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Gubbio ecc: ecc. tutti furono in esilio, e furono grandi o per cagione o a mal grado di esso.

Che Dante poi non fosse all'impresa della Lastra, io lo credo per la medesima ragione che non credo all'essere stato esso poc' anzi in Firenze. Forse la stoltezza, non senza ombra di perfidia, di quell'impresa già l'aveva separato dalla sua parte ne' giorni che precedettero. Ad ogni modo ei separossene questa volta sì, e subito dopo, e incominciò a fare com' ei se ne vantò poi, parte da se stesso. Al pazzo andare di questa impresa fatta quasi a tradimento mentre erano i capi di Firenze in corte del pápa, contro al volere di esso papa (a), e con que' pazzi modi poi di Baschiera, meglio che a niun altro caso di sua parte si possono applicare quegli epiteti ch'ei le dà di tutta ingrata, tulta malta, ed empia, quel dir, ch'ella non egli ne avrà rolla la tempia, e che, di sua bestialitate, il suo processo farà la prova, e così quel che segue che a lui fia bello aversi fatto parte da sè stesso che sono nello squarcio già citato sul proprio esilio (b). Del resto parmi terminato ogni dubbio dal commento a questi versi dell' anonimo contemporaneo, il quale aggiunge alcuni particolari di quest'ultima partecipazione di Dante alle fazioni di sua parte. « Ciò addivenne, quand' egli s'oppo» se, che la parte Bianca cacciata di Firenze e già guer >> reggiante non richiedesse di gente gli amici nel verno, » mostrando le ragioni del picciolo frutto; onde poi ve» nula l'estate non trovarono l'amico com'egli era di» sposto il verno, onde molto odio ed ira ne portarono a Dante si ch' egli si parti da loro. E questo è quello che >> seguita, ch' essa parte della sua bestialitade e del suo » processo farà la prova. E certo elli ne furono morti e >> diserti in più parti grossamente, si quand' elli vennero

(a) Dino Comp.

(b) Vedi il Cap. I. versi cit. del Parad. XVII, 64-69.

» alla cittade con li Romagnoli, sì a Piano, sì in più luo» ghi, ed a Pistoia e altrove (a) ». Or qui è prima chiaro che l'anonimo contemporaneo intende parlare della impresa della Lastra e della cittade, e così dire, che Dante si separò dalla parte o durante o dopo questa, ma in somma per questa. Men chiara poi è la ragione del volgersi prima la parte contro lui, onde esso poscia contro la parte, ma parmi pure che si possa intender così: Dante tornato di Verona fin dall' inverno del 1303 al 1304, o per la morte di Bartolomeo Scaligero, o per le speranze sorte del papa mutato e dall' averne ora uno più opportuno paciero, si congiunse co' fuorusciti da cui era stato discosto un anno, ma da cui non s'era separato di interessi e d'azioni. E fatto così (che non si potrebbe intendere in caso contrario) uno dei dodici consiglieri della parte, consigliò di sperare in que' trattati del papa e in quella legazione del cardinale da Prato; mentre i più caldi, i più avventati della parte pur volevano fin da allora far l'impresa contro la città, e forse fecero quel muovere de' Bianchi che spaventò i Neri e ruppe i negoziati. Rotti i quali, il cardinale stesso acconsenti all'esecuzione, e allor si fece, ma male come s'è veduto; ei mal capitati dissero a Dante: Oh se avessimo fatta l'impresa fin da quando volevamo! E Dante ad essi: ella vi sarebbe venuta bene, anche adesso se l'aveste fatta bene. Così succede, così è nella natura degli uomini in generale, e in particolare delle parti in tutti i tempi.

Ancora, quelle parole dell'anonimo che «venuta l'estate » i fuorusciti non trovarono l'amico com'egli era dispo»sto il verno, onde molto odio ed ira ne portarono a » Dante » potrebbe far credere che quest' amico fosse lo Scaligero, non più Bartolomeo, ma Alboino non più amico arrendevole alle domande di Dante ambasciadore; e

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ne resterebbe anche meglio spiegata, non solo l'ira dei compagni contra Dante, ma quella pure di Dante contra Alboino.

Ad ogni modo noi vedemmo fin da principio tante scempiaggini della parte selvaggia, Bianca, o dell' asino di porta, e vedemmo così chiaramente Dante seguirla, quantunque scempia, perchè più giusta o meno ingiusta, che il lodammo per ciò; ma ora poi veggiamo sì chiare e nuove prove di quella scempiaggine, che non possiamo se non lodar Dante d'averla finalmente lasciata, e di quel suo farsi parte da sè stesso, il quale se non è conceduto forse addentro quando fervono le divisioni a niun cittadino e meno a un pubblico magistrato, certo poi è conceduto a un fuoruscito, ed è bellissimo ad uno i cui compagni muovano armati contro la patria. E credo bene, che ai leggitori stanchi meco oramai di tante divisioni e suddivisioni di quelle parti fiorentine, e del vedervi sempre riuscire felicemente ogni mal opera, e infelicemente ogni buona, non rincrescerà che ci scostiamo finalmente di Firenze coll' esule nostro. Dove poi ei si volgesse non ci è definito con certezza da niuna memoria. Ma dicendoci il Villani, subito dopo la cacciata di Dante, ch'egli «andossene allo studio a Bologna e poi a Parigi e in più » parti del mondo (a), e tale gita a studio parendo adattarsi alle condizioni presenti dell' esule abbandonante il parteggiare, e il soggiorno di Bologna essendo pur nominato de' primi dal Boccaccio, ei non mi pare possa rimaner dubbio che alla vicina Bologna andasse Dante, o subito o poco dopo la fuga della Lastra in luglio 1304, ed ivi poi a' propri lavori ripresi rimanesse qualche tempo (b).

(a) Vill. p. 508.

(b) Leon. Aret. p. 57 fa rimaner Dante in Arezzo fino all'impresa della Lastra, e così da marzo 1302 a luglio 1304, e quindi solamente andarne a Verona ai signori della Scala. Ma 1. im

Come poi ad uno de' soggiorni in Verona, senza determinar quale, riferimmo la temporanea gita di Dante su per l'alpi Trentine, così ad uno de' soggiorni in Toscana e probabilmente a questo è da riferire una gita pel Casentino, e l'ospitare di lui presso a Guido Salvatico cugino di Alessandro di Romena, il capitano di quest' impresa della Lastra e signor di Bagno e di Montegranelli. A richiesta di Caterina moglie di Guido Salvatico diconsi scritti da Dante alcuni versi su un frate (a). Ma più certa memoria di tal soggiorno sono due passi della Commedia sul conte Guido Guerra zio dell'ospite, e sulla terra di s. Benedetto in alpe posseduta da Roggieri da Dovadola figliuolo del medesimo (b).

Finalmente è probabile, che pure a questo tempo o prima d'andare a Bologna, o durante la dimora di Dante in essa, sia da riferire il soggiorno di lui alla Faggiola o in alcun' altra delle terre d'Uguccione sempre più Verde ghibellino, più accostantesi a Corso Donati il reggitor di Firenze, e più discostantesi da' fuorusciti ; ondechè sempre più doveva stringersi l'amicizia tra esso e Dante. Il veder questo fra poco dar una pruova chiarissima di tal amicizia, ci dimostra che dovettero rivedersi intanto e dimorar famigliarmente insieme qualche altra volta dopo quella prima d'Arezzo; e del resto ci è accennato dal Boccaccio. Ma non v' ha documento da fissarne l'epoca precisa (c).

probabile anzi impossibile è quella lunga dimora in Arezzo, onde tutti i fuorusciti erano stati sforzati di partire. 2. È contraria ai cenni che si hanno de' soccorsi di Verona mandati per opera di lui all'impresa precedente del 1303. 3. È contraria al detto del commento attribuito a Pier di Dante e all'interpretazioni migliori della Commedia e del Convito che concordano in far Dante ospite di Bartolomeo Scaligero, e così là andato e dimorato prima del 1304 epoca della morte di questo.

(a) Veltro p. 73. Pelli p. 134. Bocc. Vita di Dante. (b)Inf. XVI,4-39 e 100-102.

(c) Il biografo d'Uguccione la fissa, ma non veggo su quali con

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CAPO IV.

BOLOGNA, PADOVA; RIPRESA DE' LAVORI.
IL CONVITO.

(ANNI 1304-1306)

43 La lena m' era del polmon sì munta Quando fui sù ch'io non potea più oltre, Onde m' assisi nella prima giunta.

46 Omai convien che tu così ti spoltre

Disse il maestro, chè seggendo in piuma
In fama non si vien, nè sotto coltre,
49 Senza la qual chi sua vita consuma
Cotal vestigio in terra di sè lassa

Qual fummo in aere od in acqua la schiuma.
INF. XXIV.

Ad ogni modo, a Bologna ed a studio non par dubbio che andasse Dante più o meno dopo la metà del 1304. Quanto vi dimorasse, di nuovo è incerto; probabilmente, non oltre il 1 marzo 1306, in che i Bolognesi riaccostandosi ai Neri di Firenze cacciarono i fuorusciti Bianchi, e ne furono interdetti e privi dello studio da un legato pontificio, il quale come altri da noi veduti volle far da paciere, e non riuscendo scomunicava (a). Antico costume era poi che gli studenti a qualunque occasione cacciati

getture, a un bel circa del 1305 Veltro p. 76. Ed aggiugne altre gite per quelle parti fondato sulle reminiscenze del poema. Ma queste poterono essere di altre gite, quando Dante fu coll'Ordelaffi.

(a) Veltro p. 80. Murat. Ann. all'anno 1306- Vill. pp. 422

-424.

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