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CANZONE VII.

1

Quantunque volte 1 lasso! mi rimembra,
Ch'io non debbo giammai

Veder la donna, ond' io vo si dolente,
Tanto dolore intorno al cor m' assembra
La dolorosa mente,

Ch' io dico anima mia, chè non ten vai?
Chè li tormenti, che tu porterai

Nel secol3 che t' è già tanto noioso,

Mi fan pensoso di paura forte;
Ond' io chiamo la Morte,

Come soave e dolce mio riposo,

E dico: « vieni a me » con tanto amore,
Ch'io sono astioso di chiunque muore.
E' si raccoglie negli miei sospiri

Un suono di pietate,

Che va chiamando Morte tuttavia :
A lei si volser tutti i miei desiri,
Quando la donna mia

Fu giunta dalla sua crudelitate :
Perché 'l piacere della sua beltate *
Partendo se dalla nostra veduta,
Divenne spirital bellezza e grande,
Che per lo cielo spande

Luce d' Amor, che gli Angeli saluta,
E l'intelletto loro alto e sottile

Face maravigliar; tanto è gentile!

Dopo avere scritto il precedente Sonetto, parve a Dante d'essersi prestato poco premurosamente all'inchiesta del fratello di Beatrice; onde pensò supplire al difetto, scrivendo pure queste due stanze, nelle quali e per se e per l'amico disse dolenti parole di quel funesto avvenimento. Nella prima Stanza (dice nella Vita Nuova) si lamenta questo mio caro amico, distretto a lei; nella seconda mi lamento io; e così appare che in questa Canzone si lamen

tano due persone: l'una si lamenta come fratello, l'altra come

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Era venuta nella mente mia

Quella donna gentil, cui piange Amore,
Entro quel punto, che lo suo valore
Vi trasse a riguardar quel ch' io facia. 1
Amor, che nella mente la sentia,

1

S'era svegliato nel distrutto core,
E diceva a' sospiri andate fuore;
Per che ciascun dolente sen partia.
Piangendo usciano fuori del mio petto
Con una voce che sovente mena
Le lagrime dogliose agli occhi tristi.
Ma quelli, che n'uscian con maggior pena,
Venien dicendo: 2 o nobile intelletto,
Oggi fa l'anno che nel ciel salisti.

Un anno dopo la morte di Beatrice, mentre Dante se ne stava nella sua camera disegnando sopra una tavoletta figure d' Angeli, sopraggiunsero, senza che Dante se n'accorgesse, alcuni uomini onorevoli, i quali si posero ad osservare ciò che egli faceva. Dopo alquanto spazio di tempo, voltati gli occhi ed avvedutosi della costoro presenza, si alzò e si mise con essi loro a colloquio. Partiti ch' ei furono, venne a lui in pensiero di scrivere l'accaduto, quasi come anniversario della morte di Beatrice, dirigendo però la parola a coloro che erano venuti a visitarlo, e disse il presente Sonetto. Nella Vita Nuova, ov' è riportato, vedesi con due diversi cominciamenti. Ecco l'altro, che non è stato riportato nel testo :

<< Era venuta nella mente mia

La gentil donna, che per suo valore

Fu posta dall' altissimo Signore
Nel ciel dell'umiltate, ov'è Maria. »

1 Intendi: trasse voi, o uomini onorevoli che eravate venuti a visitarmi, a riguardare quello ch' io facea.

2 Venien dicendo, venivan fuori dal mio petto, dicendo. Venieno, come facieno, dicieno ec.

SONETTO XXV.

2

1

3

Videro gli occhi miei quanta pietate 1
Era apparita in la vostra figura,
Quando guardaste gli atti e la statura, 3
Ch'io facia pel dolor molte fïate.
Allor m'accorsi che voi pensavate"
La qualità della mia vita oscura,
Sicché mi giunse nello cor paura
Di dimostrar cogli occhi mia viltate.
E tolsimi dinanzi a voi, sentendo

5

Che si movean le lagrime dal core,
Ch'era sommosso dalla vostra vista.
Io dicea poscia nell'anima trista :

Ben è con quella donna quello Amore 8
Lo qual mi face andar cosi piangendo.

Riandando Dante colla mente sopra i suoi passati amori con Beatrice, se ne stava molto pensoso e tristo nella sua camera, quando alzati gli occhi vide una gentildonna, giovane e bella molto, la quale da una finestra pietosamente lo riguardava, compassionandolo. Ond'egli dall' atto pietoso di quella donna mosso quasi fino alle lacrime, si partì d'innanzi agli occhi di lei per non dimostrare la sua debolezza. Questo è l'argomento del presente Sonetto, indiritto dal Poeta alla donna medesima (Vita Nuova).

Pietate, compassione.

In la vostra figura, cioè, sul vostro volto. Altri testi invece di Era apparita leggono Era venuta.

3

Statura qui vale stalo, condizione. Così il Malespini, 36 tit. Come e quando Attila venne a Firenze di

sua statura. Con questo significato manca nel Vocabolario.

Pensavate. Anco qui, come altrove, il verbo pensare è usato attivamente.

5 Oscura, cioè, angosciosa, travagliata, come fu avvertito al Son. IX.

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Sicché per voi mi vien cosa alla mente,
Ch'io temo forte, non lo cor si schianti.

Io non posso tener gli occhi distrutti,
Che non riguardin voi spesse fïate,

Pel desiderio di pianger ch' egli hanno ;
E voi crescete si lor volontate,

Che della voglia si consuman tutti;

Ma lagrimar dinanzi a voi non sanno.

4

Ogni qualvolta la gentildonna, al Sonetto precedente ricordata, ponevasi a riguardar l'Alighieri, faceasi (racconta il Poeta stesso nella Vita Nuova) d'un color pallido quasi come d'amore: ond'egli spesse volte risovvenivasi della sua prima nobilissima donna Beatrice, che di simile colore gli si era mostrata. E varie volte non potendo lagrimare, nè disfogare la sua tristezza, egli tornava a mirare quella pietosa, la quale colla sua vista parea che gli traesse fuori degli occhi le lacrime. Questo pertanto volle egli significare nel presente Sonetto, parlando ad esso lei.

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1

SONETTO XXVII.

2

L'amaro lagrimar che voi faceste,
Occhi miei, cosi lunga stagione,
Facea maravigliar l'altre persone
Della pietate, come voi vedeste.
Ora mi par che voi l'obliereste,
S'io fossi dal mio lato si fellone,
Ch'io non ven disturbassi ogni cagione,
Membrandovi colei,3 cui voi piangeste.
La vostra vanità mi fa pensare,

E spaventami si, ch' io temo forte
Del viso d' una donna che vi mira.
Voi non dovreste mai, se non per morte,
La nostra donna, ch'è morta, obliare,
Cosi dice il mio core, e poi sospira.

Prendeva Dante a dilettarsi un po' troppo nella vista di quella pietosa donna, della quale abbiamo parlato ne'due Sonetti antecedenti, sì che quasi incominciava a innamorarsene. Ma combattuto per una parte dal sempre vivo affetto per l'estinta Beatrice, e per l'altra dalla nuova nascente passione, condannava la vanità degli occhi suoi. Il presente Sonetto contenendo un rimprovero agli occhi medesimi, manifesta lo stato del Poeta in un tale momento, e la battaglia che que' due affetti facevano nel cuore di lui.

1 Occhi miei, avverti che è il core che parla agli occhi.

2 Pietade, ha pur qui, come altro

ve, il significato di angoscia, affanno. 3 Membrandovi colei, cioè rimembrandosi Beatrice.

SONETTO XXVIII.

1

Gentil pensiero, che parla di vui,
Sen viene a dimorar meco sovente,
E ragiona d'amor si dolcemente,
Che face consentir lo core in lui: 2

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