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» morte della sua donna ai 9 giugno del 1290, e ai numeri » che vi trova, e alla lettera latina, ch' egli ne scrive sul te"sto citato di Geremia ai principi della terra; e poi a'molti " versi che fa tra il suo dolore e il disegnar figure d'angeli, " e di nuovo poetare nel giorno dell' annovale di lei... »

Nulla poi io dovrei dire del modo strano e inusitato, con cui il Rossetti fassi a provare l'esistenza degli arcani o settarii vocaboli ascosi da Dante ne' versi del suo Poema, perocchè non della Commedia, ma sì della Vita Nuova io intendo qui far discorso; pure non posso a meno di porre sotto gli occhi del lettore soli due tratti; il primo indicante il modo, con cui il poeta ha celato il nome di Arrigo, il secondo quello, con cui ha nascosto il nome del papa: Dante (dice il no» vello interprete)' s'è valuto molte volte di tal mezzo (del » mezzo che si usa negli acrostici e ne' logogrifi) per presen"tarci netto netto il nome dell' imperatore Enrico od Arrigo... » L'ombra d' Argo, che Dante nomina nell' ultimo canto del Paradiso, è l'ombra d' ARriGO. E quest' ombra appunto "manderà una voce dal cielo come di cuor che si rammarca, » la quale dirà alla Chiesa corrotta: O navicella mia, com' "mal se' carca! E se volete saper per sicuro chi è che grida così, non avete a far altro che trascrivere quel verso coi » due seguenti, e guardare alle parole finali; eccoli:

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O navicella mia, com' mal se' CARca!

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Tr' ambo le ruote, e vidi uscirne un draGO.

Quel solenne dialogo fra Dante e Beatrice (Purg., can" to XXXI), nel quale madonna accusa l'amante di essersi » tolto a lei e dato altrui; quella terzina:

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" e il paragone che immediatamente vien dopo..... c' invitano " a ricercare chi è cotesta Beatrice. Or raccomandiamoci a » santa Lucia, esaminiamo quella similitudine, e vedremo qual'è mai quella parola mal compiuta per paura:

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Dunque la voce allentò l'ultima sillaba GO, talchè pro» nunziata con men foga divenne CO. E si sappia che io non avrei mai pensato a farne ricerca, se non me lo avesse » avvertito Dante medesimo in un certo luogo della Vita "Nuova. Ben ci ha servito la vista, o messere, a riconoscere colei, che tu denominasti la gloriosa donna della tua mente, la quale fu chiamata da molti Beatrice, i quali non sa"peano che si chiamare. Basti per ora riguardo ad un tal » nome: gli altri esempii li ammucchierò a luogo più oppor» tuno. Nè io gl' indicherò: Dante che mi ha svelato ove son questi, Dante ci additerà pure ove son li altri. Povero » poeta! ti sei tanto affaticato a lavorare quella chiave ingegnosissima, sperando che si troverebbe finalmente un' anima » possente, che ne scoprisse l'uso, ma lo sperasti invano per cinque secoli. Essa è corsa per cento mani, e nessuno ha "saputo che farsene! Ma la formasti di sì complicato ma" gistero, che s'io qui cessassi, nessuno forse potrebbe seguire a volgerla per trarne le maraviglie che chiudesti! Mi » si perdoni questa vanità!

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"Siccome nostro Signore fu ravvisato in alcune figure simboliche, quali sono l'arca di confederazione, l'arco di pace ec., " così Dante ci offrì in figura nell' ARCO SESTO delle bolgie infernali, ARriCO SESTO, dicendo: Tutto spezzato al fondo è l'arco sesto. E ad allontanare ogni dubbio sulla giustezza di questa interpretazione, mostrerò che quella frase giace tutto spezzato al fondo è uno de' soliti cenni, il » quale ne avvisa che il resto del nome giace al fondo della prima sillaba, ma tutto spezzato. Vedetelo:

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» Il Poeta descrivendo la bocca della voragine, da cui " usciva orrendo fetore, disse ch' era formata da alcune pietre rotte, e tosto col suo solito giochetto di sillabe indicò che significassero figuratamente pietre e pietra:

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E temendo che il suo lavoro di tarsia, essendo fuori di similitudine, non fosse bene scorto, pose lì presso il nome » del PAPA in faccia ad una pietra. Così nel Canto primo, » dove si parla della Lupa, ne' due emistichii quinarii dei " v. 48 e 49, è scritto:

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Or quale giudicio, quale confutazione farò io d'interpetrazioni sì fatte, per le quali fra le altre stupende cose apprendiamo, che la Vita Nuova, scritta da Dante nel 1291, parla non della morte di Beatrice, ma della morte d'Arrigo, avvenuta ventidue anni dopochè il libro era scritto? Non andrebb' egli perduto qualunque discorso io mi studiassi tenervi sopra, sia che parlassi a persona, che già di per sè n' avesse veduta la ridicolezza, sia che volessi far ricredere chi dalla parte del Rossetti pertinacemente si stesse? Il sole è lucido: chi lo vuol credere opaco, sel creda. E dappoichè il Rossetti implora dal pubblico il perdono della sua vanità di chiamarsi il primo scuopritore di tali arcani sensi di Dante, io sono il primo di buon grado a concederglielo, e ad esclamar secolui Povero Poeta! pur con lui conchiudendo: Quanti altri artifizii (del parlare enimmatico) vi sarann' eglino (secondo un simil sistema) negli scritti di que' socii di setta, senza contar quelli che il Rossetti v' ha già discoverti! Nè solo mosaici di sillabe illusorie, ma pur anco anagrammi ed acrostici bizzarri esser vi deggiono!

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Lasciamo finalmente il fortunato interpetre napoletano

1 Vol. II, pag. 529. 2 Vol. II, pag. 523. 3 Vol. II, pag. 394. Il dottor Alessandro Torri nella sua edizione della Vita Nuova (Livorno 1843), quantunque non voglia pronunziar sentenza sul sistema allegorico del Rossetti, pure propone i seguenti suoi dubbii, provenienti, siccom' ei dice, da difetto di convinzione:

« 1° Come la Beatrice della Vita Nuova, supposto che Dante abbia in essa simboleggiato la filosofia, sia stata posta dall' altissimo sire nella città di Firenze, e non anche altrove? — § VI.

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» 2o Chi si fosse l'altra scienza compagna della filosofia, la quale poi mori?-§ VIII.

» 3o Come possa intendersi che il padre della filosofia, l'imperator dell' universo (così nel Convito) sia uscito di vita, § XXII, lasciando in pianto la bellissima figlia, a consolazion della quale Dante compose i sonetti X e XI?

» 4° In qual modo si spiegherebbe avvenuta propriamente sulla fine del secolo XIII (1290) la morte della filosofia? — § XXXIX.

» 5o Come può essere che in Beatrice fosse personificata la filosofia,

scuopritore di nuovi mondi, e torniamo al Biscioni, del quale ora vo' porre in vista alcune maliziette, ed alcune false e vane interpetrazioni, onde sempre più s' apprenda in qual conto tener si debbano i trovati ingegnosi di chi, per voglia di novità, s'è allontanato dalle vie del semplice e del vero. Io ho detto più sopra che la Vita Nuova fu scritta da Dante nel ventesimosesto, o al più ventesimosettimo anno dell' età sua. Il Biscioni peraltro pretende provare che fu scritta nell'anno ventesimoquarto; nè ciò è senza molta malizia; poichè se fosse così, Dante avrebbe narrato la morte della sua amata innanzi che la Portinari morisse, e così vero sembrerebbe quello che il Biscioni opina, vale a dire che la Beatrice, di cui nella Vita Nuova si tien discorso, non sia la più volte nominata figlia di Folco. Asserisce il Boccaccio che Dante compose quella prima operetta nel suo anno ventesimosesto, duranti ancora le lacrime per la morta Beatrice; 1 ed il Villani aveva già detto che la compose nella sua giovanezza. A tutto questo s' aggiunga quanto Dante medesimo intorno a ciò manifesta, 3 cioè che quando scrisse la Vita Nuova non avea fatto studii di scienze, e che ad essi non si diede che un anno e più dopo la morte della sua donna (la quale mancò ai vivi il 9 giugno del 1290, secondo che abbiamo da lui medesimo, non che dal suo primo biografo, il già citato Boccaccio), ed avremo un' altra sicura conferma dell'error del Biscioni: poichè se un anno o due aggiungeremo

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mentre questa scienza non è da supporsi nata, vissuta (pochi anni) e morta esclusivamente in Firenze, com'è detto nel § XLI?

» 6° Se, come sostiene il Rossetti, Beatrice fosse mancata a' vivi nel 1281, avrebbe avuto soli 15 anni; il che sta in contradizione con quello che dice Dante, § II, cioè, che fu da lei salutato nove anni dopo che l'avea veduta la prima volta in età novenne, e in conseguenza quando contava diciotto anni d' età (vedi anche § III): oltredichè tanto egli, § XXX, che il Boccaccio, Comento ec., chiaramente affermano avvenuta nel 1290 la morte di Beatrice. Ma sopra queste, direi quasi, interpellanze, si attenderanno dal Rossetti gli opportuni schiarimenti; e frattanto mi sia lecito di riflettere, che se il linguaggio della Vita Nuova dovesse riguardarsi come un gergo di setta e un frasario convenzionale, si renderebbe affatto nullo l'interesse, che ora ispira ogni pagina di questo scritto così affettuoso; e l'autore sembrerebbe aver voluto prendersi giuoco della sensibilità de' lettori, che in buona fede lo avessero seguito nella esposizione storica delle sue giovanili avventure, senza pensare d'essere ingannati, e costretti anzi ad intendere in ogni parola e in ogni frase una mistica allusione, un segreto politico o religioso. »

1 Nella Vita di Dante, parte II.

2 Lib. IX, cap. 136.

3 Ne ho citati i passi più sopra.

al 1290, avremo che l' Alighieri, nato nel maggio 1265, scriveva il libretto in questione nel ventesimosesto o ventesimosettimo anno dell' età sua. E questo per altre indagini, non infeconde di resultati, sarà opportuno ch' io mi dilunghi alquanto nel dimostrare.

Il concetto di Dante nel comporre le tre sue opere (la Vita Nuova, il Convito e la Divina Commedia), ridicolosamente opina il Biscioni essere stato quello di far sì che fossero corrispondenti alle tre principali etadi dell' uomo, che cioè la Vita Nuova corrispondesse all' adolescenza, il Convito alla gioventù, la Commedia alla vecchiezza, e come tali dovessero dimostrare le qualità proprie di quelle. Tutto questo, secondo il Biscioni, desumesi da ciò che Dante dice nel Tratt. I, cap. I, del Convito con queste parole: Quella (la Vita Nuova) fervida e passionata, questa (il Convito) temperata e virile essere si conviene. Che altro si conviene e dire e operare ad un' etade che ad altra, perchè certi costumi sono idonei e laudabili ad una etade, che sono sconci e biasimevoli ad altra, siccome di sotto nel quarto Trattato sarà propria ragione mostrata. Ed io in quella dinanzi (nella Vita Nuova), all entrata di mia gioventute parlai, e in questa dipoi (nel Convito), quella già trapassata. E di fatti in quel quarto Trattato al cap. XXIV si veggiono indicati i termini di quelle età, nelle quali Dante divide la vita umana; l'adolescenza, che dura per insino al venticinquesimo anno; la gioventù, dal venticinquesimo al quarantesimoquinto; la vecchiezza, dal quarantesimoquinto fino al settantesimo; e la senettù, da questo per infino alla morte. « Sicchè, dice il Biscioni (e qui, » per confutarlo, convienmi riportare le sue stesse parole), si può con tutta ragione conchiudere che la Vita Nuova sia " stata ad arte dall' autore composta sotto sembianza di gio, vanili concetti, ma che però in sustanza essa sia di virili pensieri tutta quanta ripiena. Da questa costituzione di » tempi, che non a caso è stata stabilita da Dante, si viene a scuoprire un anacronismo del Boccaccio. Egli vuole che » il nostro autore componesse la Vita Nuova nel suo anno " ventesimosesto; e Dante medesimo afferma, che ciò fu ‘di» nanzi all' entrata di sua gioventute, cioè avanti il venticinquesimo, che al più sarà stato l'anno ventiquattresimo. Ol» tre a ciò, il Boccaccio afferma che la Bice Portinari aveva quasi un anno meno di Dante, e che ella morì di venti» quattro anni; e Dante stesso nella Vita Nuova racconta la » morte della sua Beatrice, ed anco l'anniversario, o, come egli dice, l'annovale di lei, con molte altre cose dopo quel

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1 Pag. XXIV.

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