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CAPITOLO IV.

DE FIDE ET RATIONE.

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Il quarto ed ultimo Capitolo della presente Costituzione dommatica espone la dottrina cattolica sui rapporti della fede e della ragione, la quale materia i teologi sogliono trattare sotto il titolo de analogia rationis et fidei. I cinque paragrafi che lo compongono, servono di fondamento a tre Canoni, e contengono la dottrina della Chiesa sulla distinzione dei due ordini di conoscenze, sulla natura incomprensibile dei misteri, sull'accordo della ragione e della fede, sull'aiuto che si prestano a vicenda, e finalmente sul senso immutabile delle verità di fede insegnate dalla Chiesa.

La Chiesa cattolica ha sempre creduto, ed il Concilio Vaticano odierno espressamente dichiara esservi due ordini di conoscenze, distinti pel loro principio

Legge. Così l'art. 4. del §. 11. delle Leggi fondamentali dell' Impero d'Austria stabilisce: « Ogni individuo giunto all'età di 14 anni compiti, e senza distinzione di sesso, è libero di scegliere, secondo la sua convinzione personale, quella confessione religiosa che gli piacerà, e dovrà anche, se sarà necessario, esser protetto dall'autorità in questa sua scelta. L'individuo, di cui si tratta, non dovrà però all'epoca della sua scelta essere in uno stato di spirito o di facoltà che escludano la possibilità del libero arbitrio. » E pare che anche nella nostra Italia sia stata fatta una mozione in Parlamento per introdurre una simile funesta legge. Speriamo che il buon senso cattolico non le faccia aver seguito!

pel loro oggetto. Hoc quoque perpetuus Ecclesiae catholicae consensus tenuit et tenet, duplicem esse ordinem cognitionis, non solum principio, sed objecto etiam distinctum. Questi due ordini sono l'ordine delle conoscenze puramente razionali o naturali, e l'ordine delle conoscenze soprannaturali, ossia l'ordine della fede.

Essi si distinguono in prima pel loro principio. Infatti le conoscenze puramente naturali l'uomo le acquista mediante l'uso della ragione lasciata alle sue proprie forze perfezionate dall'opera della Società, nella quale ogni uomo nasce costituito, ope Societatis exculta (come parlano i Teologi e lo stesso Perrone), ma che agisce senz'altro aiuto divino, fuorchè il generale concorso accordato a tutte le creature, principio quidem, quia in altero naturali ratione cognoscimus; ed il motivo formale per cui essa aderisce a queste conoscenze, ossia la regola mediante la quale essa giudica della verità, è l'evidenza o mediata, cioè ottenuta mediante il ragionamento, o immediata, cioè prodotta spontaneamente e senza sforzo alcuno. E questo è il principio del primo ordine di conoscenza.

Il principio del secondo ordine di conoscenza è la fede divina, in altero fide divina cognoscimus. Le conoscenze di quest' ordine vengono all'uomo da una grazia soprannaturale dello Spirito Santo, mediante la quale la sua intelligenza viene fortificata ed illuminata, e la sua volontà inclinata verso la verità. Il mezzo che la sua ragione, in tal modo elevata, impiega per acquistarle, è la rivelazione divina tale quale l'abbiam fatta conoscere nel Capo precedente; ed il

motivo formale, pel quale aderisce a queste verità, è l'autorità infallibile di Dio che le rivela.

Questi due ordini di conoscenza, interamente fra loro distinti pel loro principio, lo sono ancora, almeno in parte, pel loro oggetto. L'oggetto della conoscenza per la ragione è l'insieme delle cose create; l'oggetto poi della conoscenza per la fede sono i misteri nascosti in Dio, i quali, secondo si esprime il Concilio, sono per loro natura al disopra dell'intelletto creato, e non possono essere conosciuti, se non mediante una rivelazione divina: Credenda nobis proponuntur mysteria in Deo abscondita, quae nisi revelata divinitus, innotescere non possunt. Tale è, per esempio, il mistero della SS. Trinità, che la ragione naturale sarebbe incapace anche di sospettare, poichè le creature, coll'aiuto delle quali essa arriva alla conoscenza di un Dio, sono l'opera di Dio che agisce ad extra non come Padre, Figliuolo, e Spirito Santo, ma come una sola natura onnipotente; e non gli forniscono altra idea che quella di un

creatore.

Intanto, come abbiamo altra volta osservato, talune verità, come l'esistenza di Dio, l'immortalità dell'anima, appartengono nel tempo stesso all'ordine della ragione puramente naturale, e all'ordine della fede divina. L'uomo dunque può conoscerle e mediante la scienza e mediante la fede; ma la maniera colla quale le concepisce nell' uno e nell'altro ordine è ben diversa. Per mezzo della scienza egli le riconosce per vere a causa della loro evidenza ; per mezzo della fede le ritiene per tali a causa dell'autorità di Dio che le

rivela. Nell' ordine naturale la sua conoscenza è meno perfetta, e la sua adesione meno ferma; nell' ordine della grazia egli le possiede senza errore, e la sua intelligenza le crede con un energia totalmente divina.

Il Concilio non ha condannato con un canone l'errore contrario alla dottrina contenuta in questo primo paragrafo; ma avendo dichiarato che questa è la dottrina della Chiesa, ne siegue che essa è di fede divina cattolica, e perciò l'errore contrario sarebbe un' eresia. La prop. IV e IX del Sillabo sono appunto la condanna degli errori contrarii a questa dottrina (1).

Alcune verità rivelate sono dunque assolutamente inaccessibili alla ragione, allorchè questa è abbandonata alle sole forze naturali; una essendo supposta la rivelazione esteriore e la grazia interiore della fede, si cerca sapere quale è in questo caso la potenza della ragione relativamente a questi misteri? Il Concilio nel secondo paragrafo stabilisce che colla grazia di Dio, la ragione illuminata dalla fede può acquistare una certa intelligenza dei misteri, ma non può mai comprenderli interamente in quella guisa che comprende le verità dell'ordine naturale: Ratio, fide illustrata... aliquam mysteriorum intelligentiam... assequitur; nunquam tamen idonea

1. Omnes religionis veritates ex nativa humanae rationis vi derivant; hinc ratio est princeps norma qua homo cognitionem omnium cujuscumque generis veritatum assequi possit et debeat. Prop. IV.

Omnia indiscriminatim dogmata religionis christianae sunt objectum naturalis scientiæ seu philosophiæ; et humana ratio historice tantum exculta potest ex suis naturalibus viribus et principiis ad veram de omnibus etiam reconditioribus dogmatibus scientiam pervenire, modo haec dogmata ipsi rationi tanquam objectum proposita fuerint. Prop. IX.

redditur ad ea perspicienda instar veritatum, quae proprium ipsius objectum constituunt. Ed indica tre mezzi per arrivare a tale comprensione incompleta, di cui noi siamo capaci. Primo tra essi è l'analogia, ex eorum, quae naturaliter cognoscit, analogia, che esiste tra le verità naturali e le soprannaturali; così per esempio, la conoscenza dell'uomo in cui noi vediamo due sostanze unite in una sola persona, ci dà una certa idea del mistero della Incarnazione del Verbo, in cui vediamo due nature, la divina e l'umana riunite nella sola persona di Gesù Cristo: Sicut anima rationalis et caro unus est homo, ita Deus et homo unus est Christus: così pure le tre potenze dell' anima umana, memoria, intelletto e volontà, ci aiutano a concepire in qualche modo la trinità delle persone nell' unica natura divina, etc. Il secondo mezzo è la connessione che hanno i misteri di cui la nostra ragione arriva a conoscere le rassomiglianze, le differenze, e le relazioni di dipendenza, e mysteriorum ipsorum nexu inter se; così la pluralità delle Persone divine che conosciamo mediante il mistero della SS. Trinità, ci aiuta a comprendere il mistero della Incarnazione, nel quale la natura divina è unita alla natura umana senza che intanto nè il Padre, nè lo Spirito Santo si siano incarnati; e del pari, la conoscenza della Incarnazione ci serve di un grande aiuto per istudiare il mistero della SS. Trinità. Il terzo mezzo è lo studio dei rapporti che esistono tra il fine dell' uomo e le altre verità rivelate, e mysteriorum ipsorum cum fine hominis ultimo. Infatti, essendo supposto il fine soprannaturale dell' uomo, comprendiamo

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