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Partiti che furono i Signori di palagio, la porta fu aperta, e il popolo entrò tutto dentro; e uno Michele di Lando pettinatore, ovvero che fusse sopra i pettinatori e scardassieri, fattore di bottega di lana, aveva il gonfalone del popolo minuto in mano, quello che si cavò di casa l'esecutore,' e in scarpette, sanza calze, entrò in palagio con tutto il popolo che lo volle seguire, e col detto gonfalone in mano; e giunto nell' audienza de' Signori, si fermò quivi ritto, e a voce di popolo gli dettono la signoria, e vollono che fusse Gonfaloniere di giustizia e signore. Allora egli fece fare certi capitoli, e pubblicarli al popolo; e fece sindachi dell'Arti quelli che parve a lui, i quali avessono a riformare la terra. E così tutto quel dì, fino all' altro dì a mezza nona, si può dire che questo Michele di Lando fusse signore di Firenze, 28 ore e più. E questo séguita dalle contenzioni e dalle novitadi, che si fanno nelle cittadi. O buono Iddio, come e che grande miracolo mostrasti !

Innanzi che i Signori uscissono di palagio, gli Otto della guerra, che tutte queste cose aveano condotte a loro volere e proposito, si credettono rimanere in palagio a riformare eglino la città, e rifare i Signori a mano a loro modo. E di questo se ne vide manifesto segno, perchè già avieno mandato a dire a messer Giorgio Scali, che egli era fatto de' priori. Ma quando il popolo senti nominare messer Giorgio, dissono che non lo voleano, ma che volieno essere Signori eglino. Pel qual dire messer Salvestro de' Medici e messer Benedetto Alberti mandarono a dire a messer Giorgio che non venisse, il perchè messer Giorgio si tornò a drieto a casa. Michele di Lando, ch'era Gonfaloniere di giustizia, ragunò tutti i sindachi dell'Arti e quelli del popolo minuto, e ordinò di squittinargli, e quelli che avessono più fave nere rimanessero priori: tre per l'Arti maggiori e scioperati,3 tre per l'Arti minori, e tre del popolo minuto; e così crearono i priori per tempo e termine di tutto agosto prossimo av

venire.....

Creati che furono i nuovi Signori, subito feciono nuovi Gonfalonieri di compagnie, e nuovi dodici Buoni Uomini, i nomi de' quali lascerò indrieto; ma bene porrò i nomi de' Collegj vecchi, per bontà de' quali, e per difetto loro e ignoranza si perde la Signoria e il buono stato della nostra città; non ne laudando però i Signori vecchi, che per ismemoraggine e viltà se la perderono, e abbandonarono il palagio, benchè dassezzo più senno e manco male fusse per la città di così fare; nondimeno l'ignoranza loro e la viltà non gli escusava, nè la imprevidenza, ch' eglino usarono di buo

n'ora...

1 Che era stato cavato di casa dall'esecutore di giustizia.

2 Senza estrarli dalle borse, ma a scelta propria.

3 Così chiamavansi quei nobili o ricchi, che, ascritti a un'arte, veramente non l'esercitavano. Per ultimo, in fin dei conti.

Questo popolo minuto non essendo sazio, e sempre pensando a cose nuove, cominciò a mormorare, parendogli che gli artefici di buona condizione e li cittadini nobili avessero qualche parte nel governo della città, e che Michele di Lando Gonfaloniere si fosse accostato dalla parte loro. E andorno le cose tanto innanzi, che a dì 28 di agosto essendo già tratta la nuova Signoria. ripresono l'armi di nuovo e tumultuariamente se ne andarono in piazza con le solite armi e insegne e con li balestrieri che avevano fatti, e ad alta voce addimandarono che la Signoria venisse giù in ringhiera a confermar loro molte cose che addimandavano, e le facevono scrivere ad un Guasparri, il quale teneva scuola insegnando a' fanciulli in via Ghibellina, e era stato l'anno 1353 cacciato per paterino; e anco avevono fatto loro notaio ser Agnolo Latini; e facevono scrivere queste cose con tanta confusione e romore, che a pena si intendevono l'un l'altro, e chi faceva scrivere e chi scancellare, e chi bravava e chi gridava: tanto erano discordi e disuniti tra di loro! Il Gonfaloniere e i priori gli ripresero fortemente, dicendo loro che le cose non si addimandavano di quella maniera, nè che era onore nè reputazione alla Signoria concederle a quel modo per forza, e che eglino medesimi davono contro a lero stessi, guastando quello che avevono fatto, e volendo tôrre la reputazione al governo, che con tanta fatica e tanto valorosamente si avevono acquistato. E ser Viviano Viviani cancelliere alle Riformagioni disse loro apertamente, che quello che eglino facevono senza parlamento, era invalido, e che era per loro molto meglio posar l'armi, e domandare le cose per l'ordinario; 1 e si come avevono ottenute l'altre loro domande, così otterrebbono anco quelle, quando fossero giudicate oneste e ragionevoli; di maniera che molti cominciorono a straccarsi, e nessuno delli buoni artefici e cittadini era più con esso loro: conoscendo quanto era imputato a lor mancamento, non avendo voluto sopportare l'insolenzia dei cittadini grandi e nobili, accostarsi ora e seguitare l'impazienza e il fetore della brutta plebe. Andossene adunque questo popolo minuto alla piazza; e infra lo sdegno e inresoluzione si ridusse a Santa Maria Novella per dare ordine alle cose loro; e quivi fecero e deputorono otto riformatori delle cose dello stato, e dettono loro la balía, e sergenti e altre cose necessarie per onorargli, acciò meglio potessino esercitare il loro uficio. Questi riformatori annullorno la balía a' sindachi, e la provvisione che avevano, e levorno l'entrate delle botteghe del Ponte Vecchio date a messer Salvestro de' Medici, e quelle di Mercato Vecchio a messer Giovanni di Mone, e ordinorno che nessuno cavaliere potesse avere uficj, e che fosse perdonato a loro ogni maleficio sino a quel giorno, e che non po2 Autorità somma e dittatoria.

1 Per le vie, coi mezzi ordinarj.

1

tessero essere astretti per debiti fra termine di cinque anni, nè in avere nè in persona. E quanto alli corpi delle loro Arti, le medesime ordinazioni che prima, e assai dell' altre, tutte fuori di ragione; e di più, che si avesse a creare otto uomini delli corpi delle loro Arti, i quali avessero a dimorare in palagio come i priori, e a confermare tutto quello che fosse deliberato dai priori: altrimenti non valesse e non tenesse. E formati e fatti i capitoli sopra queste cose, solennemente mandarono in palagio a dimandare a' priori, che gli confermassimo e approvassino, e li facessino confermare e approvare per li opportuni Consigli. I quali deputati domandarono e esposono la loro ambasciata con grande arroganzia e alterigia e rimproveramenti ai priori e al Gonfaloniere stesso, d' essere ingrati di beneficj e onori suti fatti loro per opera e virtù di questi popoli ; e minacciorono anco, che, se non davono e concedevono quello che giustamente addimandavono, se lo torrebbono con l'armi, e a loro ogni onore e beneficio insieme con la dignità. Il Gonfaloniere, uomo animoso e di gran cuore, con la coltella che aveva a canto dette loro delle ferite, poi gli fece anco mettere in prigione. Onde inteso questo a Santa Maria Novella, presero di subito l'armi per venire a pigliare il palagio. Il Gonfaloniere pure animosamente si armò, avendo prima convenuto con molti buoni cittadini e artefici, che lo seguitassino per reprimere e abbassare l'insolenzia e temerità di questo popolo; i quali cittadini e artefici erano tutti vôlti a favore del Gonfaloniere e lasciò molto bene guardato il palagio, e montato a cavallo se ne andò a Santa Maria Novella per affrontarsi con i nemici, con buono e possente séguito, sapendo quanto si acquista e guadagna ad essere il primo ad affrontare, e massime una moltitudine imperita e inesperta. Ma il caso fece, che essendosi partita la plebe da Santa Maria Novella in un medesimo tempo per venire al palagio, fecero diverse strade, e non si riscontrarono. Quelli da Santa Maria Novella arrivarono in piazza, e cominciarono a combattere il palagio, d'onde era risposto loro gagliardamente: ed il Gonfaloniere non gli trovando a Santa Maria Novella, e avendo inteso come erano venuti al palagio, se ne tornò indietro; e mentre che combatte vono, egli dette loro alle spalle, e in pochissimo tempo ne ammazzò assai, e gli fece tutti fuggire, parte di quelli che più resistevono, sino fuori della città, e il restante chi si nascose in un luogo e chi in un altro; talchè il Gonfaloniere e il palagio se ne restò assolutamente vincitore. Questo fatto d'arme fu l'ultimo dì d'agosto; e il Gonfaloniere e la Signoria virtuosamente attesero ad andare innanzi con li loro ordini per lasciare il loro uficio, e darlo alli nuovi priori e Gonfaloniere. . . .

Il primo giorno di settembre essendo la mattina ragunati la Signoria vecchia e nuova e li Collegj per pigliare l'uficio i nuovi e dare il giuramento e le sicurtà secondo il solito, in

piazza si levò un romore grande, che non volevono che il popolo minuto avesse più uficj, e che questi, che di nuovo erano stati tratti dei priori, e il Gonfaloniere di giustizia e gli altri Gonfalonieri, fossino levati e deposti. E si vedde tanta mutazione nelle menti degli uomini, che era cosa maravigliosa considerare li medesimi, quali pochi di innanzi con tanto ardore avevono domandato che si desse il governo della città al popolo minuto, ora con maggior furia e disposizione gridare e affermare, che niuno della plebe avessi più uficj o onori o benefizj, intervenendo il più delle volte che le persone, quando si avveggono delli errori fatti, desiderano di ripararvi e remediarvi con quella maggiore prestezza che possono. Lo sdegno delle insolenzie che facevono i faziosi e i grandi a chi voleva attendere a' casi suoi e a ben vivere, e il timore che facessero peggio per frenarli e gastigarli della loro perfida natura, aveva fatto accozzarsi il buon popolo e i cittadini con la plebaglia e popolo minuto; ma vedendo poi che di un pelago di pericoli erano saltati in un profondo mare di danni, pentendosene per ciò, facevano tanto strepito, onde fu resoluto di fare il dì medesimo parlamento:1 e così fu fatto in su la sera con tutte le solennità del capitano della giustizia e dei priori e Gonfalonieri in ringhiera; e fra le altre deliberazioni fecero e stabilirno, che il popolo minuto non avesse più uficj, eccetto però Michele di Lando e Loduvico di Puccio, e certi altri di buona facultà e condizione, e che due dei priori e due dei Gonfalonieri stati tratti dal popolo minuto, si ritraessino di nuovo, e che lo stato non rimanesse più diviso in tre parti, ma solamente in due: nondimeno, che cinque priori avessino l'Arti minori e quattro le maggiori; e ser Viviano notaio alle Riformagioni si rogò della volontà dei priori e del Capitano di giustizia e gli altri magistrati, così dell' affermazione di tutto il popolo. E questo fatto e deliberato, i priori se ne andarono in palagio e gli altri ciascuno a casa sua, quietamente e assai satisfatti, e massime di Michele di Lando già fatto cavaliere, il quale non si era insuperbito per li molti onori e gradi statigli dati, in vero molto eccessivi alla professione e generazione sua, né si era manco avvilito nelle contradizioni aute, anzi sempre si era governato con buono e maturo consiglio e con fortezza d'animo e di corpo inestimabile, e senza ambizione o superbia alcuna.

Il giorno di poi, che fu il secondo di di settembre 1378, secondo l'ordinazione del parlamento fatto, fu tratto lo scambio del Gonfaloniere di giustizia, chiamato Bartolo di Iacopo, alias Barone, e lo scambio suo fu Francesco di Chele rigattiere, il quale fu il primo Gonfaloniere di giustizia per tratta delle Arti minori, essendo stato fatto Michele di Lândo Gonfaloniere a viva voce di popolo; e in cambio di Giovanni di

1 Generale adunanza del popolo in piazza.

Domenico, alias il Tria, priore, fu fatto messer Giorgio di messer Francesco delli Scali; e in luogo di Bernabà di Marco, che era Gonfaloniere di compagnia per la Scala Santo Spirito, fu tratto Giovanni di ser Iacopo di Nello; e in luogo di Niccolò di Bruno, Gonfaloniere di compagnia nel Lion nero Santa Croce, fu tratto ser Giovanni di ser Francesco Buonamici; i quali pigliarono il dì medesimo il loro uficio, e quelli che erono stati tratti prima lo lasciarono, e andaronsene alle loro case senza fare strepito alcuno, conoscendosi loro essere al tutto indegni di quelli uficj, e̟ massime che, oltre l'essere vili e plebei, erano anco tanto poveri e mendichi, che con gran difficultà trovavano da vestirsi secondo che si appartiene a tali gradi, mentre erano di quei magistrati.

Questo fine e corta vita di 38 giorni ebbe lo stato violento, che lo chiamarono dei Ciompi; d'onde si potrebbe facilmente conoscere, allargandosi con il discorso, quanto è necessario per fuggire simili inconvenienti, non lasciare in modo alcuno germogliare nelle città i cattivi semi; quali poi cominciati a crescere, si innalzano troppo nell' aria fiorentina; possendosi per questo tratto avere a bastanza inteso quanto si fece danno e quanto si patì in 38 giorni soli, essendo le cagioni del male fabricate assai innanzi. E qualunque leggerà l'istorie di Giovanni Villani, dell'Aretino e del Poggio e degli altri istoriografi fiorentini, i quali hanno scritto, conoscerà molto bene, che a tenere bene assettata e in ordine questa treccia, ci fa più di bisogno delle forbici che del pettine.1

ANDREA DA BARBERINO. Nacque probabilmente dopo il 1370, e trasse il suo nome dal piccolo castello di Val d'Elsa, e fu figlio di Iacopo di Tieri. Fece testamento nel 1431, ma si ignora quando morisse. Queste poche notizie dà di lui il FLAMINI, La lirica tosc. del rinascimento, cc., Pisa, Nistri, 1891, p. 158. Di professione fu cantatore in panca in San Martino, e romanzatore, cioè traduttore e compilatore di romanzi francesi di cavalleria, che leggeva in pubblico. Opere di lui sono il Guerrin meschino (1a ediz., Padova, 1473); i Reali di Francia (1a ediz., Modena, 1491; se ne attende una nuova ediz. dal professor VANDELLI nella Collezione dei testi di lingua, della quale dal 1872 è apparso il 1° volume di Ricerche del professor RAJNA, Bologna, Romagnoli); la Storia di Ajolfo dal Barbicone, edita da L. DEL PRETE, Bologna, Romagnoli, 1863-4, 2 vol.; le Storie Nerbonesi pubbl. da C. I. ISOLA, Bologna, Romagnoli, 1873 e '87, 3 vol.; la Storia di Ugone d'Alvernia per cura di F. ZAMBRINI e A. BACCHI DELLA LEGA, Bologna,

1 È più necessario recidere, tagliar via, escludere certi elementi, che pretendere di ravviarli e ordinarli, quando di natura loro non sono tali da esser composti e mescolati in bel modo cogli altri.

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