Sayfadaki görseller
PDF
ePub

E poichè tu se' quella che mi spoglia
D'ogni baldanza, e vesti di martiri,
E per me giri ogni fortuna ria;
Perchè tu, Morte, puoi la vita mia
Povera e ricca far, ec. »>

Un altro esempio può aversi nella Canzone XVII.

« Poscia ch' Amor del tutto m'ha lasciato

[merged small][merged small][ocr errors][merged small]

Chi è pertanto, il quale in questi versi non scorga, unitamente all'aggiustatezza de'concetti, la proprietà della locuzione e la spontaneità delle rime? Nulla può riscontrarvisi di forzato e contorto, nè una frase o una parola pure d'ozioso e di superfluo. La poesia sotto la penna d'un rimatore sì valoroso e sì destro, prende un andamento cotanto elegante, una venustà così naturale, che a prima vista non potrebbe ravvisarvisi l'artifizio poetico, se non si sapesse esser arte grandissima il nasconder l'arte.

Anche il Petrarca volle dar prova dell'ingegno suo in tal maniera di poetici componimenti:

<< Mai non vo' più cantar com' io soleva:

Ch'altri non m'intendeva; ond' ebbi scorno;

E puossi in bel soggiorno esser molesto:

Il sempre sospirar nulla rileva.

Già su per l'Alpi neva

Ed è già presso al giorno;
Un atto dolce onesto

Ed in donna amorosa
Che in vista vada

Non per mia volontà.

d'ogni intorno;

ond'io son desto.

è gentil cosa,

ancor m' aggrada,

altera e disdegnosa. >>

[blocks in formation]

Ma quivi questi due Poeti troppo, dobbiamo dirlo, fecero sfoggio di rime, cosicchè una tal poesia invece di procedere col sostenuto andamento della Canzone, sembra piuttosto tenere la maniera capricciosa e saltettante della Frottola, o del Ditirambo. In questo, che non so se debba dirmi difetto, caddero pure Guido Cavalcanti e Guido dalle Colonne, cui que' rimatori susseguenti tolsero ad imitare. Meglio però al Petrarca riuscì una tal prova nella Canzone Vergine bella, ov'ei s'avvisò d'essere assai più parco di rime intermedie, una sola in ciascheduna stanza ponendone, e questa nel fine, nella guisa seguente:

« Soccorri alla mia guerra

Bench' io sia terra, e tu del ciel regina. »>

[ocr errors]

Quella Canzone, che dalla forma e dalla tessitura delle sue stanze, vien chiamata antica Sestina, è pur essa un componimento assai malagevole; perciocchè la troppa distanza delle consonanze le dà l'aspetto d'un componimento languido, e privo di grazia e d'armonia, e la ripetizione continua delle stesse voci finali porta seco agevolmente il rischio di risvegliare press' a poco le stesse idee. Vuolsi adunque nel poeta molt'arte e molta copia di concetti a far sì che un tale componimento, scabro e disarmonico di sua natura, riesca leggiadro, pieno, e maestoso. Bella nulladimeno, ed assai ben condotta, dee dirsi la Sestina di Dante, la quale incomincia:

« Al poco giorno, ed al gran cerchio d'ombra. >>

Ancor più difficile si è l'altro genere di Canzone, chiamata Sestina doppia: dalla seguente peraltro, di cui riporto solo una stanza, potrà conoscersi quanto il nostro Poeta fosse maestro in tuttociò, che all' arte spetta del verseggiare. Con sole cinque voci finali, cioè donna,

tempo, luce, freddo, pietra, egli riuscì a fare una Canzone, non breve al certo, perchè composta di sessantasei versi, la quale per la varietà e nobiltà de' concetti, per la proprietà delle espressioni, per la vivezza delle immagini e per l'artifizio poetico, può dirsi in ogni sua parte compiuta e perfetta, ed infallibilmente superiore a quante. di simili se ne rinvengono in tutti gl'italiani poeti:

« Amor, tu vedi ben, che questa donna

La tua virtù non cura in alcun tempo
Che suol dell' altre belle farsi donna.
E poi 's'accorse ch'ell' era mia donna,
Per lo tuo raggio ch' al volto mi luce,
D'ogni crudelità si fece donna,
Sicchè non par, ch'ell' abbia cuor di donna,
Ma di qual fiera l'ha d'amor più freddo;
Che per lo tempo caldo e per lo freddo

Mi fa sembianti pur com' una donna,

Che fosse fatta d'una bella pietra

Per man di quel che me'intagliasse in pietra, ec. »

Questa maniera di poesia, se piacque a Dante talvolta, piacque altresi al Petrarca, il quale ci ha dato nel suo Canzoniere alquante di tali Sestine e semplici e doppie. Ma in simili componimenti essendo il Poeta obbligato (come qui sopra accennai, e come può vedersi dal brano riportato) a ripetere in ogni stanza, con ordine peraltro inverso, i vocaboli stessi con che terminano i versi della prima, è molto difficile, ch'ei giunga ad uscirne con plauso, non potendo se non per opera di grande ingegno e di molto studio far servir sempre le stesse parole alla varietà de' concetti. Può adunque facilmente accadere, che la cosa stessa si ridica quivi più volte, che si cada in freddure, e più particolarmente che si pongano delle espressioni non naturali, e delle frasi lambiccate e contorte. Così appunto accadde a parecchi rimatori contemporanei dell' Alighieri; ed il Petrarca altresì, abbenchè in ogni sua cosa sì forbito e sì terso, sembra in un tal genere di componimento non essere molto felicemente riuscito. Questo almeno è il giudizio del Tassoni, giudizio pur dato

[blocks in formation]

dal Sismondi allor che egli nella sua Istoria della letteratura del Mezzogiorno dell' Europa, prese, fra le altre cose, a fare una censura delle Sestine del Cantore di Laura.

Cino da Pistoia, dolente per la perdita della sua amata, scrisse una Canzone, la quale comincia La dolce vista e'l bel guardo soave. Essa, non ha dubbio, racchiude qualche tratto peregrino e passionato sì come quello,

[blocks in formation]

Ver bella donna levo gli occhi alquanto,

Si tutta si disvia la mia virtute,

Che dentro ritener non posso il pianto,
Membrando di Madonna, a cui son tanto

Lontan di veder lei:

O dolenti occhi miei,
Non morite di doglia?

Si per vostro voler, pur ch' Amor voglia. >>

Ma quanto essa non è inferiore ai componimenti che Dante scrisse intorno un eguale subietto? La Canzone alla Morte, che apparisce dettata nel tempo d' una grave malattia di Beatrice, è una delle più affettuose di lui, e delle più belle che si abbia la lirica italiana. Tutte le stanze di questa Canzone cominciano con una invocazione alla Morte; e ad essa il Poeta le sue parole dirige, perciocchè vuol far prova d'ammansirla: egli espone tutte le ragioni, che il cuore e l'intelletto potean suggerir ad un amante per arrestare il colpo fatale; e termina sperando che la Morte si rimuova dal suo fiero volere sì che al mondo possa tuttavia far dono di se quell' anima gentile, cui dono di se aveva fatto il Poeta. Ma questi concetti con qual bellezza di modi, con quale incanto di stile, con qual magnificenza di poesia sono significati !

1

<< Io vengo a te, com' a persona pia,

Piangendo, o Morte, quella dolce pace,
Che il colpo tuo mi toglie, se disface
La donna che con seco il mio cor porta,
Quella ch'è d'ogni ben la vera porta.....

Saluto, salutazione.

Morte, se tu questa gentile uccidi,

Lo cui sommo valore all' intelletto

Mostra perfetto - ciò che in lei si vede,
Tu discacci virtù, tu la disfidi,

Tu togli a leggiadria il suo ricetto,

Tu l'alto effetto - spegni di mercede....
Se chiudi, o Morte, la sua bella luce,

Amor potrà ben dire ovunque regna:
Io ho perduto la mia bella insegna....
Morte adunque di tanto mal t' incresca,
Quanto seguiterà se costei muore,
Che fia il maggiore che seguisse mai.
Distendi l'arco tuo sì che non esca

Pinta per corda la saetta fuore,

Che per passare il core

-messa v' hai.

Mercè, mercè per Dio: guarda che fai;
Raffrena un poco il disfrenato ardire,

Che già è mosso per voler ferire

Questa, in cui Dio mise grazia tanta. »>

« O Canzone (egli termina) tu vedi bene com'è sottile quel filo, a cui >> la mia speranza s' attiene, e quello ch'io più possa senza di que>>sta donna: però con tue ragioni muovi sommessa ed umile, e fa di » non esser tarda: chè a tua fidanza io ho avuto ricorso ai prieghi. >> Con quella umiltà, di che ti ammanti, fatti dunque, o dolente mia Canzone, dinanzi alla Morte, sicchè ella voglia por modo alla sua » crudeltà. E s'egli avviene che per te sia rimosso il suo micidiale » volere, fa tosto di portarne novelle alla mia donna e di confor>> tarla ec. »

[ocr errors]

Così la Ballata che in morte della medesima Beatrice dettò, è si piena di sentimento e d'affetto, ed ha un tuono tale di gentile malinconia, che non riscontrasi, almeno di tanta efficacia, ne' rimatori di quell' età. In morte della sua Selvaggia scrisse Cino un'altra Canzone, ed è questa uno de' di lui migliori componimenti :

<< Oimè lasso ! quelle treccie bionde

Dalle quai rilucieno

D'aureo color li poggi d'ogni intorno;

Oimè la bella cera, e le dolci onde,

« ÖncekiDevam »