Sayfadaki görseller
PDF
ePub

Lamento in morte di un giovane cavaliere.

Spietata Morte e fera,

Certo sei da biasmare
Se non ti val preghiera
Nè mercede chiamare
Ch'uom faccia, si sei dura,
Che d'uccider no' hai cura
Quale t'è in talento,
E per sollazzi, rancura
Dài, e pene e tormento;

Di te mi blasmo, chè tolto
M' hai il gioco e l'allegrezza,
Morte dura, e il mio diporto ;
Messa m'hai in gran tristezza,
Si che mai non credia
Lassa! veder la dia
Di tanto ismarimento,
Che da si dolce compagnia
Facesse partimento.

Dipartito hai, micidera,

Lo più verace amore

Che tra me e il più fino era,
Baldo di valore;

In cui era valimento
Cortesia ed ardimento.

Fatt hai grande fallenza:

Ch'a null' uom rincrescimento
Facea; anzi piacenza.

A ciascuno a piacimento
Servía, e con leanza,
Ed a nullo offendimento
Facea, nè soperchianza.
Era uom giovane, e piano
Alli buoni, ad ogni mano,
E tuttor serventese
Lo gentil Baldo sovrano
Di terra scarlinese.3

Maladetta sia ad ogni ore,
Colonna maremmana,
Là onde venne quel dolore,
Che giammai non risana,
Ch' uccise la persona umana

1 il mio diporto, il conforto mio; partimento, dipartenza.

2 micidera, omicida; valimento, valore; fallenza, fallo; piacenza, piacere. 3 soperchianza, sopruso; ad ogni mano, a mano, affabile; serventese, servizievole.

Che era in veritate,

Di tutte bontà fontana

E d'ogni umilitate!

(Dalle Rime volgari sec. il cod. Vat. 3793, I, 412.)

GUITTONE D'AREZZO. Guittone (e di questo nome non è chiaro ond' egli derivi), di casato, a quanto pare, del Viva, nacque a Santa Firmina presso Arezzo, non si sa bene quando. Alcune notizie della sua vita si ricavano dagli stessi suoi scritti. Suo padre Miehele fu camarlingo del Comune di Arezzo, e in questo ufficio fu coadiuvato da lui. Prese moglie di nome Archina, e n'ebbe figli. Si ascrisse prima del 1269 all'ordine de' cavalieri di Santa Maria gloriosa, detti poi frati godenti (fondato in Bologna nel 1261), che accoglieva in sè anche gli ammogliati e le donne, sicchè non ne deriva, come alcuno scrisse, ch'egli abbandonasse perciò i suoi. Nel 1285 era a Bologna in relazione di affari coi frati godenti di quella città (G. GOZZADINI, Cronaca di Ronzano, Bologna, 1851, pag. 184-5). Donò nel 1293 le sue sostanze per la fondazione del monastero degli Angeli in Firenze. Mori nel 1294, forse in Firenze. Scrisse in versi e in prosa volgare. Due periodi si possono segnare nella sua operosità poetica: nel più antico furon composte le rime amorose, nel più recente quelle morali, religiose e politiche. Sono numerose assai: canzoni, nell' organismo metrico delle quali introdusse qualche novità: sonetti, che scrisse anche doppi e rinterzati, e che adoprò anche in serie, come metro didascalico. Furono attribuite a lui non poche rime, poi riconosciute apocrife, e tali sono specialmente tutte quelle (27 sonetti, due ballate e due canzoni) della raccolta Giuntina. Il sonetto, ad es.: Quanto più mi distrugge il mio pensiero è del Trissino. La più compiuta ediz. delle sue rime, è quella di L. VALERIANI, Firenze, Morandi, 1828. Parecchie di queste e altre inedite, tratte dai mss. vaticano 3793, palatino 418, laur.-rediano 9, trovansi nelle raccolte D'ANCONACOMPARETTI (vol. II e IV) e BARTOLI-CASINI, Bologna, Romagnoli, 1850, e CASINI, Testi ined. di antiche rime volg., Bologna, Romagnoli, 1883. Delle lettere, otto sono poetiche, le altre in prosa, e furono già edite da G. BOTTARI, Roma, 1745, con note. Trovansi tutte nel codice laur.-rediano 9, e sono in generale d'argomento morale e religioso.

Come poeta fra Guittone mostra chiaramente d'aver messo studio diligente ne' trovatori, de' quali riprodusse molti artificj di forma, come la replicazione, l'allitterazione, le rims cars ec. Nè meno chiaro è il gusto suo del latineggiare, che dimostra ancor più nella prosa. Egli fu caposcuola, e d'intorno a lui si raggruppano alcuni fiorentini, senesi, lucchesi, e in particolar modo Galletto, Bacciarone, Pucciandone Martelli e altri rimatori pisani (cfr. E. MO

NACI, Da Bologna a Palermo, in MORANDI, Antol. d. crit. mod., p. 231). Dante (Purg., XXVI, 124-126, e cfr. De vulg. eloquentia, II, 6) e il Petrarca (Trionfo d'Amore, cap. IV, 32-33) accennano al favore e alla fama di che Guittone godè un tempo. Ma Dante (Purgatorio, XXIV, 55-57), esponendo il canone della nuova scuola poetica, accenna anche al nodo che come i provenzaleggianti così anche Guittone e i guittoniani ritenne di qua dal dolce stile poetico. Le lettere di fra Guittone sono de' più antichi esempi di prosa letteraria, e una ne riferiamo. Non mancano neppure in queste parole e costrutti derivati dal provenzale, ma la pretesa che egli ebbe di fare una prosa con arte di stile, si rivela nell'imitazione strana e faticosa del periodare latino. Ad ogni modo, volle egli uscir dalla via trita e dar esempj di poesia e di prosa culta nel novello volgare sicchè ha fra gli antichi scrittori fisonomia sua propria, sebbene con tratti duri, angolosi, e qualche volta grotteschi.

[Per la biografia, vedi oltre le introduzioni alle cit. ed. di G. BOTTARI e L. VALERIANI, P. VIGO, Delle rime di fra G. d'A., in Giornale di fil. romanza (gennaio 1879), e il lavoro, del resto non molto sicuro, di W. KOKEN, Guittone's v. A. Dichtung und sein Verhältniss zu Guinicelli von Bologna, Hannover, Riemschneider, 1885.]

A Firenze, dopo la rotta di Montaperti (1260).

Ahi lasso! or è stagion di doler tanto
A ciascun uom che ben ama ragione,
Ch'io meraviglio u trovi uom guarigione
Che morte non l'ha già corrotto e pianto,
Veggendo l'alta Fior sempre granata
E l'onorato antico uso romano,
Certo per lei crudel fatto e villano,
Sed avaccio non è ricoverata;

Chè l pregio è già quasi tutto perito,

E l'onorata sua ricca grandezza

E lo valore el poder si disvia.

Ahi lasso! or quale dia

Fu mai tanto crudel dannaggio udito?
Dio, com' hailo soffrito

1

Che dritto pèra, e torto entri in altezza ? 1

Altezza tanta in la sfiorata Fiore

Fu, mentre vêr se stessa era leale,
Che riteneva modo imperiale,

Aquistando per suo alto valore

Province e terre, presso e lunge, mante;

1 I primi versi sembrano voler dire: è meraviglia che vi sieno ancora dei buoni superstiti. Fior, Firenze; granata, granita, fiorente; avaccio, subito; ricoverata, rimessa in buon grado; pregio, onoranza; dia, di'; dannaggio, danno; soffrito, sofferto.

[merged small][ocr errors][ocr errors][ocr errors][ocr errors]

E sembrava che far volesse impero,
Si come Roma già fece, e leggero
Gli era, ciascun non contrastante.
E ciò gli stava ben certo a ragione,
Chè non se ne penava a suo prò tanto
Come per ritener giustizia e poso:
E poi fulli amoroso

Di far ciò, si trasse avanti tanto,
Ch' al mondo non è canto

U non sonasse il pregio del Leone.1

[ocr errors]

Leone, lasso! or non è, ch'io lo veo
Tratto l'unghie e li denti e lo valore,
ET gran lignaggio suo morto a dolore
Ed in crudel prigion messo a gran reo!
E ciò gli ha fatto chi? quelli che sono
Della gentil sua schiatta stratti e nati, onded
Che fur per lui cresciuti ed avanzati,
Sovra tutt' altri collocati in bono.

E per la grand' altezza ove gli mise
Innantir si, che 'l piagâr quasi a morte.
Ma Dio di guerigion feceli dono

Ed e fe' lor perdono,

Ed anche il rifedir poi, mal fu forte
E perdonò lor morte:

હું.

Or hanno lui e sue membra conquiso.2
Conquiso l'alto Comun fiorentino;
E col sanese in tal modo ha cangiato,
Che tutta l'onta e lo danno, che dato
Gli ha sempre, come sa ciascun latino,
Li rende, e prende e tolle l'onor tutto.
Che Montalcino àve abattuto a forza,
E Montepulcian miso in sua forza

E di Maremma e Laterina ha il frutto.
San Gemignano, Poggibonsi e Colle
E Volterra el paese a suo tiene,
E la campana e l'insegne e gli arnesi,
E gli onore tutti presi

Have, con ciò che seco avea di bene;
E tutto ciò gli avviene

Per quella schiatta ch'è più ch'altra folle."

1 mante, molte; leggero, facile; non contrastante, nessuno contrastandoglielo; non se ne penava, non si travagliava ad acquistarlo, tanto a suo vantaggio, quanto per mantenere giustizia e pace; fulli amoroso, le piacque; si trasse avanti, progredì per modo; il Leone, o Marzocco, era l'insegua del Comune di Firenze.

2 veo, veggio; lignaggio, la sua gente; a gran reo, a gran torto; stratti, estratti; in bono, in buono stato; Innantir, avanzarono tanto, presero tanto orgoglio; rifedir, ferirono di nuovo: perdono, risparmiò ad essi.

3 ha il frutto, possiede: a suo, come suo; la campana, la Martinella del Carroccio; quella schiatta, gli Uberti e loro consorti ghibellini.

Foll' è chi fugge il suo prò e chêr danno,
E l'onor suo fa che in vergogna'i torna,
E di libertà bona ove soggiorna

A gran piacer, s'adduce a suo gran danno
Sotto signoria fella e malvagia,

E suo signor fa suo grande nemico.
A voi che siete or in Fiorenza, dico;
Chè ciò ch'è divenuto par vi adagia.
E poi che gli Alamanni in casa avete
Servitei ben, e fatevi mostrare

Le spade lor, con che v'han fessi i visi
E padri e figli uccisi;

E piacemi che lor deggiate dare,
Sad Perch'ebbero in ciò fare

Fatica assai, di vostre gran monete.'

Monete mante e gran gioi' presentate
Ai Conti ed agli Uberti e agli altri tutti
Ch'a tanto grand' onor v' hanno condutti,
E che miso v han Siena in potestate!
Pistoja e Colle e Volterra fanno ora
Guardar vostre castella a vostre spese,
El conte Rosso ha Maremma e 'l paese,
E Montalein sta sicur senza mura;
Di Ripafratta teme ora il Pisano,
El Perugin, che 'l lago no' 'i togliate.
E Roma vuol con voi far compagnia,
Onore e signoria.

Or dunque pare che ben tutto abbiate
Ciò che disiavate:

Potete far cioè re del Toscano.*

Baron lombardi, romani e pugliesi
E toschi e romagnoli e marchigiani,
Fiorenza, fior che sempre rinnovella,
A sua corte appella,

Chè fare vuol di sè re de' Toscani,
Da poi che li Allemani

Have conquisi per forza e i Sanesi.3

Lettera esortativa a una donna.

(Rime volg., II, 225.)

Soprappiacente donna, di tutto compiuto savere, di pregio coronata, degna mia donna compiuta, Guittone, vero devotissimo fedel vostro,

1 chêr, cerca; 'i, gli; A gran piacer, con gran piacere, soddisfazione; divenuto, accaduto; vi adagia, vi piaccia, vi convenga; Servitei, serviteli; fessi, rotti.

mante, molte; gioi', gioie; presentate, offrite in dono; lago, il Trasimeno; re del Toscano, padroni di tutta Toscana : e questo e quel che precede e il rimanente sino in fine, è amara ironia.

3 corte, come tenesse corte bandita.

« ÖncekiDevam »