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cipalmente per quello di mare, Firenze per li suoi lanifizi, per li cambi da lei inventati, e per li traffichi di terra, a che era aiutata dalla sua bella ed opportuna situazione in mezzo alle due Italie settentrionale e meridionale. Perchè poi il commercio di mare è naturalmente belligero, quello di terra pacifico; Pisa fu delle prime città guerreggianti e quindi delle prime libere, Firenze dell' ultime. Trovasi memoria, che ella combattè a lungo, e poi distrusse Fiesole, ed all'uso romano ne trasportò gli abitanti nelle proprie mura l'anno 1010; ma non è provato da nulla, che fosse tal guerra fatta da Firenze libera anzi che dai Conti di essa. Ancora, quelle guerre dei cittadini contro i Capitani, o Cattani, o feudatari principali del distretto, che segnano in ogni città d' Italia l'origine della indipendenza, e che veggonsi fatte da' Milanesi fin dal principio del secolo XI, non furono incominciate da'Fiorentini se non al principio del XII, e secondo il Villani precisamente nel 1107. In tali anni, stava Firenze sotto l'ultima erede dei Marchesi di Toscana, la contessa Matilda, la grande avversaria degli Imperadori, la gran protettrice dei Papi e della indipendenza italiana; la fondatrice, che si potrebbe dire, con Gregorio VII della parte della Chiesa, detta Guelfa più tardi. Vedesi quindi, Firenze essere stata culla fin d'allora di quella parte, onde fu poi rocca principale. Ma appunto perchè Matilda era della parte nazionale, perciò le città non cercarono liberarsi da essa, e la tranquilla obbedienza datale, lasciò meno tracce nelle storie Fiorentine, che non nelle memorie dei posteri, così che due secoli dopo veggiamo il nome di lei non che venerato, quasi santificato da Dante nel Purgatorio (a). Morta Matilda nel 1115, e lasciato da lei il retaggio degli antichi Marchesi di Toscana ai Pontefici Romani, disputossi poco meno di un secolo tra questi e gli Imperadori sull'estensione del lascito ; e

(a) Canti XXVIII-XXXIII.

sorse in tal disputa finalmente il Comune e il governo consolare in Firenze. Ma non se ne trova l'anno preciso; ed il nuovo Comune era così indietro ancora o in potenza o in vigor d'indipendenza, che non prese parte a niuna delle leghe contro a Federigo Barbarossa. Tuttavia dopo la pace, l'anno 1185, ei fu spoglio del comitato o contado, restituitogli poco appresso (a). Ancora, la mutazione del governo dei Consoli in quello del Podestà, fatta dall'altre città più attive durante l'ultima metà del secolo XII, non fu fatta in Firenze se non nel 1207 (b). E finalmente, ella non si divise in parti Guelfa e Ghibellina sé non nel 1215, per il noto fatto di Buondelmonti; e non compiè la guerra contro i Cattani del contado se non nel 1218 (c). E così in tutto ebbe Firenze nascita oscura ed educazione lunga: nascita ed educazione promettitrici.

D'allora in poi, ne' cinquant'anni che corrono fino al 1265 principio della presente storia, Firenze crebbe prontissimamente in popolazione, ricchezze, estensione, ed importanza politica. Fin allora Firenze non avea avuto se non il Ponte vecchio sull'Arno,a destra del quale era compresa tutta in un semicerchio poco estendentesi oltre il battistero di s. Giovanni e il duomo. Ma dal 1218 al 1220 fu fatto a valle il nuovo ponte alla Carraja, ad uso principalmente del borgo Ognissanti, dove intorno agli Umiliati, monaci lavoratori di lanifizi e setifizi, s'eran venute estendendo queste due industrie. Nel 1236 fu fatto a monte il ponte Rubaconte (or delle Grazie), e fu lastricata la città, fin allora mattonata. Nel 1250, aggiunto nel governo o signoria al Podestà il primo Capitano del popolo con XII anziani, fu fatto il palazzo del podestà; « chè prima » non avea palagio di Comune in Firenze; anzi stava la Si

(a) G. Villanin Rer. Ital. T. xx11, pp. 137, 138 a malgrado il Lami; da cui non si vuol prendere se non la correzione della date del 1185.

(b) Villani, p. 146. (c) Villani, p. 154.

» gnoria ora in una parte della città ed ora in altra » (a). Del medesimo anno, abbassate le torri private a cinquanta braccia, fu de' ruderi incominciata la cinta di Oltrearno. Del 1252 fu fatto l'ultimo ponte intermedio di s. Trinita; e furono battuti i primi fiorini d'oro, bella e buona moneta, che al dir del Villani, aprì la Barberia al commercio fiorentino. Intanto s'era quasi sempre guerreggiato, e non più coi Cattani o colle terre all'intorno, ma con Pisa, Siena, Pistoja, ed altre potenti vicine secondo il variar delle parti; e parteggiandosi in città, erano stati cacciati, primi nel 1248 i Guelfi, poi nel 1251 alcuni capi e nel 1258 tutti i Ghibellini; i quali aiutati dal re Manfredi diedero in ultimo a'loro compatrioti, la famosa rotta di Monteaperti o dell' Arbia addì 4 settembre 1260; e rientrarono quindi cacciando i Guelfi. E così Guelfa era, così tenuta per irremediabilmente tale Firenze, che trattossi frai Ghibellini vittoriosi di distruggerla; ma fu impedito dall'eloquenza e dal credito di Farinata degli Uberti, che fu

solo

91

colà dove sofferto
Fu per ciascun di torre via Fiorenza
Colui che la difese a viso aperto.

INF. X.

Fra' Guelfi cacciati dopo la rotta di Monteaperti erano o l'avo, o il padre di Dante. La famiglia di lui vantavasi di discendenza romana antica; e dicevasi o dissesi poi staccata da quella dei Frangipani sopravvivuti in Roma. Dante sembra si in più luoghi vantarsi di sangue romano (b).Ma dove ei parla espressamente della propria famiglia, non la fa risalir se non a tre fratelli chiamati Moronto, Eliseo e Cacciaguida, viventi al principio del secolo XII; ed all' ultimo dei tre, tritavo suo, fa dire, non so se con isprezzatura o modestia:

(a) Villani, p. 182. (b) Principalmente nell'Inf. xv, 73-78.

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43

Gli antichi miei ed io nacqui nel loco
Dove si trova pria l'ultimo sesto

Da quel che corre il vostro annual gioco (a).
Basti de' miei maggiori udirne questo;

Chi ei si furo, ed onde venner quivi

Più è il tacer che 'l ragionare onesto.

PARAD. XVI.

Ad ogni modo dal secondo de' tre fratelli vennero gli Elisei tenuti poi sempre per consorti e consanguinei della famiglia di Dante. E venne questa dal terzo di essi Cacciaguida, e dalla moglie di lui Aldigeria, una Lombarda, secondo alcuni di Parma, ma più probabilmente degli Aldigeri, potenti allora e poi in Ferrara. E quindi i discendenti loro dissersi pure degli Aldigeri, od Alaghieri, Aligeri, Allighieri ed Alighieri, di che si disputa con poco pro. Cacciaguida, passato in età virile alla crociata di Corrado Imperatore, e fattovi Cavaliero, morì in Soria verso l'anno 1147. E così è che il Poeta pronepote di lui, lo pone in Paradiso nel cielo di Marte, tra i guerrieri morti per la fede; e da lui, dopo lo squarcio riferito sui costumi antichi di Firenze, fa narrare in pochi ed eleganti versi la propria vita così:

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A così riposato, a così bello

Viver di cittadini, a così fida

Cittadinanza, a così dolce ostello
Maria mi diè chiamata in alte grida (b):

E nell'antico vostro batisteo

Insieme fui Cristiano e Cacciaguida.

(a) Cioè là dove i corritori del pallio entravano nel sesto di porta s. Piero.

(b) Era, dice il Venturi, pio costume di que'tempi (non dismesso da alcune pie de' nostri) chiamare il nome di Maria Vergine tra' dolori del parto. E Dante fino osservatore d'ogni espressione d'affetto vero, e massime de' religiosi, pur si riferisce a questa nel Purgatorio xx, 19:

E per ventura udii: dolce Maria

Dinanzi a noi chiamar così nel pianto,
Come fa donna che 'n partorir sia.

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Moronto fu mio frate, ed Eliseo;
Mia donna venne a me di val di Pado,
E quindi il soprannome tuo si feo.
Poi seguitai lo Imperador Corrado,

Ed ei mi cinse della sua milizia;
Tanto per bene oprar gli venni a grado!
Diet ro gli andai incontro alla nequizia

Di quella legge, il cui popolo usurpa
Per colpa del pastor, vostra giustizia (a).
Quivi fu' io da quella gente turpa
Disviluppato del mondo fallace,
Il cui amor molt' anime deturpa
E venni dal martirio a questa pace.

PARAD. XV.

Figlio di questo Cacciaguida cavaliere, fu tra gli altri Alighieri bisavo di Dante; del quale null'altro si sa, se non che viveva nel 1189 e probabilmente pure nel 1201 (b) e che Dante lo pone in Purgatorio nella cerchia dei superbi (c). Figlio di questo primo Alighiero fu Bellincione avo di Dante; del quale pure non sappiamo altro, se non che ebbe sette figliuoli, tra i quali Alighieri II, padre di Dante. Fu questi giureconsulto, o come allor si diceva, giudice di professione; e, sposata in prime nozze Lapa di Chiarissimo Cialuffi, n'ebbe un figlio nomato Francesco; e, morta quella, e sposata donna Bella, non si sa di qual casa, n'ebbe nel maggio 1265 (d) un figliuolo, il quale battezzato in s. Giovanni, ebbe il nome di Durante, abbreviato quindi in quello, sempre da lui e dagli altri usa

(c) Parad. XV,

91-96.

(a) Cioè il popolo Maomettano che tiene il governo ( detto giustizia del medio evo) di Terra Santa. (b) Pelli, p. 30 e seg. (d) Questa data, primo fatto della vita di Dante, non si trae, che io sappia, da nessun altro luogo che dal Comento di Boccac cio al verso primo della Commedia (Boccacc., Opere, Firenze 1824, tom. v. p. 19 ) e tutti i biografi l'hanno seguito. Senza il Boccaccio, la vita di Dante si ridurrebbe a congetture tratte dalle opere di lui.

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