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danno i segni, ed ecco il divario essenziale. Una piccola figura, o invece una gigantesca molto minore of molto maggiore del vero, non le repuliamo perciò inverosimili, stando la verosimiglianza nell'accennare al pensiero la cosa, piuttostochè nel rifarla; il che torna impossibile all'arte umana. Cosi, quantunque una figura che par moversi, la vediamo immobile, non ci repugna; poichè avvisiamo essere un segno, anzichè realtà. Stranamente quindi un tale, che vedeva un Angelo scolpito e con l'ali aperte sotto l'arco d'una sepoltura, opponeva: Quell'angelo, volando, vi batterà il capo; e a lui si poteva soggiungere: Bisognerà dunque non solo levare l'arco del sepolcro, ma il tetto della chiesa.

15. Or che s'arguisce da questa natura de' segni materiali? S'arguisce, che nel bello stile gli artisti debbono meditare, non la relazione di cose reali a cose reali, ma si la relazione di segni, che le cose significate sieno proprj a far pensare o immaginare con efficacia; e poichè varia è tal relazione secondo varietà d'arti speciali, l'artista giudizioso dee porre a ciò la sua meditazione; se no, con la proprietà de'segni, gli fallisce la bellezza di stile ancora. Cosi, la scultura può bensì fingere in bassorilievo figure sospese in aria o volanti; ma se col rilievo intero si facesse il Cristo risorgente, sorretto da terra in aria per uno svolazzo massiccio di veste, la gravezza del marmo contraddirebbe la rappresentazione. Così ancora, la prospettiva della pittura è più largamente capace di scorci che non il bassorilievo; de' quali non è capace il rilievo intero che dee rispondere alla naturale prospettiva dell'occhio

per naturali grandezze; nè perciò possiamo scusare in un fanciullo del gruppo di Laocoonte una gamba più corta dell'altra. Ed anche, la brutta Parca alata che tocca i polsi al braccio e al piede d'un uomo semigiacente, capolavoro dell' Arte etrusca trovato in Chiusi (è ora a Perugia), troppo apparirebbe sconcia in iscoltura, se, invece d'essere rannicchiata, tutta si vedesse.

16. Dall'unità interiore dunque si genera l'unità dello stile; unità, che nell'arte del dire bello è quasi disegno e musica, nell'arti del disegno è quasi periodo e discorso, nella musica è per armonia quasi solido di scultura, e per melodia superficie di pittura. In tale unità del bello stile apparisce di fuora con moltiplicità di segni la unità razionale; e ciò naturalmente avviene in tutti gli atti esteriori umani, che però chiamerei stile di natura: così, negli occhi d'una madre ch'allatta il suo bambino, nel raggiare di quegli occhi e del sorriso, e nel porgersi a quest' atto la sua persona tutta, si scorge l'anima soave di lei; o così, nel volto d'un soldato che combatte per le leggi del suo paese, nel folgorio de' suoi sguardi, e nel consentire di tutto il suo corpo alla battaglia, risplende l'anima di lui fiera e amante. Per natura l'esteriore unione degli atti palesa la spirituale coscienza; onde le giovinette spose arrossiscono negli occhi altrui del grembo turgido, vergognose agl' indizj del senso, benchè dal matrimonio santificati; e similmente, lo stile vero dell'arte bella è verecondo, perchè manifesta la spirituale unità. Lo stile poi vedemmo per ogni arte del Bello consistere in segni, e da quest' attinenza scaturire la proprietà

A. CONTI. II.

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loro, anzichè dall'altra di cose reali a cose reali; nè stimi perciò conseguire bellezza di stile chi non guardi all'intimo significato della natura umana. Succede nel viver nostro, che gli effetti di più cause unite incliniamo a sperare da una di queste, anzichè dall'unione loro; e così, a recare un esempio fra mille, sogliono gl' infermi desiderare le contrade già liete per essi, sperandovi ritrovare l'antica letizia che nasceva da' luoghi e insieme dalla sanità; e parimente da sola maestria di segni, imitando i capolavori, si lusingano talvolta gli artisti di trarne lo stesso effetto di meraviglia; la quale invece occupa il cuore per proprietà dello stile a significar ciò che sentiamo e operiamo nell' anima profonda.

CAPITOLO XXXVIII.

Armonia dello stile col pensiero.

SOMMARIO.

1. Argomento. 2. In che consiste l'evidenza.

3. Dee rispondere lo stile a integrità del pensiero; -4. e a varietà d'argomenti; - 5. abbracciando l' universalità dell' argomento proprio, — 6. e distinguendolo, per poi bene comporlo. - 7. Mancamento d'arte o di volontà impedisce tal perfezione. - 8. Vivezza di stile, o moto,-9. nell'arte del dire, — 10. nella pittura e scultura, — 11. nell'architettura, — 12. nella musica. -43. Formosità,-14. anche nello stile grande, e nel sublime. 15. Onde procede la deformità? 16. Conclusione.

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1. Dall' ordine del bello stile con sè medesimo si passi all' ordine suo col pensiero; e poichè nelle relazioni con questo i segni prendono evidenza per l'idea, vivezza pel sentimento, formosità per le immagini, ecco la triplice perfezione del bello stile ch' ora bisogna esaminare. Bensi giova ridire a tal rispetto, che bellezza di stile si genera dall' interno; perchè la viva comprensione del significato interiore fa nascere i segni evidenti, vivi e formosi, succedendo nell'arte ciò che nella natura, dove i fenomeni o l'apparenze sensibili mostran sempre l'interno delle potenze naturali. E se l'eruzioni del Vesuvio, i fiumi di lava cupamente

infocati, la caligine che circonda il monte, la sotterranea romba che rintrona per molte miglia in terra ed in mare; se il verdeggiare fiorito di primavera, e l'odore di fecondità diffuso per l'aria, e il moto e il canto e le voci degli animali; se nelle differenti specie de' corpi organati ed animati lo stesso colore, dal bianco de' gigli al vermiglio delle rose, dal bigio de❜lupi al candido delle vitelle o al fulvo de'leoni; se tutto ciò, perchè dall' intimo delle cose vien cagionato, indica il fuoco interno della terra e il risvegliarsi della vita o la varietà dell' organismo e degl' istinti, similmente il bello stile dell' arte significa il pensiero, purchè ne derivi con spontanea e meditata proporzione.

2. Cominciamo dunque dall' evidenza. Questa vuol dire perfetta equazione de' segni con l'idea. Quale idea? L'idea di quel proprio argomento che l'artista vuol trattare; sicchè, intorno al soggetto dell' opera, non rimanga oscurità od equivoco di sorta. Molte poesie, drammi, poemi, liriche, d'autori non antichi, vediamo essere annotate dagli autori stessi, o precedute da lunghe prefazioni, a commentare gl' intendimenti loro; e ciò dimostra, che l'autore senti non aver fatta un'opera chiara da sè medesima. Or che si uniscano (pur dando talora nel troppo) commenti a scritture. antiche, affinchè s' intenda ciò che per antichità resterebbe oscuro, e altresì che si chiosino libri ad utilità de' discenti, questo va bene; ma che scrivendo pe'contemporanei, e per fine di bellezza, sia vi necessità di chiose, questo va male, perchè l'oscurezza viene non da cagioni estrinseche allora, come i tempi remoti o

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