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videnza, o la sua prescienza, come facevano gli Epicurei.

Passiamo ora a spiegare il senso dei cinque Canoni suddetti.

I primi quattro Canoni si rapportano al primo paragrafo, e condannano gli errori che si oppongono alle verità in esso stabilite. Il primo di essi condanna l'ateismo antico e moderno sotto tutte le forme, ossia ogni dottrina che nega l'esistenza di un solo Dio creatore. Rimane dunque colpita dall'anatema, ossia dalla scommunica, la dottrina di coloro, i quali 1.o negano formalmente l'esistenza di un Dio; 2.o o che ammettono più Dei; 3.o o che negano un Dio vero e personale, applicando questo nome santissimo vuoi all'idea che noi ci formiamo di un Dio, vuoi al sentimento del bello e del buono, vuoi finalmente a qualunque altra modalità dell'anima umana. Quest'ultima forma di ateismo è moderna, e si trova segnatamente negli scritti di Fichte, Taine, Littré, Vackerot, Renan e altri. Questo è un ateismo più pericoloso dell'antico, perchè ha le apparenze della verità, e viene dai detti autori esposto sotto le forme le più seducenti. Or il Concilio con questo Canone premunisce i Cattolici contro i nuovi difensori di queste false divinità, insegnando che non vi è altro Dio vero e vivo fuorchè il Creatore e padrone di tutte le cose visibili ed invisibili. Si quis unum verum Deum visibilium et invisibilium Creatorem ac Dominum negaverit, anathema sit.

Il secondo Canone fulmina l'anatema contro i materialisti: Si quis praeter materiam nihil esse, affirmare

non erubuerit, anathema sit. Sotto questo nome il Concilio comprende non solo coloro i quali non ammettono altro nel mondo fuorchè la materia o i corpi, ma anche coloro i quali rapportano tutto ad una forza unica, le cui modificazioni, secondo essi, producono talvolta i corpi, e tal altra i modi del nostro essere, che volgarmente si chiamano idee o sentimenti (1). Questo canone infatti condannando tutti coloro i quali nel mondo non ammettono altra cosa fuorchè la materia, ne segue necessariamente che per non incorrere in questo anatema, bisogna riconoscere l'esistenza di un altra sostanza diversa dalla materia.

Il terzo Canone colpisce di anatema direttamente il panteismo che in Teodicea si può dire l'errore moderno

1. Con questo canone rimane condannata la dottrina esposta con ammirabile sussiego nel libro del Sig. Buchner intitolato; Forza e materia, libro che si può chiamare il catechismo materialista per eccellenzu, e che infelicemente ha tanta voga in Alemagna, in Francia, in Inghilterra e nella nostra Italia; libro che pretende di aver distrutta la sintesi spiritualista edificata dalla religione e dalla vera filosofia; ma che all'occhio del vero ragionatore è un libro completamente nullo, e di cui potrebbe meglio dirsi che contiene la sintesi del nulla, tanto pel suo valore logico, quanto pel suo contenuto oggettivo. Avvegnachè non sia che il tentativo di risolvere colle sole facoltà dell'osservazione e dello sperimento quei problemi che per tutti i secoli hanno costituito il compito proprio della ragione speculatrice e dello spirito umano in quanto agisce puramente e assolutamente come spirito senza dipendenza del senso. L'osservazione poi di cui vi si mena scalpore, non è quella profonda ed esatta, che nulla lascia a desiderare; ma quella superficiale e sofistica, la quale si studia di coprire i proprii difetti col tuono alto e grave della scienza. Eppure è in tanta voga presso i moderni filosofanti! Il che non dimostra, se non l'abbassamento intellettuale e morale in cui son caduti coloro che, a somiglianza de' filosofi del paganesimo, di cui parla s. Paolo nel I. Capo della lettera ai Romani, dicentes se esse pientes, stulti facti sunt!

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eccellenza: Si quis dixerit unam eamdemque esse Dei et rerum omnium substantiam, vel essentiam, anathema sit. I vocaboli di sostanza e di essenza nell'uso di parlare della Chiesa suonano lo stesso: non così tra i Panteisti; difatti il Panteismo sostanziale è del sistema di Schelling; in quello di Hegel è essenziale, come in quello di Spinoza è materiale. Questo canone attacca il Panteismo nella sua radice, col condannare la dottrina di coloro i quali ammettono l'identità numerica della sostanza di Dio e della sostanza degli altri esseri, ossia che sostengono che la sostanza e l'essenza di Dio e di tutti gli altri esseri siano una sola e medesima cosa, o finalmente che tutto sia Dio, donde la parola panteismo (ra, omne; ios, Dio). Imperciocchè quando si ammette la moltiplicità numerica delle sostanze, il panteismo non è più possibile. Ma che cosa s'intende per sostanza? Questa parola, come giustamente affermano i metafisici, è più facile a comprendersi che a definirsi. La sostanza è il fondo dell'essere, ciò che esiste in sè, ciò che nelle cose finite viene modificato dagli accidenti e dalle forme che non esistono in se stesse, ma nel sostrato, substratum, a cui sono come attaccate ed unite. Posta questa spiegazione, è evidente che ammettere una sostanza unica è lo stesso che ammettere un essere unico, di cui tutto quello che conosciamo non è che una modificazione infinitamente moltiplicata. Questa infatti è la conseguenza che i panteisti hanno tirata dal loro principio, e che si trova condannata nel seguente

Canone IV, il quale è composto di tre proposizioni, e

condanna le tre principali forme del panteismo. La prima forma del panteismo, che vien condannata colla prima proposizione del Canone, si quis dixerit, res finitas, tum corporeas, tum spirituales, aut saltem spirituales, e divina substantia emanasse, insegna che gli esseri finiti sono emanazioni di Dio, vale a dire sono parti distaccate dalla sostanza di Dio, e che formano nel tempo esseri distinti da lui e finiti. Questo è l'errore particolare degl' Indiani, secondo i quali tutto emana da Brahma e ritorna in Brahma; solo Brahma è una realtà, e gli altri esseri non sono che vane ed ingannatrici apparenze. Con questa proposizione si condannano anche coloro che distinguendo fra il corpo e l'anima, sostengono che l'anima umana altro non sia che un' emanazione della Divinità non distinta numericamente da Dio, ma formante una stessa cosa con lui; che era l'errore di molti antichi filosofi, i quali ammettevano un' anima universale del mondo, e questa era la stessa Divinità.

La seconda forma del panteismo, condannata dalla seconda proposizione del Canone, aut divinam essentiam sui manifestatione vel evolutione fieri omnia, insegna che la divina essenza forma tutte le cose mediante la sua propria manifestazione od evoluzione. Questo era anche l'errore di Plotino e degli altri neo-platonici, i quali non ammettevano che una sola sostanza la quale si manifesta per mezzo dei fenomeni esteriori; fu l' errore di Spinoza, il quale ammetteva del pari una sostanza unica dotata di due attributi, l' estensione cioè che forma i corpi, ed il pensiere che modificandosi forma le anime; è l'errore di Schelling, il quale ammette l'identità

assoluta di tutte le cose, che egli appunto chiama l'indifferenza delle cose differenti, e quindi determina in due stati contrapposti l'ideale dello spirito, ed il reale della natura; è finalmente l'errore di Hegel, il quale pone al principio di tutte le cose l'Idea, i cui sviluppamenti formano successivamente le idee astratte o le più pure possibili, i fenomeni naturali, e finalmente il genere umano che è il solo che ha coscienza della propria esistenza.

La terza proposizione di questo Canone, aut Deum esse ens universale seu indefinitum, quod sese determinando costituat rerum universitatem in genera, species, et individua distinctam, condanna un panteismo mascherato, o una nuova specie d'ateismo assai comune ai giorni nostri, secondo il quale Iddio è l'insieme di tutti gli esseri. Questo errore è la riproduzione delle dottrine degli antichi filosofi Parmenide, e Zenone; ed ai giorni nostri è insegnata da molti filosofi di rinomanza, e particolarmente dalla scuola San-Simoniana, la quale professa che Dio è tutto quello che è; che tutto è in lui, , tutto è da lui, tutto è lui... L'uomo è un Dio, ma non

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è Dio tutto intero, non è l'essere infinito, ma est "Deus in fieri ». Questa falsa dottrina si trova d'altra parte nel fondo di quasi tutti gli scritti dei filosofi moderni, e quelli di Cousin specialmente ne offrono molte traccie visibili; essendo i medesimi molto abili a travestirla con forme seducenti capaci d'ingannare le menti che non sanno diffidare di nulla.

Il quinto ed ultimo Canone si rapporta al secondo paragrafo di questo Capitolo primo. Esso contiene, come

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