Dio; onde dice l'Apostolo: Che hai tu, che tu non abbi da Dio? e se tu l'hai avuto da lui, perchè te ne glorii, come se tu l'avessi da te? Ma nella croce della tribolazione e della afflizione ci possiamo gloriare, perocchè questo è nostro; e perciò dice l'Apostolo: Io non mi voglio gloriare, se non nella croce del nostro Signore Gesù Cristo. (Dai Fioretti, cap. VIII.)

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La predica di san Francesco agli uccelli.- ..... San Francesco parti di Savurniano e venne tra Cannajo e Bevagno. E passando oltre con fervore, levò gli occhi, e vide alquanti arbori allato alla via, in su' quali era quasi infinita moltitudine d'uccelli; di che san Francesco si maravigliò, e disse a' compagni: Voi m'aspetterete qui nella via, e io andrò a predicare alle mie sirocchie uccelli; e entrò nel campo, e cominciò a predicare agli uccelli, ch'erano in terra; e subitamente quelli, ch'erano in sugli albori, se ne vennero a lui, e insieme tutti quanti istettono fermi, mentre che san Francesco compiè di predicare; e poi anche non si partivano, insino a tanto ch'egli diè loro la benedizione sua. E secondo che recitò poi frate Masseo a frate Jacopo da Massa, andando san Francesco fra loro toccandoli colla cappa, nessuno perciò si movea. La sustanza della predica di san Francesco fu questa: Sirocchie mie uccelli, voi siete molto tenute a Dio vostro creatore, e sempre ed in ogni luogo il dovete laudare, imperocchè v' ha dato libertà di volare in ogni luogo; anche v'ha dato il vestimento duplicato e triplicato; appresso, perchè riserbò il seme di voi in nell'arca di Noè, acciocchè la spezie vostra non venisse meno; ancora gli siete tenuti per lo elemento dell'aria, che egli ha diputato a voi; oltre a questo, voi non seminate e non mietete; Iddio vi pasce, e davvi li fiumi e le fonti per vostro bere; davvi gli monti e le valli per vostro rifugio; e gli alberi alti per fare gli vostri nidi; e conciossiacosachè voi non sappiate filare nè cucire, Iddio vi veste, voi e' vostri figliuoli: onde molto v`ama il vostro creatore, poich' egli vi dà tanti beneficj; e però guardatevi, sirocchie mie, del peccato della ingratitudine, e sempre vi studiate di lodare Iddio. Dicendo loro san Francesco queste parole, tutti quanti quelli uccelli cominciarono ad aprire i becchi e distendere i colli e aprire l'ali e reverentemente inchinare i capi infino in terra, e con atti e con canti dimostrare, che 'l Padre Santo dava loro grandissimo diletto: e san Francesco con loro insieme si rallegrava e dilettava, e maravigliavasi molto di tanta moltitudine d'uccelli e della loro bellissima varietà e della loro attenzione e familiarità: per la qual cosa egli in loro divota

mente lodava il creatore. Finalmente compiuta la predicazione, san Francesco fece loro il segno della croce, e diè loro licenza di partirsi; e allora tutti quelli uccelli si levarono in aria con maravigliosi canti; e poi, secondo la croce, ch'avea fatta loro san Francesco, si divisono in quattro parti; e l'una parte volò inverso l'Oriente, e l'altra inverso l'Occidente, e l'altra inverso lo Meriggio, la quarta inverso l'Aquilone, e ciascuna schiera n' andava cantando maravigliosi canti; in questo significando, che come da san Francesco gonfaloniere della croce di Cristo era stato a loro predicato, e sopra loro fatto il segno della croce, secondo il quale egli si divisono in quattro parti del mondo; così la predicazione della croce di Cristo rinnovata per san Francesco, si dovea per lui e per li frati portare per tutto il mondo; li quali frati, a modo che gli uccelli, non possedendo nessuna cosa propria in questo mondo, alla sola provvidenza di Dio commettono la lor vita. — (Cap. XVI.)

San Francesco e il lupo d'Agobbio. Al tempo, che san Francesco dimorava nella città d'Agobio, nel contado d'Agobio apparì un lupo grandissimo, terribile e feroce, il quale non solamente divorava gli animali, ma eziandio gli uomini, intantochè tutti i cittadini istavano in gran paura, perocchè spesse volte s'appressava alla cittade, e tutti andavano armati quando uscivano della cittade, come se eglino andassero a combattere e contuttociò non si poteano difendere da lui chi in lui si scontrava solo; e per paura di questo lupo e vennero a tanto, che nessuno era ardito d'uscire fuori della terra. Per la qual cosa, avendo compassione san Francesco agli uomini della terra, si volle uscire fuori a questo lupo, benchè li cittadini al tutto non glie consigliavano: e facendosi il segno della santissima croce, usci fuori della terra egli coi suoi compagni, tutta la sua confidenza ponendo in Dio. E dubitando gli altri d'andare più oltre, san Francesco prese il cammino inverso il luogo dov'era il lupo. Ed ecco, che vedendo molti cittadini, li quali erano venuti a vedere codesto miracolo, il detto lupo si fa incontro a san Francesco colla bocca aperta: ed appressandosi a lui, san Francesco gli fa il segno della santissima croce, e chiamollo a sè, e disseli così: Vieni qui, frate lupo, io ti comando dalla parte di Cristo, che tu non facci male nè a me nè a persona. Mirabile cosa! immantinente che san Francesco ebbe fatta la croce, il lupo terribile chiuse la bocca, e ristette di correre; fatto il comandamento, venne mansuetamente, come uno agnello, e gittossi alli piedi di san Francesco a giacere. E allora san Francesco gli parlò così: Frate lupo, tu fai molti danni in queste parti, ed hai fatti grandi maleficj, guastando e uccidendo le creature di Dio senza sua licenza; e non solamente hai uccise e divorate le bestie, ma hai avuto ardire d'uccidere gli uomini, fatti alla

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