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34 E non mi si partia dinanzi al volto, Anzi 'mpediva tanto 'l mio cammino,

Ch'i fui per ritornar più volte volto. 37 Temp' era dal principio del mattino,

El sol montava in su con quelle stelle, Ch' eran con lui, quando l' amor divino 40 Mosse da prima quelle cose belle;

Sì ch' a bene sperar m' era cagione
Di quella fera la gaietta pelle.

43 L'ora del tempo, e la dolce stagione;
Ma non sì, che paura non mi desse
La vista che m'apparve d' un leone.
46 Questi parea che contra me venesse

Con la test'alta, e con rabbiosa fame; Sì che parea che l'aer ne temesse; 49 Ed una lupa, che di tutte brame

37-43. Intendi in prosa: Io era giovane sì che mi lasciava allettare alle dolcezze e leggerezze e variabilità di tal vizio, onde sperava trarmi quando che sia. Se non che ecc.

45-48. I LEONE secondo l'antica interpretazione, significa la superbia, e secondo una nuova Carlo di Valois, anzi tutti i Reali di Francia. A più alto leon trasser lo vello Parad. VI, 108 dice D. di Carlo II Angioino di Napoli. Noi dunque, a quel modo che finora, diremo essere il leone: la superbia, l'ambizione in generale de' Reali di Francia, e in particolare di Carlo di Valois, che APPARVE nel 1300, che diede nuova PAURA a D. che parea veNESSE contra lui, e che L' AER NE TEMESSE ED AVEA TESTA ALTA e RABBIOSA FAME.-Sicut fremitus leonis, ita et regis ira (Proverb. XIX 12) Sicut rugitus leonis, ita et terror regis ( Proverb. XX, 2).

49. Ma si mettano insieme subito i seguenti fino al 60, poi il 76, e gli SS-111 dove continua a parlar della LUPA. E 1.° non sarà dubbio il senso morale antico di essa per avarizia, datogli forse dal suo Boezio (Tommaseo n. alla terz. 32). Lupo è detto Plutone antico Dio, or demonio dell'avarizia (Inf. VII, 8) e Lupa l'avarizia nel Purg. XX, 10. E 2.° non è dubbio nemmeno il senso allegorico storico di parte guelfa; lupi e lupicini sono detti Infr. XXXIII, 29, Ugolino e i figliuoli guelfi; lupi i Forentini guelfi del 1302-1303 nel Purg. XVI, 50 e 59; e lupi Parad. XXV, 16 i reggitori guelfi di Firenze verso il fine de'giorni di D.verso gli anVita di Dante.

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Sembiava carca nella sua magrezza, E molte genti fe' già viver grame. 52 Questa mi porse tanto di gravezza, Con la paura ch' uscia di sua vista, Ch'i' perdei la speranza dell'altezza. 55 E quale è quei, che volentieri acquista, E giunge 't tempo, che perder lo face,

Che 'n tutt'i suoi pensier piange, e s'attrista; 58 Tal mi fece la bestia senza pace,

Che venendomi 'ncontro a poco a poco,

Mi ripingeva là, dove il sol tace.

61 Mentre ch'i' rovinava in basso loco,

ni 1319 e 1320. Ma 3. non aggiungeremo con altri che la lupa sia qui non solo parte guelfa, ma pure i papi lor capi, o la curia romana. Imperciocchè D. non disse certo, non potè dire secondo le proprie opinioni che il papato o la curia romana morrebbe MAI DI DOGLIA V. 102; che sarebbe mai nè RIMESSA IN INFERNO V. 110, nè che INDI L'INVIDIA LA dipartisse v. 111; ed anche sup ponendolo contra le proprie proteste accattolico, non avrebbe mai detto che ella sarebbe CACCIATA DI VILLA IN VILLA V. 109, che non avrebbe senso storico nè geografico. Ancora, D. abusa forse delle allegorie polisense, significando con una allegoria più cose, una morale, una politica o storica; ma ei non raffigura guari una cosa con più allegorie. Ora la curia romana mal politicante, i papi secondo lui cattivi, sono già da lui raffigurati con altre allegorie (anche più ostili) Nel Purg. XXXII, 149; onde è certo che qui e altrove lupa, lupi, e lupicini sono sempre storicamente la parte guelfa e i Guelfi.—Dunque in tutto ed al solito, prenderemo Ja lupa al senso morale in generale per avarizia, ed al senso storico in particolare per l'avarizia di parte guelfa, l'avara parte guelfa. E ciò posto sarà così chiara ogni parola seguente sulla lupa, che non abbisognerà di spiegazione; o che qualunque si facesse non sarebbe se non un annotar bellezze.

58-60. Noteremo quindi solamente questi 4 versi così esattamente storici; imperciocchè la parte guelfa non sapendo stare in pace negli anni intorno al 1300, venne incontro a D. a poco a poco e sviandolo dagli studi desiderati lo respinse in nuove disgrazie, e in BASSO LOCO.

61-63. Qui incominciano i personaggi della Commedia, persone vere e reali, che prima di tutto debbonsi prendere nel loro

Dinanzi agli occhi mi si fu offerto Chi per lungo silenzio parea fioco. 64 Quando vidi costui nel gran diserto, Miserere di me, gridai a lui,

Qual che tu sii, od ombra, od uomo certo.

67 Risposemi: non uom; uomo già fui, E li parenti miei furon Lombardi,

E Mantovani per patria amendui.

70 Nacqui sub Julio, ancor che fosse tardi;
E vissi a Roma sotto 'l buon Augusto,
Al tempo degli Dei falsi e bugiardi.
73 Poeta fui, e cantai di quel giusto

Figliuol d' Anchise, che venne da Troia
Poichè 'l superbo Ilion fu combusto.
76 Ma tu perchè ritorni a tanta noia?
Perchè non sali il dilettoso monte,

79

Ch' è principio e cagion di tutta gioia?
Oh! se' tu quel Virgilio, e quella fonte,

Che spande di parlar sì largo fiume?
Risposi lui con vergognosa fronte.

82 0 degli altri poeti onore e lume,

Vagliami'l lungo studio e 'l grande amore

senso vero e reale, secondo le ripetute raccomandazioni di D.. Così prima, Virgilio vuol dir Virgilio, o poi in generale la poesia, in particolare il pensiero del poema. Virgilio poi PAREA FIOCO PER LUNGO SILENZIO, e come Virgilio vero, non istudiato egli nè sua lingua latina durante la barbarie (vedine i lamenti di D. alJ'epoca della pubblicazione della presente cantica nella lettera di Fr. Ilario ); e forse come pensiero del poema dismesso da 8 o 10 anni.

68. Noteremo pedantemente l' anacronismo di D. in dir Virgilio di famiglia LOMBARDA.

70. Altro anacronismo di far nascere Virgilio SUB JULIO che viveva sì, ma non imperiava a quell'epoca.

71. II BUON AUGUSTO è a D. ghibellino sommo eroe, sommo fondatore, tipo d'imperatore, come in più altri luoghi—I seguenti 72-90, come al solito i più belli del poema, non abbisognano di una sillaba di commento, e dovrebbonsene lasciar liberi.

Che m'han fatto cercar lo tuo volume. 85 Tu se' lo mio maestro, e'l mio autore: Tu se' solo colui da cu' io tolsi

Lo bello stile che m'ha fatto onore. 88 Vedi la bestia, per cu' io mi volsi: Aiutami da lei, famoso Saggio, Ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi. 91 A te convien tener altro viaggio,

Rispose, poi che lagrimar mi vide, Se vuoi campar d'esto loco selvaggio; 94 Chè questa bestia, per la qual tu gride, Non lascia altrui passar per la sua via, Ma tanto lo 'mpedisce che l' uccide; 97 Ed ha natura si malvagia e ria,

Che mai non empie la bramosa voglia, E dopo 'l pasto ha più fame che pria. 100 Molti son gli animali a cui si ammoglia, E più saranno ancora iufin ch' il Veltro

91-93. Leggi in prosa: Altro modo devi tenere per giugnere alla gloria degli studi, e per torti dal lezzo dei vizi fiorentini, che non questo di combatterli partitamente, stando in mezzo a loro. Imperciocchè ecc.

94-95: Qui in questa descrizione di parte guelfa ogni parola diventa storicamente significativa. Quanto rancore e disprezzo, quanta amara reminiscenza de' casi proprii, della moderazione invano tentata nel verso 95!

96. Medesima osservazione qui, dove vuol dire che la parte guelfa uccide moralmente chi la segue. Nella lingua spiritualissima di D. uccidere è sovente per tor l'animo come qui, morire per perder l'animo come addietro al verso 27:

97-99. Leggi in prosa: La parte guelfa non fu mai peggiore che quando vincitrice-e v' avrai una gran verità storica.

100 e mezzo il 101. In prosa esattamente storica: A molti vizi ed a molti principi della terra si dà nelle braccia la parte guelfa. Ed anche più saranno dopo il 1300, quando ne sarà capo e donno or uno or altro de' Reali di Francia.

101. II VELTRO o cane è nemico de' lupi. Ed essendo lupi i Guelfi restan cani i Ghibellini. CAGNE son chiamati i SISMONDI CON LANFRANCHI E CON GUALANDI Ghibellini Pisani del 1289

Verrà, che la farà morir di doglia.

103 Questi non ciberà terra, nè peltro,

Ma sapienza, e amore, e virtute,

E sua nazion sarà tra Feltro e Feltro.

(Infer. XXXIII, 31, 32 ) che cacciano Ugolino e i figliuoli detti lupi e lupicini; MASTINI i due Malatesta da Verrucchio signori di Rimini e gran Ghibellini di Romagna (Infer. XXVII, 46; e BOTOLI altra spezie di cani gli Aretini costanti Ghibellini (Purgat. XIV, 46); e vedi i CANI FARSI LUPI, cioè i Ghibellini farsi Guelfi quanto più si scende giù per val d'Arno passo a Firenze (ibi 49). -VELTRO dunque qui vuol dir Ghibellino, Ma non vorrebbe dire specialmente Can Grande della scala con allusione doppia a tal nome, e come da ciò allettati dissero tanti anche antichi Commentatori? No probabilmente; poichè essendo dedicate incontrastabilmente le tre cantiche ad Uguccione della Faggiolą, a Moroello Malaspina ed a Can Grande, e trovandosi in ciascuna delle due altre una lode data a ciascuno de' dedicatarii, ne segue per analogia che pur in questa prima debb'essere qualche lode ad Uguccione; nè potendosene trovar altra debb'essere questa. No poi certamente, se non ingannano tutta la cronologia della vita di D., e l'osservazione fondamentale che nella presente cantica non è parlato mai di niun fatto posteriore al 1308. onde s'inferisce ch'ella fu terminata in quell'anno; nel quale era già famoso, era vecchio capo ghibellino Uguccione, e non era se non di 15 anni, ignoto, e sottoposto al fratello Cane della Scala. Vedi tutta l'opera del Veltro Allegorico Firenze 1826. Le prove positive poi che il Veltro, il Ghibellino accennato qui fosse Uguccione della Faggiuola risultano da' versi seguenti.

103. NON CIBERA' TERRA NE' PELTRO è lode convenientissima, o se si voglia adulazione finissima ad Uguccione, signorotto povero e quasi senza terra, quantunque capitano e podestà di ventura felicissimo; ma sarebbe sconveniente, falsa, e per falsità ingiuriosa ad uno qualunque degli Scaligeri, signori già vecchi di terre, e ricchi anzi magnifici principi. Quando un D. si riduce a lodare (od adulare) ei non lo fa almeno sguaiatamente.

105. L'autor del Veltro che non è uno di coloro che fanno erudizione solamente seduti al banco dello studio,ma di quelli (pochissimi in Italia, più numerosi in Francia ed Inghilterra, frequenti in Germania) che la proseguono per monti e per valli come D.; l'autor del Veltro rintracciando le pedate di questo e de' principali personaggi del poema, vide prima e descrisse poi le terre della Faggiola e della Massa Trabaria, nido de' Faggiolani posto tra i monti Feltrii (Veltro Alleg. pp. 8-114). Quindi ei ne con

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