ed altrove (Canz. VIII, st. 2): « Com' ella è bella e ria Si spergiura, si fa spergiuro: tale almeno è il significato che gli assegna il Vocabolario. Ma io credo che il verbo spergiurare o spergiurarsi sia qui usato metaforicamente, e valga bestemmiare, come vale nel seguente esempio del Boccaccio, Fiam: come non discendono le folgori sopra il pessimo giovane, acciocchè gli altri per innanzi di spergiurarti abbiano temenza? Io dunque intenderei: per cagion della quale vostra bella e rea figura anco Amore bestemmia e vi maledice, cosicchè ciascheduno ride d'Amore e di me, che ci vede imbestialiti. Così i concetti de' due versi si legano molto meglio, che BALLATA V. Donne, io non so di che mi preghi Amore, 1 Nel mezzo della mia mente risplende Un lume da' begli occhi, ond' io son vago, Che l'anima contenta : Vero è che ad or ad or d'ivi discende Ciò face Amor qual volta mi rammenta Che dovria la mia vita far sicura. Questa Ballata fu col nome di Dante impressa nell' edizione Giuntina a c. 19 retro, ed in tutte le successive ristampe. Francesco Trucchi, che pubblicò una raccolta di antiche Poesie inedite di dugento Autori Italiani (4 vol. in 8o, Prato 1846), traendola dal Codice Riccardiano 2317, la produsse, credendola inedita, sotto nome d'Andrea Lancia, cui il detto Codice l'attribuisce. Essa ha quivi due Stanze d'avvantaggio: ma oltrechè queste non ben corrispondono alle due antecedenti, che formano di per se stesse un componimento compiuto, sono a quelle molto inferiori nella dizione e nello stile: ond' io sospettando a buon dritto d' alterazione, credo dovermi attenere ai Giunti, riproducendola col nome di Dante Alighieri, e nella forma in che da essi fu data. 1 Intendi: Donne, io non so di che cosa mi debba pregare Amore, perciocchè egli mi uccide, e la morte mi è incresciosa, eppure, più della morte, ho paura di sentirlo in me venir me no, ovvero, di provarne in me minore, la forza. 2 Costruisci: Discende una saetla infuocata, che prima che sia spenta, m'asciuga dal core un lago di lacrime. BALLATA VI. Madonna, quel Signor che voi portate Che voi sarete amica di pietate. 2 A se, come a principio c'ha possanza : 4 Se non fosse ch' Amore Contr' ogni avversità le dà valore Con la sua vista, e con la rimembranza 3 Da un Codice cartaceo in fol. del secolo XVI, appartenuto già al P. Abate Alessandri della Badia fiorentina, l'Ab. Luigi Fiacchi trasse con altri poetici componimenti la Ballata presente, e pubblicolla col nome di Dante Alighieri nel fasc. XIV degli Opuscoli scientifici e letterarj, Firenze 1812. Per ogni parte che si riguardi, riconosceremo agevolmente che sente molto della maniera Dantesca ; ed infatti il solo principio Madonna, quel Signor che voi portate Negli occhi, si trova conforme all' altro Negli occhi porta la mia donna Amore; quindi è che non avendo ragione alcuna per rifiutarla, ritengo pur io, siccome ritenne altresì il Witte, che sia od almeno esser possa del Cantor di Beatrice. Vidi a voi, Donna, portar ghirlandetta E sovra lei vidi volare in fretta Dicea chi mi vedrà Lauderà il mio Signore. 3 S'io sarò là dove un fioretto sia, Allor fia ch' io sospire. Dirò la bella gentil donna mia Porta in testa i fioretti del mio Sire; Coronata da Amore. Di fior le parolette mie novelle Han fatto una Ballata : Da lor per leggiadria s' hanno tolt' elle Quand' uom la canterà, Che le facciate onore. Dal Codice Alessandri, citato poc' anzi, trasse il Fiacchi anco la Ballata presente, e col nome di Dante Alighieri pubblicolla nello stesso fascicolo XIV degli Opuscoli scientifici e letterarj. In altri Codici fu pur rinvenuta dal professor Witte; per lo che sempre più probabile si rende, che veramente a Dante appartenga. In essa infatti non mancano pregi, particolarmente quelli della leggiadria e dell' eleganza. La lezione per altro ch' io produco, non è quella del Fiacchi, perchè assai difettosa ed errata, ma è quella del Witte. 2 Parole mie, che per lo mondo siete ; Ma gite attorno in abito dolente, 6 Dicendo a voi dovem noi fare onore. In questo Sonetto il Poeta cita siccome sua la Canzone del Convito, Voi, che, intendendo, il terzo ciel movete: dunque l'autore n'è Dante; col nome del quale sta infatti nell' edizione Giuntina a c. 13 retro, nei Codici Laurenziani 49 Plut. XL, 37 Plut. XC, e nel Riccardiano 1044. 8 Fece il Poeta questo Sonetto dopo aver già composto il suo Canzoniere, rivolgendo le sue parole alla Filosofia ch'è la femmina, la quale, dacchè fu salita al cielo Beatrice, incominciò ad esser da lui amata, e lodata nella nota Canzone Voi che, intendendo ec. 1 Per quella donna in cui errai. 11 Dionisi, dando alla frase in cui errai il significato di per la quale errai, ed appoggiandosi a varii passi del Convito, nei quali dice Dante la ragione per cui le sue parole suonano talvolta il contrario di quello parrebbe dovessero dire, crede che ciò sia detto dal Poeta secondo l'apparenza. Se peraltro alla preposizione in daremo il significato che suole talvolta avere di contra, n'avremo questo concetto: per quella donna contra la quale commisi fallo, non amandola prima d'ogni altra, poichè in prima fui servo d'un amor sensuale. Che la sapete, che la conoscete. 3 I nostri guai. O vuole il Poeta significare le sue dolenti parole, ovvero i dispiaceri e le avversità cui forse potè andar soggetto per esser appunto uomo di lettere, filosofo e onesto. Intendi noi siamo vosire; dunque non ci vedrete in maggior numero di quel che omai siamo, perchè vi abbiamo già pagato il tributo promessovi e dovutovi. 5 Con lei non state; chè non v'è Amore. Vuol dire che la Filosofia non ha amore, cioè, brama di sapere, com' abbiam noi, perchè ella in se considerata è la stessa Sapienza (V. il Conv. tr. III, cap. 12). Ovvero è da dirsi che anche qui secondo l'apparenza egli parli; perciocchè l'amor di Dante verso la Filosofia (V. il Convito loc. cit.) era lo studio; l'amore di quella verso di Dante era, dirò così, il porgersi ad esser facilmente intesa da fui. Tutto il lamento del Poeta veniva dunque dal non intendere. 6 In abito dolente, A guisa delle vostre antiche suore. Per suore antiche intende il Poeta le rime della Vita Nuova; poichè nel Convito tr. III, cap. 9, rendendo ragione dell' aver chiamato una Ballata sorella, dice: Per similitudine dico sorella; chè siccome sorella è detta quella femmina, che da uno medesimo generante è generata; così puote l'uomo dire sorella quell'opera, che da uno medesimo operante è operata; chè la nostra operazione in alcun modo è generazione. A queste sue rime dice d'andar attorno in abito dolente, mentre l'abito di queste e di quelle esser dovea simigliante, ma per cagione molto diversa; imperocchè le antiche doleansi |