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Che viene a consolar la nostra mente;
Ed è la sua virtù tanto possente,

Ch' altro pensier non lascia star con nui?
Ei le risponde: o anima pensosa,

Questi è uno spiritel nuovo d'amore,
Che reca innanzi a me li suoi desiri:
E la sua vita, e tutto il suo valore,

4

Mosse dagli occhi di quella pietosa,

Che si turbava de' nostri martiri. 5

In questo Sonetto ritorna il Poeta a trattare l'argomento de' tre antecedenti, dirigendo le parole a quella donna, che di ciò era la cagione.

Gentil pensiero. Dissi gentile (dice Dante nella Vita Nuova) in quanto ragionava a gentil donna, che per altro era vilissimo, perchè movea da un amor sensuale.

Intendi: che fa consentire il core con esso gentil pensiero.

3 L'anima dice al cor. Qui per l'anima intende il Poeta la ragione. e pel core, l'appetito.

4

Mosse, altri testi Mosso è.

5 Che si turbava de' nostri martiri. cioè: che si mostrava compassionevole de' miei e tuoi affanni.

SONETTO XXIX.

3

2

Poiché, sguardando, il cor feriste in tanto1
Di grave colpo, ch' io batto di vena,
Dio, per pietade or dagli alcuna lena,
Che 'l tristo spirto si rinvegna 3 alquanto.
Or non mi vedi consumare in pianto
Gli occhi dolenti per soverchia pena,
La qual si stretto alla morte mi mena,
Che già fuggir non posso in alcun canto !
Vedete, donna, s'io porto dolore,

E la mia voce s'è fatta sottile,

Chiamando a voi mercè sempre d'amore !
E s'el v' aggrada, donna mia gentile,
Che questa doglia pur mi strugga il core,
Eccomi apparecchiato servo umile.

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Anche questo Sonetto, che nel Codice Ambrosiano, già due volte citato, sta col nome di Dante Alighieri, fu prodotto in luce dal Witte, il quale lo diede come probabilmente legittimo. Ed infatti pare che il Codice non lo ascriva a torto al nostro Poeta, della cui maniera sente molto oltredichè quei versi :

:

<< Or non mi vedi consumare in pianto
Gli occhi dolenti per soverchia pena, »>

ci ricordano quelli della Canz. VI:

l'altro:

« Gli occhi dolenti per pietà del core
Hanno di lagrimar sofferta pena, »

« La qual sì stretto alla morte mi mena, »>

ci kichiama in egual modo alla mente quello della Canzone suddetta, << Che appoco appoco alla morte mi mena. »>

Verisimile pertanto essendo, che il presente Sonetto appartener possa al divino Poeta, non potremo aver difficoltà a collocarlo nel Canzoniere di lui.

1 Poichè, sguardando, il cor feriste in tanto, sottintendi, o donna. Per l'intelligenza del Sonetto, conviene avvertire, che in esso si fanno dal Poeta delle allocuzioni alla sua donna e ad Amore (figurato nel vocabolo Dio), a questo col prono

me Tu, a quella col pronome Voi.

Batto di vena, batto di forza, sottintendi verso la morte.

3 Si rinvegna, si rianimi, si riconforti.

In alcun canto, figurat. in alcun modo.

1

SONETTO XXX.

Lasso! 1 per forza de' molti sospiri,

Che nascon de' pensier che son nel core,
Gli occhi son vinti, e non hanno valore
Di riguardar persona che gli miri.
E fatti son, che paion due desiri
Di lagrimare e di mostrar dolore,
E spesse volte piangon si, ch' Amore
Gli cerchia di corona di martiri.

Questi pensieri, e li sospir ch' io gitto,
Diventano nel cor 2 si angosciosi,

Ch' Amor vi tramortisce, si glien duole;
Perocch' egli hanno in se 3 li dolorosi
Quel dolce nome di madonna scritto,
E della morte sua molte parole.

Dopo un' altra fantastica visione avuta da Dante, e da lui descritta nel libro della Vita Nuova, incominciò il Poeta a pentirsi del nuovo desiderio amoroso, da cui s'era lasciato possedere alquanti dì, e rivolse tutti i suoi pensamenti alla memoria della gentilissima Beatrice. Ond' io (egli dice), volendo che tal desiderio malvagio e vana tentazione paressero distrutti sì che alcuno dubbio non potessero inducere le rimate parole ch' io avea dette dinanzi, proposi di fare un Sonetto, nel quale io comprendessi la sentenza di questa ragione.

1 Lasso Dissi lasso in quanto mi vergognava di ciò che li miei occhi avevano vaneggiato.

2 Al. Diventan dentro al cor.
In se, altri testi, in lor.

Di Madonna, cioè di Beatrice.

SONETTO XXXI.

Deh peregrini, che pensosi andate
Forse di cosa, che non v' è presente, 1
Venite voi di sì lontana gente, 2
Come alla vista voi ne dimostrate?
Ché non piangete, quando voi passate
Per lo suo mezzo la città dolente,
Come quelle persone, che neente 3
Par che intendesser la sua gravitate. *
Se voi restate per voler udire,

Certo lo core ne' sospir 5 mi dice,
Che lagrimando n' uscirete pui."
Ella ha perduto la sua Beatrice;

7

3

E le parole, ch' uom di lei può dire,
Hanno virtù di far pianger altrui.

Avendo Dante veduto alcuni pellegrini passare dinanzi alla casa della già morta Beatrice, scrisse il presente Sonetto, figuratamente dirigendo la parola ai medesimi, e facendoli consapevoli della perdita cui egli, non meno che la città tutta di Firenze, aveva incontrata nella morte di quella vaga e virtuosa gentildonna (Vita Nuova).

Pensosi forse di cosa che non v'è presente, pensando, cioè, a loro parenti ed amici lontani.

2 Di si lontana gente, figurat. di si lontano paese.

Neente e neiente per niente dissero talvolta gli antichi.

La sua gravitate, la mestizia di essa, cioè, della città.

5 Ne' sospir, altri testi de' sospir. N' uscirete pui, vale a dire, ne uscirete dopo aver udito la cagione della sua mestizia.

7

Ella, la città.

SONETTO XXXII.

Oltre la spera, che più larga gira,
Passa il sospiro, ch' esce del mio core; 1
Intelligenza nuova, 2 che l' Amore
Piangendo mette in lui, pur su lo tira.
Quand' egli è giunto là, dov' el desira,
Vede una donna, 3 che riceve onore,
E luce si, che per lo suo splendore
Lo peregrino spirito la mira.
Vedela tal che, quando il mi ridice,
Io non lo intendo, si parla sottile
Al cor dolente, che lo fa parlare.
So io che parla di quella gentile,

Perocchè spesso ricorda Beatrice,

Sicch' io lo intendo ben, donne mie care.

5

Due gentildonne mandarono a Dante pregandolo, che volesse inviar loro copia d'alcune sue rime. Ond' egli, considerando la nobiltà delle medesime, per compiacere più onorevolmente ai loro preghi, compose appositamente il presente Sonetto, in cui narra come il suo pensiero è sempre volto a Beatrice, e tanto si alza, che va a contemplarla nel regno de' Beati, ed insieme ad altri due ad esse lo

inviò.

Intendi: Il sospiro, ch' esce dal mio core, tanto s' inalza, che va al di là della nona ed ultima sfera (il primo Mobile), e giunge all' Empireo. Intelligenza nuova, una nuova intelligenza, cioè, una nuova e più forte facoltà intellettiva.

2

3 Una donna, cioè, Beatrice, la quale, come disse altrove, ita n'è in l'allo cielo.

Per, per mezzo, framezzo.

5 Donne mie care, intende quelle donne che lo avean richiesto d' alcune poesie.

CANZONE VIII.

Amor, dacchè convien pur ch' io mi doglia,
Perché la gente m' oda,

E mostri me d' ogni virtute spento,

1

Dammi savere a pianger come voglia :
Si che 'l duol che si snoda

Portin le mie parole, come 'l sento.

3

2

Tu vuoi ch' io muoia, ed io ne son contento:
Ma chi mi scuserà, s' io non so dire

Ciò che mi fai sentire?

Chi crederà ch' io sia omai si colto?
Ma se mi dai parlar quanto tormento,
Fa, Signor mio, che innanzi al mio morire,
Questa rea per me nol possa udire;

Chè, se intendesse ciò ch'io dentro ascolto,
Pietà faria men bello il suo bel volto.
Io non posso fuggir, ch' ella non vegna
Nell' immagine mia,"

Se non come il pensier che la vi mena.
L'anima folle, che al suo mal s' ingegna,
Com' ella è bella e ria

Cosi dipinge, e forma la sua pena : "

Poi la riguarda, e quando ella è ben piena
Del gran desio, che dagli occhi le tira,

Incontro a se s'adira,

C'ha fatto il foco, ov' ella trista! incende.

Quale argomento di ragion raffrena,

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