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Giunse quel, mal voler, che pur mal chiede, (a)
Con lo 'ntelletto, e mosse 'l fumo e 'l vento

Per la virtù che sua natura diede.
Indi la valle, come 'l dì fu spento,

Da Pratomagno al gran giogo coperse
Di nebbia, e 'l ciel di sopra fece intento
Si che 'l pregno aere in acqua si converse,
La pioggia cadde, e ai fossati venne

Di lei, ciò che la terra non sofferse;
E come ai rivi grandi si convenne,

Ver lo fiume real, tanto veloce

Si ruinò, che nulla la ritenne.
Lo corpo mio gelato in su la foce

Trovò l'Archian rubesto, e quel sospinse
Nell' Arno, e sciolse al mio petto la croce
Ch' io fei di me (b) quando 'l dolor mi vinse;
Voltommi per le coste, e per lo fondo;
Poi di sua preda mi coperse e cinse.
PURG. V.

Tornati i Fiorentini a casa, secondo la condizione di quei tempi, che non concedevano guari di profittare della vittoria, si rivolsero in agosto del medesimo anno insieme co' Lucchesi, e con tutta la taglia o lega de' Guelfi di Toscana contro a Pisa. Erano 400 cavalli e 2000 pedoni; guastarono le terre; furono fino alle mura della città; fecervi correr un pallio il dì di s. Regolo festa de' Lucchesi; e stativi 25 dì, si ritrassero poi assalendo e prendendo, solo frutto dell'impresa, il castello di Caprona (c).E Dante fu a ciò pure; e rammenta l'uscita del presidio vinto e sbigottito tra' vincitori, in quel luogo dell' Inferno dove trovandosi egli in mezzo ai demoni, e di essi temendo, aggiugne:

(a) Colla virgola aggiunta dopo quel, così inteso per quegli cioè il demonio, parmi si faccia chiaro questo passo, che è uno de'disputati tra' chiosatori.

(b) Componendo le braccia in croce sul petto.-Ogni verso è immagine.

(c) G. Villani p. 333.

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E così vid'io già temer li fanti
Ch'uscivan patteggiati di Caprona

Veggendo sè tra nemici cotanti (a).

INF. XXI.

Nè questi furono forse i soli versi ispirati a Dante da quell'impresa di tutti i vicini Toscani contra Pisa fumante ancor del sangue de' Gherardeschi.Già fu osservato da altri (b); tutto il canto di Ugolino sembra quasi un canto di guerra, ed è certo d' imprecazioni contro a quella città, concepito o durante quell'impresa contra essa, o per isdegno al vedervi ir lenti e contentarvisi di sì poco frutto i collegati Toscani. Ma o non fu scritto allora, o il fu in altra lingua ed altra forma. Ragunavansi neli' animo giovanile i soggetti di poesia; ma vi rimasero taciti probabilmente allora ed a lungo, per uscirne poi tanto più fortemente espressi. E pochi mesi dopo la morte d' Ugolino, pochi giorni dopo la presa di Caprona, gli fu dato il secondo dei due temi rimasti più popolari fra quanti ei ne cantò poi.

Nell' oste fiorentina, all'impresa contro Arezzo, e così forse anche a quella che seguì immediatamente contra Pisa, era Bernardino da Polenta, cognito così certamente a Dante (c). Bernardino era figliuolo di Guido da Polenta

(a) Chi voglia veder ana interpretazione imbrogliata per trascuranza di ricerche storiche, vegga il commento del Landino ai versi presenti. L' Editore della Minerva corregge stil Landino col Ventura; ma perchè correggerlo? Meglio era non metterlo.-Non è a dire quanto si accorcerebbero i commenti, se invece di combattere si scartassero gli errori evidenti; se invece di voler far pompa di fatica e d'erudizione,si ponesse solo ciò che può giovare e piacere ai leggitori; se in somma a questi, anzichè a sè, si pensasse.

(b) Veltro Alleg.

(c) Veltro p. 32, dove Bernardino è detto Capitano de' Pistoiesi. Che se così fu, ei dovette partecipare al comando di questi, che gli Storici Fiorentini danno tutto a messer Corso Donati Podestà.

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cittadino principale, signore o tiranno di Ravenna. E figliuola pure a Guido, sorella a Bernardino era la gentile Francesca, data dodici anni prima in isposa a Giovanni figliuol primogenito di Malatesta da Verrucchio, un potente signor Guelfo già vicario di re Carlo a Firenze, e allora podestà di Rimini. Ma Giovanni era di que'giovani più buoni tra uomini che tra donne; ardito ed attivo in quelle parti e quelle ambizioni, onde speravasi succedesse alla potenza paterna; ma zoppo, mal concio e mal curante della persona, onde chiamato Giovanni lo zoppo, GianCiotto, e Giovanni lo Sciancato, sembra che mai non piacesse alla fanciulla. A farlo piacere anche meno s'aggiungeva l'aver esso un fratello, chiamato Paolo, giovane, dice Benvenuto, « bello della persona e pulito, e più dato >> all'ozio che alla fatica »; tutto l'opposto come si vede del fratello. Presersi quindi d' amore i due cognati, e do. po, o forse anche prima delle nozze; trovandosi narrato dal Boccaccio, essere stato mandato il bel Paolo invece dello sciancato Giovanni a corteggiar Francesca novizza, ed ignara dello scambio fino al mattino dopo le nozze compiute (a). Ad ogni modo, moglie ora da dodici anni, madre già di un figliuolo perduto, e di una figlia sopravvivente, era Francesca nel 1289 col marito Gian-Ciotto,e il bel cognato, e lo suocero da due anni cacciati tutti da Rimini a Pesaro.Ed ivi,aiutata dagli ozi dell'esilio, o incominciava o continuava la dimestichezza de'due cognati,che Boccaccio sembra voler iscusare dall' ultimo fallo. Ma rinchiusi insieme una volta, furono traditi da un servo, che condusse a spiarli il marito. Il quale,sforzato l'uscio,e insieme trovandoli, insieme gli ammazzò (addì 4 settembre 1289). Ed insieme poscia, restituiti in Rimini i Malatesta, furono i due corpi là riportati, insieme sepolti, insieme due secoli dopo ritrovati, intere ancora le loro seriche

(b) Ed. Min. t. 1, p. 125,

vesti; e insieme cantati e immortalati da Dante. Per la medesima ragione poi che di Ugolino, non metteremo qui il canto di Francesca pur saputo in cuore da tutti. Ně guasteremo le poetiche incertezze, le mezz' ombre ivi lasciate da Dante, o colla narrazione minuta (sia storia o novella) del Boccaccio; o colle discussioni di esso e d'altrui intorno alla colpa dei due amanti; nè anche meno colle dispute cronologiche troncate dal diligente e pur elegante autor del Veltro. « Ed ecco » dice questi « in sei >> soli mesi la sorte offerì a Dante il doppio argomento, » su cui poggia sì alto il pregio dell'italica lingua, e pres>> so tutte le nazioni suonano Ugolino e Francesca » (a). Ma la sorte gli offerì altre volte altri argomenti non minori forse che questi due; onde si vuol aggiugnere, che più apparecchiato fosse allor l'animo di Dante a riceverne profonde impressioni od anzi che le impressioni allora ricevute si facessero tanto più vive per quelle che seguirono. Chè se i grandi eventi della vita tolgono talora la memoria dei più discosti, così avvivano quella de' più vicini. E già pendeva su Dante la grande sventura della vita sua.

(a) Veltro p. 33.-Ed. Min. tom. 1, p. 127.-E si vegga Teofilo Betti, Memorie inedite per la Storia Pesarese.

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CAPO VII.

MORTE DI BEATRICE, LA VITA NUOVA, LA SECONDA IDEA DEL POEMA, GLI STUDI TEOLOGICI.

(ANNI 1290-1293)

E perchè mi ricordo che parlai
Della mia donna mentre che vivea,
Donne gentili, volentieri con vui,
Non vuo' parlare altrui

Se non a cor gentil che 'n donna sia.
VITA NUOVA, p. 57.

L'ultimo giorno dell' anno narrato 1289 morì Folco Portinari padre di Beatrice (a). « E conciossiachè » dice Dante << niuna sia così intima amistà come di buon padre » a buon figliuolo, e di buon figliuolo a buon padre, e » questa donna fosse in altissimo grado di bontade, e lo » suo padre (siccome da molti si crede e vero è) fosse buo>>no in alto grado, manifesto è che questa donna fosse >> amarissimamente piena di dolore » (b). Narra egli quindi il pianger di lei duramente e pietosamente tra le donne adunatele intorno, secondo l'usanza, e il proprio aspet tare e interrogare quelle donne, e il pianger suo del dolore di lei, e le poesie ch' ei fece su questo. Passati pochi dì, s'infermò egli gravemente, e il proprio pericolo lo fece pensieroso non di sè ma della sua donna. Nel nono » giorno sentendomi dolore intollerabile, giunsemi un » pensiero, il quale era della mia donna. E quando ebbi >> pensato alquanto di lei, io ritornai alla mia deboletta » vita, e veggendo come leggero era il suo durare, anco

(a) Pelli p. 74, nota 18.

(b) Vita nuova p. 36.

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