Sayfadaki görseller
PDF
ePub

Lotario imperadore (a). Quindi in Firenze stessa Dante imparò certo tutte o la maggior parte delle sette arti; e n' ebbe a maestro Brunetto Latini, come ci è accennato da Leonardo Aretino (b) e da Dante stesso nell' Inferno. Nel quale con istraua mescolanza di severità od anzi satira e d'amorevolezza, ei mette il maestro tra i dannati del più brutto fra' peccati, e gli dice poi teneramente:

82

85

Che 'n la mente m' è fitta e ancor m' accora
La cara e buona immagine paterna

Di voi nel mondo, quando ad ora ad ora
M'insegnavate come l'uom s'eterna;

E quanto io l'abbo in grado, mentre io vivo
Convien che nella lingua mia si scerna.
INF. XV.

Non fermiamoci con tanti altri a spiegare, giustificare, o peggio lodar Dante di tale contraddizione e sconcezza, che ancor sa di quella barbarie onde egli primo usciva, e non è meraviglia uscisse talora imbrattato. Veniamo anzi a Brunetto. Il quale, nato non si sa in qual anno, di nobil famiglia fiorentina, e Guelfo costante, trovavasi ambasciadore del Comune ad Alfonso di Castiglia l'anno 1260, mentre la parte sua era cacciata dalla città dopo la rotta di Monteaperti; e rimase esule così più anni in Francia, e probabilmente in Parigi. Fece ivi in lingua volgare nostra parecchie traduzioni da Cicerone; e in lingua d' oil il suo poema intitolato il Tesoro, zibaldone o enciclopedia delle cognizioni di quei tempi. Tornato a Firenze colla famiglia di Dante e con gli altri Guelfi nel 1266, fecevi in versi e in nostro volgare il Tesoretto, che è una raccolta di sentenze morali, e poi il Pataffio che è una

(a) V. Murat. an. 829, e Capitolare di Lotario Imp. nel Rer. It. tom. II, p. 1.

(b) Ed. Min. tom. V, p. 50.

raccolta di riboboli fiorentini. Ebbe quindi l'uffizio, detto già di Notario, allora Dittatore, e più tardi, ai tempi di Machiavello che pur l'ebbe, Segretario della Repubblica Fiorentina; e quello di Sindaco per essa nell'anno 1284, che allora voleva dir deputato a qualche commissione particolare. Morì l' anno 1294 (a); Giovanni Villani lo dice << uom di gran senno, grande filosofo, sommo maestro «< in rettorica, tanto in ben saper dire, quanto in ben dit» tare... E fu dittatore del nostro Comune, ma fu mon» dano uomo. E di lui avemo fatta menzione, perchè fu >> cominciatore e maestro in digrossare i Fiorentini, e >> farli scorti in bene parlare e in sapere giudicare e reg» gere la nostra Repubblica secondo la politica » (b). Vedesi in tutto, che fu il maggior uomo di lettere della generazione sua in Firenze. Ma qual differenza tra esso e il maggiore della seguente! È tanta, che la vera gloria del primo è oggi l'aver avuto il secondo per iscolaro.

Ma oltre alle sette arti, complesso dello scibile per più secoli, ed oltre alle scuole di esse, erasi da 150 anni incirca salito a scienze ulteriori,ed a quelle scuole raccolte, che allora si dissero studi, ed ora diconsi università. Il primo di tali studi in Italia fu senza dubbio in Bologna, e sorse a poco a poco, come pure, intorno ad Irnerio; il quale verso il principio del secolo XII incominciò a insegnarvi le leggi, non più su' breviari fatti ed usati durante la barbarie, ma sulle opere e le raccolte Giustinianee nuovamente disotterrate qua e là.Ad Irnerio succedettero nel medesimo insegnamento altri giureconsulti; e principalmente quei quattro, Bulgaro, Martino, Jacopo ed Ugo, che alla famosa dieta di Roncaglia tenuta da Federigo Barbarossa sedettero con lui, e per lui, contro le pretensioni delle regalie, perdute così in giurisprudenza, vinte poi

(a) Tirab. IV., 483 e seg.; Ginguenė, tom. 1, pag. 215 e seg. (b) Rer. It. XIII, pp. 204,352.

colle armi dai Comuni. Nè Bologna stessa e il suo studio furono costanti sempre nella giurisprudenza e nella parte Imperiale. Ma volgendosi come le altre città ora a questa ora a quella parte, lo studio fu ora protetto, ora fatto chiudere, or dagli Imperadori, or dai Papi; i quali si disputavano, non meno che l'altre, la giurisdizione degli studi.E da queste chiusure e questi trasporti dello studio di Bologna in altre città, vennero, come credesi, tutti gli altri più antichi in Italia, quelli di Padova e di Napoli principalmente,che ne figliarono altri al medesimo modo; ondechè a ragione fu detta Bologna Mater studiorum.Appena nati questi altri studi cercavano d' emulare quello di Bologna, e si toglievano i maestri e gli scolari, accrescendo a vicenda stipendi e privilegi. Sono curiose a vedere queste lotte, e l' uso (ridotto ora a Germania) delle lezioni private aggiunte alle pubbliche, da' maestri che ne arricchivano. Trovo recate dal grave Tiraboschi le parole con che Odofredo terminava un suo corso di Digesto; e sono in latino così grosso, che non occorre tradurlo : Et dico vobis, quod in anno sequenti intendo docere ordinarie, bene et legaliter, sicut unquam feci. Non credo legere extraordinarie, quia scholares non sunt boni pagatores; quia volunt scire, sed nolunt solvere, juxta illud: Scire volunt omnes, mercedem solvere nemo. Nan habeo vobis plura dicere; eatis cum benedictione Domini (a). Ma a malgrado di siffatte lagnanze e degli sforzi delle altre città, lo studio di Bologna raccoglieva dieci mila scolari d'ogni nazione, al tempo del medesimo Odofredo verso il principio del secolo XIII; nè è ragione di credere, che ne avesse meno al tempo non molto lontano di Dante. Ne erano d'Italiani e stranieri; e vi studiavano non solo la ragione civile, ma pur la canonica, e la teologia forse, benchè non con tanta lode come a Parigi, e certo la filosofia morale e naturale.

(a) Tirab. iv, 34.

[blocks in formation]

Ora, di queste scienze universitarie che allora insegnavansi agli studi, pare che l'ultima sola, la filosofia naturale e morale, già da Dante incominciata sotto Brunetto Latini, fosse poi da lui studiata a Bologna ed a Padova. Che facesse un viaggio tra gli anni dell' adolescenza e della gioventù, già lo vedemmo rammentato da lui stesso nella >> storia de' suoi amori (a). Boccaccio poi ci dice, che egli » i primi inizi prese nella propria patria; e di quella, sic>> come a luogo più fertile di tal cibo, se n'andò a Bolo» gna» (b); e Benvenuto da Imola che «in verde età vacò » alla filosofia naturale in Firenze, Bologna e Padova» (c). Altri commentatori e biografi v' aggiunsero altri viaggi ed altri studi; ma questi scrittori già discosti scambiarono certo tra' viaggi a studio, e quelli fatti poi da Dante nell'ambascerie e nell'esilio; duranti i quali bensì egli sempre continuò ad aggiugnere all' imparato. Adunque le sette arti e le due filosofie, sono le sole scienze che constino imparate da Dante nella sua educazione; quelle, in Firenze sotto Brunetto Latini; queste, parte al medesimo modo, parte ai due studi di Bologna e Padova. Si fa poi da taluni una grave disputa se Dante sapesse o no di Greco; trovandosi non poche parole di tal lingua introdotte con qualche affettazione nella Commedia (d).Certo dunque ei sapeva quelle; nè dell' altre importa molto, rispetto a

(a) Vedi al capo III della presente opera.

(b) Boccacc. Vita, p. 15.

(c) Antiq. It. tom. I, pp. 1036, 1135. (d) Pelli, p. 85; Tirab. v, 491.

tante altre quistioni intorno a lui, a Firenze e a tutta Italia che occorrono necessariamente nella vita di lui. Facciano i dotti d'ogni scienza le illustrazioni speciali della dottrina di Dante in ciascuna di esse. Ma basti a noi, se non sia soverchia, la specialità della storia.

CAPO VI.

L'ANNO 1289, UGOLINO, CARLO MARTELLO DI NAPOLI, LA BATTAGLIA DI CAMPALDINO, LA PRESA DI CAPRONA, FRANCESCA.

(1289),

109 Le donne, i cavalier, gli affanni e gli agi
Che ne 'nvogliava amore e cortesia.

PURG. XIV.

Adunque, in questi studi severi proseguiti nelle scuole più famose d'Italia, in quegli altri tutto geniali della sorgente poesia tra i compagni e le socievoli brigate, nella sua, rispetto all'altre, tranquilla e lieta città, e con in cuore quel gentile amore che fu sempre il primo de' suoi pensieri e non gli dava per anco se non dolcissimi affanni, traeva Dante gli anni suoi giovanili. « Con tutto che di » grandissima ricchezza non fosse, nientedimeno non fu » povero; ma ebbe patrimonio mediocre, e sufficiente al >> vivere onoratamente... Case in Firenze ebbe assai decen» ti, congiunte con le case di Gieri di Messer Bello suo >> consorte; possessioni in Camerata, e nella Piacentina, e >> in piano di Ripoli; suppellettile abbondante e prezio»sa, secondo egli scrive. Fu uomo molto pulito, di statu»ra decente, e di grato aspetto, e pieno di gravità; par

« ÖncekiDevam »