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Della potestà spirituale e della temporale, lettera a Papa Gregorio XI. — Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce. Santissimo e reverendissimo padre in Cristo dolce Gesù; la vostra indegna figliuola Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrive alla Vostra Santitate nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi giunto alla pace, pacificato voi, e li figliuoli con voi. La quale pace Dio vi richiede, e vuole che ne facciate ciò che potete. Oimè, non pare che voglia che noi attendiamo tanto alla signoria e sostanzia temporale, che non si vegga quanta è la distruzione dell' anime e il vituperio di Dio, il quale séguita per la guerra; ma pare che voglia che apriate l'occhio dell'intelletto sopra la bellezza dell'anima e sopra il sangue del Figliuolo suo; del quale sangue lavò la faccia dell'anima nostra e voi ne sète ministro. Invitavi dunque alla fame del cibo dell'anime. Perocchè colui che ha fame dell'onore di Dio e della salute delle pecorelle, per ricoverarle e trarle dalle mani delle demonia, egli lassa andare la vita sua corporale, e non tanto1 la sostanzia. Benchè, potreste dire, santo Padre: Per coscienzia io sono tenuto di conservare e racquistare quello della santa Chiesa. Oimè, io confesso bene che egli è la verità; ma parmi che quella cosa che è più cara, si debba meglio guardare. Il tesoro della Chiesa è il sangue di Cristo, dato in prezzo per l'anima: perocchè il tesoro del sangue non è pagato per la sostanzia temporale, ma per salute dell' umana generazione. Sicchè, poniamo che siate tenuto di conquistare e conservare il tesoro e la signoria delle città, la quale la Chiesa ha perduto; molto maggiormente sète tenuto di racquistare tante pecorelle, che sono uno tesoro nella Chiesa; e troppo ne impoverisce quand'ella le perde. Non che impoverisca in sè, poichè il sangue di Cristo non può diminuire; ma perde uno adornamento di gloria, il quale riceve dalli virtuosi e obedienti e sudditi a lei. Meglio c'è dunque lassar andare l'oro delle cose temporali, che l'oro delle spirituali. Fate dunque quello che si può: e, fatto il potere, scusato sète dinanzi a Dio e agli uomini del mondo. Voi gli batterete più col bastone delle benignità, dell'amore e della pace, che col bastone della guerra; e verravvi riavuto il vostro spiritualmente e temporalmente.

Restringendosi l'anima mia fra sè e Dio, con grande fame della salute nostra e della riformazione della santa Chiesa e del bene di tutto quanto il mondo, non pare che Dio manifesti altro rimedio, nè io veggo altro in lui, che quello della pace. Pace, pace dunque, per l'amore di Cristo crocifisso! E non ragguardate all'ignoranzia, cechità e superbia de' figliuoli vostri. Con la pace trarrete la guerra e il ran

1 E non soltanto.

core del cuore e la divisione; e unireteli. Con la virtù dunque caccerete il demonio.

Aprite, aprite bene l'occhio dell'intelletto con fame e desiderio della salute dell'anime, a riguardare due mali: cioè l male della grandezza, signoria e sustanzia tempoporale, la quale vi par essere tenuto di racquistare; e il male di veder perdere la grazia nell'anime, e l'obedienzia la quale debbono avere alla Santità Vostra. E così vederete che molto maggiormente sète tenuto di racquistare l'anime. Poi, dunque, che l'occhio dell'intelletto ha veduto, e discerne quale è il meno male; voi dunque, santissimo Padre, che sète in mezzo di questi due così grandi mali, dovete eleggere il minore; e eleggendo il minore per fuggire il maggiore, perderete l'uno male e l'altro; e ambedui torneranno in bene: cioè che averete in pace racquistati li figliuoli, e averete il debito vostro. Mia colpa! chè io non dico questo però per insegnarvi, ma son costretta dalla prima dolce Verità, dal desiderio ch'io ho, babbo mio dolce, di vedervi pacificato, e in quiete l'anima e il corpo. Perocchè, con queste guerre e malaventura, non veggo che possiate avere una ora di bene. Distruggesi quello delli poverelli ne' soldati, i quali sono mangiatori della carne e degli uomini. E veggo che impedisce il santo vostro desiderio, il quale avete della reformazione della Sposa vostra. Reformarla, dico, di buoni pastori e rettori. E voi sapete, che con la guerra malagevolmente il potete fare: che, parendovi aver bisogno di principi e di signori, la necessità vi parrà che vi stringa di fare i pastori a modo loro, e non a modo vostro. Benchè ella è pessima ragione, che, per alcun bisogno che si vegga, si metta però pastori, o altri che si sia, nella Chiesa, che non sia virtuoso, e persona che cerchi sè per sè, ma cerchi sè per Dio, cercando la gloria e la loda del nome suo. E non debbe essere enfiato per superbia, nè porco per immondizia, nè foglia che si volve al vento delle proprie ricchezze e vanità del mondo. Oimè, non così, per l'amore di Gesù Cristo, e per la salute dell'anima vostra! Tollete dunque via la cagione della guerra, quanto è possibile a voi, acciocchè non veniate in questo inconveniente di fargli secondo la volontà degli uomini, e non secondo la volontà di Dio, e desiderio vostro. Voi avete bisogno dell'adiutorio di Cristo crocifisso; in lui ponete dunque l'affetto e il desiderio, e non in uomo e in aiutorio umano; ma in Cristo dolce Gesù, la cui vice voi tenete: che pare che voglia che la Chiesa torni al primo dolce stato suo. Oh quanto sarà beata l'anima vostra e mia, che io vegga voi esser cominciatore di tanto bene, che alle vostre mani quello che Dio permette per forza, si faccia per amore! Questo sarà il modo a farlo con pace, e con pastori veri e virtuosi e umili servi di Dio; chè

1 Per questo fine di ec.

ne troverete, se piacerà alla Santità Vostra di cercarli. Chè sono due cose, perchè la Chiesa perde e ha perduto li beni temporali, cioè per la guerra, e per lo mancamento delle virtù. Ché colà, dove non è virtù, sempre è guerra col suo Creatore. Sicchè la guerra n'è cagione.

Ora dico che, a volere racquistare quello che è perduto, non ci è altro rimedio, se no col contrario di quello con che è perduto, cioè racquistare con pace e con virtù, come detto è. A questo modo adimpirete l'altro desiderio santo vostro e de' servi di Dio, e di me misera miserabile; cioè di racquistare le tapinelle anime degl'infedeli, che non participano il sangue dello svenato e consumato agnello.

Or vedete, santissimo Padre, quanto è il bene che se n'impedisce, e quanto è il male che séguita e che se ne fa. Sperò nella bontà di Dio e nella Santità Vostra, che giusta al vostro potere v'ingegnerete di ponere il rimedio detto, della santa pace. Questo è la volontà di Dio. E dicovi da parte del dolce Gesù, che di questo e dell'altre cose che avete a fare, voi pigliate consiglio da`veri servi di Dio; perocchè vi consiglieranno in verità. E di loro vi dilettate; chè ne avete bisogno. E però sarà bene, e di grande necessità, che voi li teniate allato da voi, mettendoli per colonne nel corpo mistico della santa Chiesa.

Credo che F. J. da P. portatore di questa lettera, sia uno vero e dolce servo di Dio: il quale vi raccomando; e pregovi che piaccia alla Santità Vostra che lui e gli altri sempre vi vogliate vedere appresso. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Perdonate alla mia presunzione. Umilemente v'addimando la vostra benedizione. Gesù dolce, Gesù amore. - (Dalla ediz. cit., lett. 209.)

Conforti a un giustiziato, da lettera a Fra Raimondo da Capua. Andai a visitare colui che sapete: onde egli ricevette tanto conforto e consolazione, che si confessò, e disposesi molto bene. E fecemisi promettere per l'amore di Dio, che, quando fusse il tempo della giustizia, io fussi con lui. E così promisi, e feci. Poi la mattina innanzi la campana andai a lui: e ricevette grande consolazione. Menailo a udire la messa; e ricevette la santa comunione, la quale mai più aveva ricevuta. Era quella volontà accordata e sottoposta alla volontà di Dio: e solo v'era rimasto uno timore di non essere forte in su quello punto. Ma la smisurata e affocata bontà di Dio lo ingannò, creandogli tanto affetto ed amore nel desiderio di Dio, che non sapeva stare senza lui, dicendo: << Sta' meco, e non mi abandonare. E cosi non starò altro che bene; e muoio contento. » E teneva il capo suo in sul petto mio. Io allora sentiva uno giubilo e uno odore del sangue suo; e non era senza l'odore del mio, il quale io desidero di spandere per lo dolce sposo Gesù. E crescendo il desiderio nell'anima mia, e sentendo il timore suo, dissi: « Confòrtati,

fratello mio dolce; perocchè tosto giungeremo alle nozze. Tu v'anderai bagnato nel sangue dolce del Figliuolo di Dio, col dolce nome di Gesù, il quale non voglio che t'esca mai dalla memoria. E io t'aspetto al luogo della giustizia. » Or pensate, padre e figliuolo, che il cuore suo perdette allora ogni timore, e la faccia sua si trasmutò di tristizia in letizia; e godeva, esultava, e diceva: « Onde mi viene tanta grazia, che la dolcezza dell'anima mia m'aspetterà al luogo santo della giustizia? » Vedete che era giunto a tanto lume, che chiamava il luogo della giustizia, santo! E diceva: « lo anderò tutto gioioso e forte; e parrammi mille anni che io ne venga, pensando che voi m'aspettiate ine1. » E diceva parole tanto dolci, che è da scoppiare, della bontà di Dio.

Aspettailo dunque al luogo della giustizia; e aspettai ivi con continua orazione e presenzia di Maria e di Catarina vergine e martire. Ma prima che io giugnessi a lei, io mi posi giù, e distesi il collo in sul ceppo; ma non mi venne che io avessi pieno l'affetto di me. Ivi su, pregai, e costrinsi, e dissi: Maria! chè io voleva questa grazia, che in su quello punto gli desse uno lume e una pace di cuore, e poi il vedessi tornare al fine suo. Empissi allora l'anima mia tanto, che, essendo ivi moltitudine del popolo, non poteva vedere creatura, per la dolce promessa fatta a me.

Poi egli giunse, come uno agnello mansueto: e vedendomi, cominciò a ridere; e volse che io gli facesse il segno della croce. E ricevuto il segno, dissi io: « Giuso! alle nozze, fratello mio dolce! chè tosto sarai alla vita durabile. » Posesi giù con grande mansuetudine; e io gli distesi il collo, e chinámi giù, e rammentálli il sangue dell' Agnello. La bocca sua non diceva se non, Gesù, e Catarina. E, così dicendo, ricevetti il capo nelle mani mie, fermando l'occhio nella divina bontà, e dicendo: lo voglio.

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Allora si vedeva Dio-e-Uomo, come si vedesse la chiarità del sole; e stava aperto, e riceveva il sangue; nel sangue suo uno fuoco di desiderio santo, dato e nascosto nell'anima sua per grazia; riceveva nel fuoco della divina sua carità. Poichè ebbe ricevuto il sangue e il desiderio suo, ed egli ricevette l'anima sua, la quale mise nella bottiga aperta del costato suo, pieno di misericordia: manifestando la prima Verità, che per sola grazia e misericordia egli il riceveva, e non per veruna altra operazione. O quanto era dolce e inestimabile a vedere la bontà di Dio! con quanta dolcezza e amore aspettava quella anima partita dal corpo! Voltò l'occhio della misericordia verso di lei, quando venne a intrare dentro nel costato bagnato nel sangue suo, il quale valeva per lo sangue del Figliuolo di Dio. Così ricevuto da

1 Ivi. 2 Alla giustizia. Rivolgersi a Dio.

Strettamente scongiurai. 5 Gli rammentai.

6 Bottega, qui come ricettacolo o ripostiglio.

Dio per potenzia (potente a poterlo fare); e il Figliuolo, sapienzia Verbo incarnato, gli donò e fecegli participare il crociato amore, col quale egli ricevette la penosa e obbrobriosa morte, per l'obedienzia che egli osservò del Padre in utilità dell'umana natura e generazione; e le mani dello Spirito Santo il serravano dentro.

Ma egli faceva uno atto dolce da trarre mille cuori. E non me ne maraviglio; perocchè già gustava la divina dolcezza. Volsesi come fa la sposa quando è giunta all'uscio dello sposo suo, che volge l'occhio e il capo a dietro, inchinando chi l'ha accompagnata, e con l'atto dimostra segni di ringraziamento.

Riposto che fu, l'anima mia si riposò in pace e in quiete, in tanto odore di sangue, che io non potevo sostenere di levarmi il sangue, che mi era venuto addosso, di lui.

Oimè, misera miserabile! non voglio dire più. Rimasi nella terra con grandissima invidia. E parmi che la prima pietra sia già posta. E però non vi maravigliate, se io non v'impongo altro se non di vedervi annegati nel sangue e nel fuoco che versa il costato del Figliuolo di Dio. Or non più dunque negligenzia, figliuoli miei dolcissimi, poichè l sangue comincia a versare, e a ricevere la vita. Gesù dolce, Gesù amore. (Dall' ediz. cit., lett. 273.)

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VOLGARIZZAMENTO DELLA BIBBIA. La Bibbia volgare fu stampata la prima volta nel 1471 a Venezia da Niccolò Jenson, e appartiene evidentemente al buon secolo. Contemporaneamente ne usciva pure a Venezia un' altra stampa, per opera di Niccolò Malermi: un raffazzonamento ch'ei dava come proprio. Della jensoniana, divenuta rarissima, in modo da contarsene gli esemplari sulle dita, dava testè un'accurata riproduzione il senat. CARLO NEGRONI, col titolo La Bibbia volgare secondo la rara ediz.del 1471, Bologna, Romagnoli, 1882-87, 10 volumi. S'ignora con precisione chi fosse l'autore di tal volgarizzamento: probabilmente è di più mani. Il Negroni esclude che potesse essere del beato Giovanni da Tossignano, e propende invece ad attribuirlo al Cavalca, consentendo al più ai contraddittori, che il Cavalca stesso, se non tutti i libri abbia tradotti, tutti però li abbia ritoccati. Certo è, che il Cavalca dei sacri libri tradusse gli Atti apostolici; quanto alla versione attribuitagli del rimanente, veggasi all'art. Cavalca, l'autorevole opinione del DE BENEDETTI.

Il libro di Ruth.

Nel tempo di uno giudice, quando i giudici erano sopra il popolo d'Israel, si fue una gran

1 Sepolto.

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