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forme di ragionamento e di gusto; e m'occorrono esempj contemporanei, che accennerò, dacchè li sappiamo per cuore, non per sola erudizione. Intorno all' Assedio di Firenze abbiamo due Romanzi, che gli avvenire pregeranno più o meno quant' a bellezza, ma che non si potranno mai obliare quant' a storia di tempi e d'arte. Ambedue gli autori loro, il Toscano ed il Piemontese, presero dalla schiera illustre degli Storici fiorentini l'argomento, e, a leggere i libri del Varchi, del Nardi, del Segni, del Busini, viveva il Ferruccio negli animi loro, suonava lugubre la campana di Palazzo Vecchio alla morte del capitano in quelle fantasie, Firenze vi· s'agitava tutta, e fervevano con le memorie della libertà perduta i desiderj della libertà rivendicata; e noi da giovani, a leggere que' racconti, c'invasammo nell' anima le stesse memorie e gli stessi desiderj. Pur vedasi divario, nel Romanziere Toscano, desolato allora per mancanza di fede, ogni cosa divien tetra e terribile, tantochè il Mazzini che la Fede in Dio non perdè mai, chiamò si quel libro una battaglia (e battaglia fu), ma notò la desolazione disperata, come notar poteva lo stile, che talora ivi sembra febbricoso: dove il Romanziere Piemontese, ch'all' altro parmi inferiore per lingua e per vigoria d'ingegno, ma disciplinato anche nel gusto come figliuolo di soldato e soldato egli stesso, ci fa sentire, quand' egli descrive la morte di Ferruccio e di Niccolò de' Lapi, la stessa parola, che poi, dopo la sconfitta di Novara, disse ministro: Si ricomincerà daccapo.

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atti morali la morale coscienza, cosi la porge il gusto all' arte bella, ed è il giudizio riflesso sull' attinenza fra l'opera degli artisti e le leggi della bellezza, determinato dai sentimenti e dagli affetti dell' anima. In quel modo che con la percezione sensitiva s'unisce. la sensazione, altresì con l'apprensione intellettiva del bello s'unisce il sentimento, e tornandovi sopra con la riflessione facciamo i giudizj del gusto; talchè, come il gusto de' cibi è un assaporarli pensato, cosi 'l gusto del bello è un pensato assaporarlo, benchè l' un sapore appartengasi al senso corporeo, e l'altro al sentimento spirituale. Onde poi, come il gusto degli alimenti ha ufficio di rendere avvisati sulla lor qualità e sui limiti e viene aiutato in ciò dal senso degli odori; così circa i pregje i limiti d'un lavoro ci avvisa il gusto del bello, e prende aiuto dalla morale coscienza e dal sentimento logico. E poi, come il gusto de' sapori diversifica secondo lo stato di sanità e di malattia, e secondo gli abiti buoni o cattivi; cosi secondo la buona o cattiva educazione o secondo gli abiti varia il gusto intellettuale, perchè la riflessione toglie impulso da tutt' i sentimenti dell' anima umana, piuttostochè solo dall'ordine de' sentimenti logici, estetici e morali.

16. Nondimeno, dalle malattie del gusto, appiccateci quasi un'infezione di contagio per mala educazione ricevuta, possiamo, ben' educando liberamente noi stessi, ritornare a sanità di sentimento e di giudizio ; e dagli abiti viziosi, ravvivando liberamente il sentimento della bellezza e crescendone l'affetto entro di noi e correggendo le nostre opinioni, possiamo ritor

nare ad abiti regolati. Recuperare gli ufficj salutari del gusto si può sempre, dacchè i naturali sentimenti e affetti di verità e di bellezza vivono perenni sotto l' ingombro della scorretta riflessione o delle passioni artificiose, nè quindi mancarono mai d'incitamento a' riformatori della scienza e dell' arte in età tralignate. Ma questi naturali sentimenti per altro e questi naturali giudizj non si conoscono senza continue meditazioni, e stolto è l'ingegno che non li conosca, e deforme ogni opera che non li rechi ad effetto. Minimo pregio è l' ingegno da sè solo, benchè ora lo vantino alcuni pregio supremo boriosamente. Priva di quello, e che mai può (dicono) l'arte, fiamma di questo fuoco e lucentezza di questa luce? Non forse ammirano tutti l'inclita potenza dell' intelletto? non se gl' inchina ognuno, quasi a portento di natura o quasi a raggio di Dio? Chi ammira l'ingegno ancor più de' cieli stellati, che dimostrano la creazione onnipotente, dov' esso poi con libero atto la imita, ottimo sentimento ha, rispondo; eppure, ricevuto da natura, non acquistato da volontà, di per sè solo agli uomini non reca onore l'ingegno anche miracoloso, e tal verità conficchino e ribadiscano. in mente i giovani nostri una volta per sempre. Acquistarsi l'arte vera e bella e buona, ciò reca onore, perchè l'intelletto appartiene alla natura e l'arte all'artista; millantare poi sè di pregj naturali, anzichè dell'uso, è ampollosità di popoli guasti e vanità di neghittosi che, privi d'opere, si gloriano di potenza inerte, come agricoltori che, lasciando soda la terra, ostentassero le braccia poderose.

CAPITOLO XXVIII.

Le leggi del gusto.

SOMMARIO.

1. Argomento. 2. Che cosa presuppone l'esame ch'uno faccia del proprio gusto, 3. affinchè possa regolarci un gusto buono e rettificarsi un gusto cattivo, 4. e primieramente il derivato da falsa educazione. - 5. Studio perciò di buoni esemplari. 6. Esame degli abiti viziosi, e quanto alla verità 7. e quanto a'fini dell' arte. - 8. Il gusto deve

mostrarci 'l modo e il quando dell' operare.

del sentimento. - 10. Verosimiglianza.

1

- 9. Elevazione

11. Esempj.

12. Equazione di tutti gli elementi dell' arte con l'idea.
13. Gusto de' limiti. 44. Esempj. 45. I limiti massima-
mente ne' segni esteriori. - 16. Conclusione.

1. Come la coscienza morale si è un giudizio sulla moralità de' nostri atti, così vedemmo che il gusto è un giudizio sull' opere dell' arte bella; e come il giudizio della moral coscienza va unito a sentimenti e ad affetti, e non consiste in una speculazione astratta, così al sentimento ed all' affetto della bellezza, conformi alla natura del proprio ingegno e degli abiti razionali e morali, va unito il gusto. Bisogna, dunque, che tal giudizio sia vero, affinchè ci porga nell' arte regola prossima e sicura; e perciò l'artista esamini 'l

gusto proprio per vedere s' e' concordi alle regole naturali del bello e, se concorda, da esso prender la norma immediatamente. In certo tal modo ciò somiglia l'esame di coscienza, inculcato da' Pitagorici an tichi e imposto dal Cristianesimo, necessitando agli artisti di riflettere intorno allo stato de' proprj sentimenti e giudizj sull'arte bella, com' agli uomini retti di tornare col pensiero su' proprj affetti e sulla propria volontà in relazione al vivere onesto. Va cercato pertanto quali sien le regole di detto esame, affinchè il gusto retto regoli l'artista, com' il gusto sano deʼsapori regola l'uso degli alimenti.

2. Non si cammina nel buio fitto, e così nell' ignoranza delle supreme leggi, che risguardano l'arte bella, l'esame del gusto non si fa. Chi potrebbe indagare mai la coscienza sua, se di leggi morali non conoscesse niente, poichè infine la morale coscienza è un giudizio, che paragona la legge del bene con gli atti nostri? Similmente, chi potrebbe mai entro di sè scrutare il gusto intellettuale del bello, se del bello ci mancasse una qualche nozione, la quale poi è legge, a cui paragoniamo e pensieri e sentimenti e affetti e opere, risguardanti la bellezza e l'arte? Sicchè ogni esame del gusto, ed ogni legge prossima che ci viene da esso, presuppone la luce che rischiara il cammino; bisogna riflettere cioè alla nozione del bello com' oggetto dell'arte, e che consiste in un ordine di perfezione ideato, immaginato ed espresso, e alla nozione dell'arte stessa ch'è osservazione imitativa di natura e inventrice a fine di bellezza, e perciò al cri

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