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I' Archivio Senese sembrerebbe ancor vivo nel 1319 e negoziante in cuojami. [V. su di lui A. D'ANCONA, C. A. da Siena, poeta umorista del sec. XIII, in Studj di crit. e stor. letter., Bologna, Zanichelli, 1880, p. 105 e seg.]

Ritratto burlesco di Neri Piccolino degli Uberti.

Quando Ner Piccolin tornò di Francia
Era si caldo de' molti fiorini,

Che gli uomin gli parevan topolini
E di ciascun si facea beffa e ciancia :
Ed usava di dir: Mala mescianza
Possa venire a tutt'i miei vicini,
Quand'e' sono appo me si picciolini
Che mi fora disnor la loro usanza.

Or è per lo suo senno a tal condotto,
Che non ha niun si picciolo vicino
Che non si disdegnasse fargli motto.

Ond' io metterei il cuor per un fiorino,
Che anzi che sien passati mesi otto,
S'egli avrà pur del pan, dirà: buonino!

Della propria miseria.

I ho si poco di quel ch'i' vorrei
Ch'io non so ch'i' potesse menomare,
E si mi posso un cotal vanto dare
Che del contraro par non troverei :

2

Chè s'i' andassi al mar, non crederei
Gocciola d'acqua potervi trovare;
Si ch'io sono oggimai in sul montare,
Che s'io volessi, scender non potrei.

Però malinconia non prenderaggio,
Anzi m'allegrerò del mio tormento
Come fa del rio tempo l'uom selvaggio.
Ma che, m'aiuta solo un argomento:
Ch'i' aggio udito dire ad uomo saggio,
Che viene un di che val per più di cento.

Indifferenza della sua amata.

La mia malinconia è tanta e tale,
Ch'io non discredo che s'egli 'l sapesse
Un, che mi fosse nemico mortale,
Che di me di pietà non piangesse.

1 Mala ventura, affettando di francesizzare.
Non troverei uno pari a me nelle contrarietà.
3 Salvo che.

Quella per cui m'avvien, poco ne cale,
Che mi potrebbe, sed ella volesse,
Guarir 'n un punto di tutto l mio male
Sed ella pur io t'odio, mi dicesse.

Ma questa è la risposta ch'ho da lei:
-Ched ella non mi vuol nè mal nè bene,
E ched i vada a far li fatti miei,

Ch'ella non cura s'i' ho gioie o pene

Men d'una paglia che le va tra' piei

Mal grado n'abbi Amor, che a lei mi diede!

CHIARO DAVANZATI. Prese parte alla battaglia di Montaperti (1260), ed era già morto nell' '80, nè altro si sa di lui (v. NOVATI, in Giorn. Stor. Letterat. ital., V, 404). Come poeta, esce già dalla via trita della maniera provenzaleggiante, e di lontano prelude a nuove forme, se non altro, per certa schiettezza di dettato. Le sue rime, novanta fra canzoni e sonetti, alcuni de quali in corrispondenza con altri rimatori del suo tempo, sono conservate nel cod. vat. 3793, e riprodotte nelle cit. stampe delle Rime volgari, ec. [V. su di lui CASINI, nella Rivista crit. della lett. it., I, 71.]

L'amata non è donna, ma angelo.

Non me ne maraviglio, donna fina,
Se intra l'altre mi parete il fiore,
O se ciascuna beltate dechina
Istando presso del vostro valore;
Chè la stella, ch'appare la mattina,
Mi rassomiglia lo vostro colore:
Come più vi riguardo, più raffina
Lo vostro dritto natural' amore.

Ond' io credente sono, ogni fiata
Ch'io bene avviso vostra chiaritate,
Che voi non siate femina incarnata":
Ma penso che divina maestate
A somiglianza d'angelo formata
Aggia per certo la vostra beltate.1

Bellezza suprema dell' amata.

La splendiente luce, quando appare,
In ogni oscura parte dà chiarore,

1 dechina, si abbassa, diminuisce; raffina, più mi par perfetto; femina incarnata, donna viva.

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Cotanto ha di virtude il suo guardare,
Chè sovra tutti gli altri è il suo splendore.
Così madonna mia face allegrare,
Mirando lei, chi avesse alcun dolore;
Adesso lo fa in gioia ritornare,

Tanto sormonta e passa il suo valore.

E l'altre donne fan di lei bandiera, stward bearer
Imperadrice d'ogni costumanza,
Perch'è di tutte quante la lumiera.
E li pintor la miran per usanza,
Per trarre assempro di si bella cera,
Poi farne all'altre genti dimostranza.'

A Firenze.

Ahi, dolce e gaja terra fiorentina,
Fontana di valore e di piacenza,
Fior de l'altre, Fiorenza,

Qualunque ha più saver, ti tien reína.
Formata fu di Roma tua semenza
E da Dio solo data la dottrina,
Chè, per luce divina,

Lo re Fiorin ci spese sua potenza:
Ed ebbe in sua seguenza

Conti e marchesi, principi e baroni:
Gentil d'altre regioni,

Cessati fuor d'orgoglio e villania,
Miser lor baronia

Acciò che fossi de l'altre maggiore.2
Come fosti ordinata primamente
Da sei baron, che più aveano d'altura,
Ciascuno pose cura

Vêr sua parte, com' fossi più piacente.
Da San Giovanni avesti sua figura,

I bei costumi dal fior della gente,

Da' savi il convenente,

In pianeta di Leo più sicura;
Di villania fuor, pura,

Di piacimento e di valore ornata,
In sana aira formata,

Diletto d'ogni bene ed abbondosa,
Gentile ed amorosa,
Imperadrice d'ogni cortesia.3

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1 Adesso, immediatamente; passa, supera ogni altra cosa; assempro, per servirsi del suo bel volto come immagine tipica di bellezza, e mostrarla alle genti.

2 Fiorino, favoloso edificatore di Firenze; in sua seguenza, al suo seguito; Gentil, nobili; Cessati fuor, forse i lontani, remoti, esenti da ogni ec.

3 Ver sua parte, dal canto suo; San Giovanni ti concesse la sua immagine; il convenente, l'esser tuo.

Ahimè, Fiorenza, ch'è a rimembrare

Lo grande stato e la tua franchitate freesms.
Ch'ho detta, ch'è in viltate

set as Disposta ed abbassata, ed in penare
Sommersa, e sottoposta in fedeltate
Per li tuoi figli, col lor rio portare!
Chè, per non perdonare

1

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L'un l'altro, t'hanno messa in bassitate. J
Ahi, lasso, ov'è l savere,

E lo pregio el valore e la franchezza?
La tua gran gentilezza,

Credo che dorme e giace in mala parte.
Chi in prima disse parte

Fra li tuoi figli, tormentato sia.1

Fiorenza, posso dire che se' sfiorita,
Nè ragionar che in te sia cortesia,

Chè chi non s'aumilía

Già sua bontà non puote esser gradita.
Non se' più tua nè hai la signoria,

Anzi se disonrata ed aunita

Ed hai perduta vita,

Chè messa t'ha ciascuno in schiavonia. . **)

Da l'un tuo figlio data,

Per l'altro consumare e dar dolore,

E per l'altro, a segnore

Se oramai, e doneràgli il fio.

Non val chiedere a Dio

Per te mercè, Fiorenza dolorosa.2
Chè è moltiplicato in tua statura
Astio, invidia, noja e struggimento,
Orgoglioso talento,

Avarizia, pigrezza e lussura;

E ciaschedun che 'n te ha pensamento
Istudia sempre di volere usura:

Di Dio non han paura,

Ma sieguon sempre disiar tormento.

I piccoli e i maggiori

Hanno altro in cor, che non mostran di fuora.

Per contrario lavora

Onde il signore Iddio, pien di pietate,

Per sua nobilitate

Ti riconduca a la verace via.3

(Rime volgari, III, 67.)

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franchitate, libertà; Disposta, cangiata; in fedeltate, in feudo; rio portare, rei portamenti; bassitate, in basso.

2 aumilia, umilia; aunita, vituperata; in schiavonia, in schiavitù ; data.... a segnore, ora a Manfredi ora a Carlo; doneràgli il fio, gli concederai l'omaggio feudale di vassallo.

3 in tua statura, nel tuo stato; Per contrario lavora, travagliati a far il contrario.

COMPIUTA DONZELLA. Nulla si sa di questa poetessa. Riferiamo di lei due sonetti, dove fra mezzo alle frasche solite della maniera provenzaleggiante, è pure qualche accento, che parte dal cuore. Quanto al suo proposito di rendersi monaca, è contraddetto da altro suo sonetto, di ringraziamento ad un ignoto, forse maestro Torrigiano, che le aveva diretto gran lodi: esso così si conchiude: Chè d'Amor sono, e vogliolo ubidire. (Rime volg. ec., V, 214.)

Lamento amoroso.

Alla stagion che il mondo foglia e fiora,
Accresce gioia a tutti i fini amanti:
Vanno insieme alli giardini allora
Che gli augelletti fanno nuovi canti: des
La franca gente tutta s'innamora,

Ed in servir ciascun traggesi innanti,
Ed ogni damigella in gioi' dimora,
A me n'abbondan marrimenti e pianti.
Che lo mio padre m'ha messa in errore,

E tienemi sovente in forte doglia:
Donar mi vole, a mia forza, signore.

Ed io di ciò non ho disio nè voglia,
E in gran tormento vivo a tutte l'ore:
Però non mi rallegra fior nè foglia.

Propositi di vita contemplativa.

Lasciar vorría lo mondo, e Dio servire,
E dipartirmi d'ogni vanitate,

Però che veggo crescere e salire
Mattezza e villania e falsitate; t

Ed ancor senno e cortesia morire,

E lo fin pregio e tutta la bontate;
Ondio marito non vorria nè sire,

Nè stare al mondo per mia volontate.

Membrandomi che ogn' uom di mal s'adorna,

Di ciaschedun son forte disdegnosa,

E verso Dio la mia persona torna.

Lo padre mio mi fa stare pensosa,

Chè di servire a Cristo mi distorna:

Non saccio a cui mi vuol dar per isposa.

JACOPONE DA TODI. Ser Jacopo Benedetti nacque a Todi circa il 1230, e fu dottor di legge; ma mortagli improvvisamente in una festa la moglie Vanna da lui molto amata, si diede tutto

1 marrimenti, tribolazioni.

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