Sayfadaki görseller
PDF
ePub

e gli stemperati desiderj con l'appagamento affettuoso e quieto. E, infine, tutto ciò rende immagini vere dell'anima umana, cioè verosimiglianza; quantunque sollevate dall' estro in linguaggio poetico, in versi ed in rima.

13. L'esempio, che tolgo dall'architettura, me lo porge la cappella di Torino alla Sindone, vasto edifizio non senz'ardire nè senza maestà, bensì disegno co' vizj del Secento. Mensole di finestre a linea retta e davanzali e architravi rompono la curva di detto edifizio, ch'è una cupola grande; anzi linee rette di più ordini delle finestre sottoposti e framezzati, sicchè tolgono l'unità, e recano alla vista fiero inviluppo. Proprietà di stile rimane offesa da moltiplicità cozzante di segni, che massime in soggetto sublime hanno da comparire semplici molto. Cosi viene offuscata l'evidenza del concetto, giacchè l'inalzarsi d'una cupola deve simboleggiare il sollevamento degli animi a Dio; mentrechè ivi la forza del sollevarsi è trattenuta, dirò così, da ingombro di linee traverse; e ciò toglie armonia. formosa di linee, giacchè impedisce che l'idea d'elevazione prenda immagine adequata; onde altresì la vivezza o il moto del disegno si converte in immutabilità e pesantezza.

14. Se decoro di stile deriva da unione armoniosa di tutte le qualità, che fanno l'ordine perfetto de' segni, dobbiamo in ultimo notare, che perciò la legge di contrapposto e di corrispondenza, o de' simili e de' contrarj, ha da essere nello stile osservata singo

larmente; talchè lo stile medesimo non riesca nelle somiglianze monotono per uniformità, nelle differenze stonato per disformità, ne' contrarj repugnante per contraddizione. L'artista giudizioso e di nobile cuore, ponendo mano all'opera sua, s'accorge ne' segni, piucchè nell' interno concepimento, della misura precisa che bisogna, e di tutto ciò ch'è indecoroso; come talora nel vivere umano certi atti, che astraltamente paiono decenti ad anima onesta e bene allevata, poi nelle pratiche congiunture ci avvediamo che da quegli atti o conviene astenersi o molto temperarli. Fra l' interiore dell' uomo e l'esteriore, fra l' uomo singolo e l'umana società corre si stretto legame, che non possiamo mai con verità piena risguardare l'un ordine di fatti senz' anche l'altro, e dall' unione loro il conoscimento de' fatti risplende non imperfetto; e così accade agli artisti che la convenienza dell'argomento debbono meditare non solo entro di sè, ma vederla poi dal quanto ell' apparisca nelle parole, ne' suoni musicali e nel disegno. Però gli scrittori e i disegnatori o i musici che sono veri artisti, composta la disposizione del l'opera loro, s'accorgono spesso del doverla mutare o correggere in tutto od in parte.

15. Tale, adunque, si è la natura del bello stile nell' arti del Bello, e tale l'abbiam' osservata nascere dall'interno dell' anima, e dar legge ad ogni espressione di bellezza. È lo stile somiglianza perfetta del pensiero; ma ciò risguarda ogni arte. Somiglianza è lo stile di quel pensiero che porge di bellezza vivo apprendimento; ma ciò risguarda ogni arte che del bello

si valga, senza che questo ne sia obbietto immediato e principale. Somiglianza è il bello stile fra l'ordine de' segni ed il pensiero a fine di bellezza; e ciò risguarda lo stile propriamente dell' arte bella. Siccome poi la relazione fra' segni ed il significato interiore non s' effettua materialmente, bensì è posta dall' animo con meditazione volontaria, indi procede la necessità di ben sapere in che consista del bello stile la natura perfetta o la legge. Legge, io dico, d' armonia, perchè ogni ordine procede da relazioni. Guardiamo noi lo stile in relazione con sè medesimo e co' segni? E apparisce l'unità e la proprietà. O guardiamo noi lo stile in relazione con l' idea, col sentimento, e con l' immaginazione? E apparisce l'evidenza, la vivezza, e la formosità. O lo stile guardiamo noi ancora in relazione con gli oggetti? E apparisce la verosimiglianza. Tantochè legge unica si è, che lo stile, con unità e proprietà di segni e con vivezza d'affetto, significhi evidenza, formosità e verosimiglianza di pensiero. Soltanto dall' unione di queste relazioni nasce il decoro; senza cui allo stile fallisce semplicità, convenienza di segni col significato, equazione di verità e di bellezza, o, per dire il tutto, la misura.

16. Bene il Vico insegnava, e credo averne opportunamente ripetuta la sentenza in principio: che cioè il vero si converte col fatto e col generato, perchè l' uomo può avere intima scienza di quanto egli fa, sapendone dentro sè stesso le cagioni. Se all' uomo perciò manchino i fatti ch'egli medesimo cagiona, viene a mancargli la scienza; com' un popolo non ha coscienza viva di libero.

volere, se non l' esercita, o se abbandonasi agl' istinti; onde la libertà interiore negano i sofisti non consapevoli. Similmente se cessa nell' arti la viva generazione del bello stile, la dottrina di ciò che lo stile sia vien pure cessando, perchè l' uomo non sa quello che mai non fa; e soltanto, prima operando per naturale tendenza, e poi per meditazione, la natura si converte in arte e in dottrina dell' arte. Ciò significa quel proverbio: Facendo s'impara a fare; o quel verso: Ut varias usus meditando extunderet artes (Georg., 1, 134). Rétore che male scriva e che lo stile insegni, è un mostro impossibile, perch' egli non può saper' insegnare ciò che internamente ignora; e, come l'acque appresentano la faccia dell'uomo alla faccia, così solamente il cuore dell' uomo appresenta l'uomo all' uomo. E che voglio io concludere? Questo, pur forse contro a me: scienza di stile non aversi senza stile, e che stile non abbiamo se ordine vigoroso d'intelletto e di fantasia non produca ordine di segni, la cui generazione va meditata nell'uomo interiore col testimonio della coscienza. Quindi, opposto ad una Retorica posticcia d'altri tempi e che presumeva di porgere magistero agli scrittori senz' intima e propria efficienza di bello scrivere, sorse oggi un così detto Positivismo che afferma non potersi dare di stile insegnamento alcuno, ma lasciarsi tutto a spontaneità di natura; quasichè l' Alighieri non confessasse averlo appreso dal suo autore, cioè da quel Virgilio che aveva detto medilare la Musa e Febo meditante (Ecl., I e vi). Ma come l'Alighieri volle significare, non già servile discepolato, sì, mercè gli esempj di Virgilio, operosa riflessione su ciò ch'entro

ci spira l'amore e sul modo con ch'egli detta; cosi tal Positivismo nega la possibilità di quest' insegnamento, negando la riflessione o la coscienza, nè può dunque imparare come si generi lo stile nel cuore o come s' operi fuori e come altrui s' insegni.

« ÖncekiDevam »