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può osservarsi poi in tutte, anche le più mediocri poesie di Dante, belli sempre almeno il primo e l' ultimo verso.

Segue Dante a narrare come perdendosi il suo spirito in tali pensieri « ei ne venisse in sì frale e debole condi»zione, che a molti pesava della sua vista» che richiestone, ei diceva, « era amore, che così l'avea governato...E >> quando mi domandavano: per cui t'ha così distrutto >> questo amore? ed io sorridendo guardava e nulla diceva » loro » (a). Un giorno poi essendo in chiesa, e guardando la sua Donna, un'altra gentildonna di molto piacevole aspetto che stava in mezzo credendo essere guardata essa, e guardandolo,fece credere ch'ella fosse l'amata di Dante. Ed egli compiacendosene, immantinente pensò di fare di questa gentildonna uno schermo della veritade; tanto che il suo segreto fu creduto sapere dalle più persone che di Jui ragionavano. Così si celò più anni; e per più fare credente altrui, fece per la donna, schermo suo, parecchie cosette per rime; e poi un serventese, dove per poter nominare celatamente la sua donna vera, introdusse i nomi di sessanta delle più belle della città. Finalmente « la » donna con la quale tanto tempo io aveva celiato, con» venne che si partisse della sopra detta cittade, e andos>> si in paese molto lontano. Perchè io quasi sbigottito » della bella difesa che mi era venuta meno, assai me ne >> disconfortai, più che io medesimo non avrei creduto di»nanzi. E pensando che, se della sua partita io non par>> lassi alquanto dolorosamente, le persone sarebbe ro ac>> corte più tosto del mio nascondere, proposi di farne al>> cuna lamentanza. . . . e allora dissi questo sonetto (b):

(a) Vita Nova p. S.

(b) Sonetto chiamavasi ancora ogni breve poesia fatta per accompagnamento. A poco a poco si restrinse il nome alla nota forma di 14 versi.

» O voi, che per la via d'amor passate,
» Attendete e guardate

» S' egli è dolore alcun, quanto il mio grave:
» E prego sol, ch'audir mi sofferiate;

» E poi immaginate

» S'i' son d'ogni tormento ostello e chiave. » Amor non già per mia poca bontate,

» Ma per sua nobiltate,

» Mi pose in vita sì dolce e soave,

» Ch'i'mi sentia dir dietro spesse fiate

» Deh! per qual dignitate

» Così leggiadro questi lo cor ave.
» Or ho perduta tutta mia baldanza

» Che si movea d'amoroso tesoro,
» Ond'io pover dimoro

> In guisa che dire mi vien dottanza.

>> Si che volendo-far come coloro,

» Che per vergogna celan lor mancanza,

» Di fuor mostro allegranza,

» E dentro da lo cor mi stringo e ploro: (a).

Chiosa egli stesso poi scrupolosamente l'autore, che la seconda strofa era per la sua vera donna e non per l'altra. Ma ad ogni modo,questa volta il sonetto, come ei lo chiama, è de' più graziosi; e si vede che in quegli anni corsi dal primo egli era progredito molto nell' arte.

Un' altra volta per una donna giovine e gentile, lo cui corpo ei vide giacere senza l'a nima in mezzo di molte donne, le quali piangevano assai pietosamente, ricordandosi egli d'averla veduta far compagnia alla sua gentilissima, non potè sostenere alquante lagrime; ma piangendo si propose di dire della morte di quella, in guiderdone di ciò che alcuna fiata l'aveva veduta colla sua donna. E così

(a) Vita Nova pp. 9, 10.

fece due sonetti, l'uno dei quali incomincia con quel verso

e l'altro

Piangete amanti poichè piange Amore

Morte villana di pietà nemica (a)

Andò quindi Dante verso la parte dove era andata la gentildonna suo schermo; ma dice egli, non così lontano; e forse fu questa la gita fatta per istudio a Bologna,di che parleremo poi. Aggiugne, che in questo viaggio gli venne il pensiero di prendere per secondo schermo un'altra donna; e ripatriando, così fece (b). « E in poco tempo la feci >> mia difesa, tanto che troppa gente ne ragionava oltre li >> termini della cortesia; onde molte fiate mi pesava du>> ramente. E per questa cagione (cioè per questa sover>> chievole voce che parea che m'infiammasse viziosamen>>te) quella gentilissima, la quale fu diştruggitrice di >> tutti i vizi, e reina delle virtù,passando per alcune par>> ti mi negò il suo dolcissimo salutare, nel quale stava >> tutta la mia beatitudine. . . . Dico che quando ella ap>> paria da parte alcuna, per la speranza della mirabile sa>> lute nullo nemico mi rimanea;anzi mi giungea una fiam>> ma di caritade, la quale mi facea perdonare a qualun>> que m'avesse offeso, e chi allora m'avesse domandato » di cosa alcuna, la risponsione sarebbe stata solamente » amore,con viso vestito d'umiltà» (c).Segue la descrizione del suo dolore, e il ritrarsi, e il piangere, e l'addormentarsi poi << come un pargoletto battuto, lagrimando»>; occasioni vere, ove si educò l'ingegno del poeta a quelle

(b) Vita Nova pp. 11, 12.

(c) Sull'uso di questi schermi vedi in Ginguenè traduzione italiana, Firenze 1826, tom. 1, p. 160, il caso di Guglielmo di S.t Didier colla Dama di Polignac.

(d) V. N. p. 14.

così sentite ed efficaci espressioni, in che non fu eguagliato da niuno, se non fosse dal solo Shakespeare. Del resto chi pesasse tutte le parole del testo, ne trarrebbe ragioni da dubitare se forse tutti questi schermi fossero veramente tali, e non più, al cuore giovanile di Dante. Ma sarebbe inezia andar cercando di ciò; e ad ogni modo dal testo medesimo, e da quanto segue, si vede essere sempre stata Beatrice come il suo primo, così il suo principal affetto e pensiero. Appresso alla quale poi difendevasi allora Dante con parecchie poesie dirette oramai a lei stessa, a cui « era conosciuto alquanto il suo segreto per lun» ga consuetudine » (a).

Le poesie sono quelle che incominciano:

Ballata io vuo' che tu ritrovi Amore
Tutti li miei pensier parlan d' Amore
Con l'altre donne mia vista gabbate
Ciò che m'incontra nelle menti muore
Spesse fiate vennemi alla mente (b).

Fece la terza « nella camera delle lagrime » tornando da vedere sua donna fra parecchie altre che adunate erano >> secondo l'usanza della cittade. . . alla compagnia d'una >> gentil donna che disposata era lo giorno» (c). E quindi, non usando farsi tali compagnie alle spose novelle se non dalle maritate, è da credere,che in questo mezzo cresciuta la Beatrice Portinari, già fosse allora disposata, come si sa che fu a Messer Simone de' Bardi cavaliero. Quando precisamente si facessero tali nozze non ci è detto dai biografi; ma il più diligente di tutti trovò, che già erano fatte a mezzo gennaio 1287, in che la giovane doveva avere intorno ai 21 anni (d).

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(c) V. N. p. 21.

(d) Del 18 gennaio 1287 è il testamento di Folco Portinari; il

E qui, lasciando il giudicio stretto dell'amor di Dante così continuato per la sposa di Simon de' Bardi, certo ai nostri di parrebbe strana, e non sarebbe sofferta tal professione d'amore, quale apparisce fatta da Dante nelle poesie pubblicate via via (a), e poi nella Vita Nuova e nel Poema. Ma ei si vuol tener ragione della diversità deʼtempi; e in quelli non erano insuete in poesia e in usi di cavalleria sifatte professioni di servitù o amore disinteressato, puro o platonico che dir si voglia; e se non erano sempre credute tali, nè tollerate dagli interessati come si può vedere nelle storie e novelle, elle non erano almeno universalmente dannate o derise, come sarebbono ai nostri dì. E lodi pure ognuno a talento o quell' innocenza del buon tempo antico, o questa severità del nostro; ma tolgasi ad ogni modo da Beatrice anche ogni menoma colpa di incoraggiamento. Se fosse dubbio, sarebbe più che semplicità fermarsi a disputarne;ma ne protesta Dante fin da principio dicendo: « Ed avvegnachè la sua im»magine, la quale continuamente meco stava, fosse bal» danza d'amore a signoreggiare me; tuttavia era di sì no» bilissima virtù, che nulla volta sofferse che Amore mi » reggesse senza il fedele consiglio della ragione in quelle » cose là ove tal consiglio fosse utile a udire » (b) Quella cattiva lingua poi del buon Boccaccio, afferma pure, che >> onestissimo fu questo suo amore, nè mai apparve o per >> isguardo, o per parola,o per cenno alcuno libidinoso ap» petito, nè nello amante nè nella cosa amata.Non piccio» la maraviglia al mondo presente, nel quale è sì fuggito » ogni onesto piacere ecc.» (c). Ancora, sembra dal se

quale « Item D. Bici filiae suae uxori D. Simonis de Burdis reliquit lib. quatuor.» (Pelli p. 76).

(a) V. Vita Nova p. 33 ed altrove, dove pare chiaramente detta la pubblicazione successiva delle poesie.

(b) Vita Nova p. 4.

(e) Boccaccio Vita di D. p. 19.

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