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CAPITOLO XXIX.

I Pedanti e i Licenziosi.

SOMMARIO.

1. Argomento. — 2. Che sieno i Pedanti e i Licenziosi. — 3. Significato più generale di questi vocaboli. 4. Significato più proprio e stretto.-5. Errori contrarj e vizj comuni. — 6. La pedanteria va fuori di natura. —7. Esempj.-8. Va fuor di natura la licenza. -9. Esempj.-10. Non comprendono l'universalità i Pedanti.-11. Esempj.-12. Nè la comprendono i Licenziosi. 13. Esempj.-14. Non hanno vera nobiltà i Pedanti, 15. e la licenza è ignobilità. 16. Talchè gli uni e gli altri non conseguiscono fama durevole.

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1. Mi ricorda che una tal notte io tornava da visitare un amico, il quale villeggia dietro Fiesole, e presi la via che gira da tramontana per il dosso scuro e ronchioso del monte, non per l'opposto che guarda Firenze, splendido d'oliveti e di giardini; e arrivato alla mole di mura etrusche, rovinante per barbara non curanza, sul vertice del campanile di Fiesole, snello a modo di stile chi da Firenze lo miri tra' due corni del giogo, vidi una corona di fiaccole che tutt' intorno rallegravano la notte, i luoghi alpestri e l' anima mia, come rallegrano le mie parole ora in pensarvi. Terminai d'ascendere l'erta, e sboccando a tergo della

cattedrale in piazza, vidi una moltitudine festiva e fuochi d'artifizio e luminare; perchè si festeggiava Santo Romolo che, morendo di martirio, fece vivere il Cristianesimo fra gli antenati di Dante, di Michelangelo e di Galileo. Sedei sulle pietre che fiancheggiano la chiesa, e, tra gli altri pensieri, mi tornò in mente com' intorno a queste festività popolari e sacre avessi sentito due opinioni: l' una d' uomini che le condannano per poco severe, stretti alla regola sola del rito sacro e sdegnosi d'ogni secolare giocondità; l'altra d' uomini che le condannano per troppo anticate, fastidiosi delle tradizioni e di tutto ciò che sia regola e modo alla libertà umana. E poichè in quel tempo io meditava le leggi del gusto, pensai fra me: ancora per esse vi ha i rigidi e gli sregolati, ossia Pedanti e Licenziosi; e ora ne vedremo l' opinioni contrarie e i vizj comuni.

2. Le dottrine false che s'oppongono al criterio dell' arte bella, cioè all' ordine della verità, menano tutte a falsare i giudizj e i sentimenti circa la bellezza dell' opere; com' altresì ogni errore degli artisti procede da falsità di gusto, ch'è regola immediata dell'opere loro; ma ciò diversifica dal mio argomento. L'artista può, anzichè per proposito formato, sbagliare per non buona educazione, per non buoni abiti o per accidentale svista e passeggera; gli errori speculativi del Panteismo poi, del Dualismo e dello Scetticismo, esaminati altrove, offendono i precetti del gusto in quanto ne impugnano i criterj; ma si danno inoltre opinioni false d'uomini che, senz' ascendere a'principj d'una dottrina speculativa, e pure formandosi

una opinione deliberata, risguardano direttamente il gusto medesimo e le sue leggi, o esagerandole o negandole. Or come può egli accadere questo? Certamente le regole che danno i metodi veri d' un'arte qualunque, sono intrinseche alla materia od al soggetto dell'arte stessa ed alle potenze conoscitive dell' uomo; sicchè, discorrendo a rigore, ogni erroneità di norma o di metodi scende da errori sopra la natura degli oggetti e della conoscenza, o conduce a quelli; ma non sempre si scorge da tutti tal relazione intima, e però alcuni errano circa le leggi e i metodi dell'arte, senz' avvertire i vizj fondamentali che stanno in principio e in fine. Come rispetto all' urbanità certuni non vedono che il trattare manieroso s' attiene intimamente al vivere umano e quindi all' onestà, e che però le s' oppongono i modi o zotici o cascanti, avviene cosi de' metodi nell' arte del Vero, e così avviene del gusto e de' suoi precetti o metodi nell'arte del Bello. Per determinata intenzione dunque, ma senza professare fondamentali errori, esagerano la legge del gusto i Pedanti, la negano più o meno i Licenziosi.

3. È un soggetto curiosissimo, chi lo esamini profondamente. Lo spirito umano ha consapevolezza di leggi che gli si contrappongono come regole a libertà ordinata, e indi procedono l'arti tutte del Vero, del Bello e del Buono; giacchè l'ordine delle cose conosciute divien regola da seguirsi. E appunto perchè l'animo umano è fornito di libertà e può soggettarsi o no alla legge, sorge una doppia tendenza estrema, o di esagerare i precetti e l'autorità di chi li promulga,

o di esagerare la libertà. Quando siffatte inclinazioni si riducano all'atto, e si riferiscano ad ogni legge, abbiamo l'universale pedanteria (per dire cosi) e la universale licenza. Perchè mai universale? Perchè risguarda la scienza, l'arte bella, e il vivere umano ne' suoi doveri, ne' diritti e nel piacere. La scienza? Chi vuol far camminare il ragionamento a gruccie di sillogismi, chi senza regola di sorta. Il vivere umano? Chi vuol solo il dovere senza utilità, chi solo il piacere disamorato, chi ad ogni passo vuol ritegno di leggi, e chi rifiuta ogni reggimento; chi per l'istruzione o per l'educazione vuol tutt' i cervelli ad unica stampa, e chi rifiuta ogni magistero. L'arte bella? E non solo vi ha chi la imbriglia di precetti arbitrarj e chi la scavezza quasi cavallo indomito; ma inoltre, o è artificiosamente logicata o slogicata, come il discorrere pedantesco e il dissoluto, è puritana o voluttuosa, scrupolosa o rilassata, cortigianesca o demagogica, di modi cerimoniosi o di rozzezza petulante. Poi, dacchè l'animo traviato finge a sua immagine Dio e il mondo, e però com'in filosofia chi foggia l'universo col modello di leggi a priori e chi lo crede venuto a caso, chi fa della religione criterio unico e chi la dice inane fantasia; così v'è un' arte che prende a modello suo un mondo artificiale e un' arte superstiziosa, o per contrario un' arte di fenomeni casuali e scredente. Procedendo più oltre con l'indagini si vede, che in fine della universale pedanteria sta l' Oggettivismo assoluto, cioè il Panteismo, che, non distinguendo i termini dell'attinenza, identifica il pensiero con gli oggetti, l'apparire con l'essere, l'ordine ideale col reale, ond' il pen

siero è legge di sè stesso e d'ogni cosa; ma per contrario in fine della licenza universale sta lo Scetticismo assoluto, che, negando l'attinenze, identifica gli oggetti col pensiero, e l'essere col parere, ond' ogni cosa crede apparenza e nulla più, e impugna quindi ogni legge.

4. Ma tutto questo non è la pedanteria o la licenza nel significato più proprio e più stretto che le prendiamo qui; perchè le intendiamo relative, non agli argomenti dell'arte bella, si a ciò che più estrinseco sembra rispetto a quelli, benchè intrinseco sia e che forma la regola del gusto. Pedante non significò vizio in principio, ma voleva dire pedagogo, cioè guida e maestro de' fanciulli; ma poichè costoro facilmente avvinghiano troppo in regole artefatte i loro discepoli e, usati a conversare con essi, prendono tono dottorale anche con gli uguali, segui che tal voce suono esagerazione ridicola di precetti e d'autorità. Buon significato ancora ebbe o può avere la licenza, quanto è lecito, licet; ma poichè taluno di libito fa licito, licenza suono abito d'operare con libertà disordinata. Sicchè l'accezione di queste voci, pedanteria e licenza, è abuso d'autorità e di regole artificiose, o viceversa è abuso della libertà e del piacere proprio ne' giudizj del gusto. Quindi accade, che talora i più legati e severi quanto alla materia ove cadono l'arti del Bello, poi sono i più sciolti e arrendevoli quanto al modo di trattarla, come ne dettero esempio singolare alcuni Romantici, che da una parte cercavano ristorare il Cristianesimo nell'arti, e dall' altro si opponevano al Classicismo, le cui

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