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15. Se i Pedanti ostentano ghiacciata nobilea, ostentano volgarità i Licenziosi. Nè intendo qui la volgarità de' concetti o degli affetti, perchè ciò non risguarda l'argomento presente; ma intendo dire che la nobiltà interna richiede nobiltà esterna, e che nobiltà è ordine d'alto sentire nell' interno e ordine corrispondente di segni all'esterno, e che, separato da questo, l'altro non apparisce o prende aspetto d'ignobilità. Come certuni che son buoni di cuore, ma barbari di modi, chi non gli abbia molto in pratica li stima duri e villani; parimente un lavoro d'arte buono e bello nell' idea e nell'immagini concepite, cattivo e brutto e quind'ignobile sembra, se sregolato. Nè perciò nobilita noi quest'arte scompigliata, quantunque non corrotta; perchè l'aspetto dell'ordine bello. è necessario a nobilitarci, ossia l'arte dee trarre a nobiltà il popolo con la presenza dell'ordine formoso. Magistero di nobiltà potentissimo è l'arte bella che si governa con legge di gusto, cioè col sentimento di un'idea che apparisce in ordine di cosa immaginata od espressa; perchè tale idea posta dinanzi al popolo ne'teatri, ne'libri, ne'dipinti, nelle statue, negli edifizj, nell'arte musicale, ma sempre armoniosamente, lo avviva di quel sentimento, e lo informa dell'ordine stesso che dagli artisti si trasfonde in lui, padri allora di lor nazione veracemente. Quand' ho considerato le incisioni che ritraggono le pitture del Cornelius o dell' Overbek, le altre dell' Hess ed il Valhalla, ho sempre pensato a questa educazione potente in mezzo ad un popolo fiero; e se dipinti celebratori di Totila e d'Attila fan fremere un petto italiano e gli fanno

esclamare: primi furono i Cimbri, avanguardia de'barbari futuri, talchè Roma, che ne sentiva come il calpestio lontano, tentò preoccupare le vie; nondimeno a veder nobilitate con civile formosità d'arte le patrie tradizioni, allora si capisce qual'idea e qual sentimento e qual magistero cagionò i trionfi alemanni.

16. Perchè contro la natura e contro l'universalità e contro la nobiltà i Pedanti esagerano le leggi del gusto e i Licenziosi le negano, la fama dell'opera loro non è durevole. Possono bensì avere gli uni e gli altri un grido passeggero, mentre i lor tempi e paesi risentano i vizj medesimi o di troppo dare all' autorità od alla libertà; pur siffatte disposizioni, contrarie alla natura umana, non reggono, sicchè l'idolo dell'aura partigianesca va giù prestamente. In pochi anni oh! quanta celebrità d'uomini che a dubitarne pareva sacrilegio, è dimenticata oramai, e molti sopravvissero alla lor fama; come il Lamennais che indi menò gli ultimi anni suoi crucciato, egli (anche da cattolico) principale campione in Francia d'uno stile insolito e d'immaginazioni vaporose. Ma quasi olivo che, mentre par secco, rimette i polloni dal pedale, gli artisti che seguono la verità viva, Omero e Dante, Sofocle e lo Shakspeare, la bella prosa del Bossuet e di Galileo, il disegno de' Cinquecentisti e la musica che, parla con melodia, quando più sembrano passati, ecco mostrarsi nel mondo più vivi che mai; perchè la lode resta immortale a chi, per meritarla, non abbandoni l'immortale natura.

CAPITOLO XXX.

Estro. Leggi dell' ordine immaginato.

SOMMARIO.

6. Gradi dell' in

1. Argomento.-2. Immaginazione. Rinnovazione di fantasmi, 3. e innovazione o invenzione. - 4. Queste per tre modi, spontaneo, pensato, meditato. - 5. Legge universale della fantasia e sede di quella nell'intelletto. venzione immaginativa. Primo; mutamento di alcune cose percepite.. Secondo; immagini di cose reali non percepite. Terzo; novità d'immagini fra percezioni oscure. 8. Quarto; un ordine di verosimiglianze relativo a un ordine di cose reali determinato. - 9. Quinto; relativo a notizie vaghe. 10. Sesto; relativo ad astratte generalità. 11. Settimo; fantasmi di cose semplici, spirituali, divine. 12. Ultimo; armonia universale di fantasmi e loro elevazione. - 13. Perchè l'estro abbia tal nome. - 14. Origini sue 15. Estro fallace o vuoto, e vero o fecondo.

misteriose.

-46. Conclusione.

1. Se oggetto dell' arte bella è un ordine di perfezione ideato, immaginato ed espresso, e se dell' ordine ideato si parlò finora, devo passare all' ordine immaginato che di quello s'impronta, come segno interno dell' idea; segno sensibile interno che la rende capace d'essere all' esterno rappresentata sensibilmente. L'intelletto, qual potenza inventiva e massime in relazione

con l'arte del Bello, sappiamo che si dice ingegno, e che l'immaginazione degli artisti dicesi estro: sicchè prima esaminerò che cosa sia l'estro, e come operi e quali origini abbia. Del resto, la forma immaginativa che prendono i concetti nell' arti del Bello, costituisce la loro natura per modo, ch' elle si chiamano Arti d'immaginazione.

2. Immaginazione pertanto ed estro son la medesima cosa, bensì aggiuntavi la relazione con l'arte bella. Ora, per immaginazione che intendiamo noi? Più strettamente, immagine suol dirsi la visibile apparenza de' corpi risvegliata in fantasia, come se rivediamo entro l'anima nostra l'aspetto di persona già veduta fuori, o come l'interno apparire dell' aspetto di paesi lontani e veduti altre volte. Più largamente poi, si dice immagine l'apparenza rinnovata e sensibile interna d'ogni sensibile esterno; come, se la fantasia ci rinnova le sensazioni di tatto e odori o sapori o suoni tanto in veglia quanto in sogno: per esempio, unite all'immagine di colli fiorenti si ridestano le fragranze de' fiori e il morbido seggio dell'erba, ove merendavamo giovinetti, e le spensierale canzoni di quell' età. Tutte le sensibili apparenze de' corpi, adunque, si rinnovano in fantasia. Ma con significato più largo ancora, immagine diciamo pure. il ridestarsi d'ogni sentimento interiore, ossia di que' sentimenti che si riferiscono agli atti spirituali dell'animo, come uno svegliarsi nel pensiero i ragionamenti e gli affetti del passato, e come, vedendo alberi fioriti, un risuscitarsi coll'aspetto de' nostri ge

nitori la memoria di quanto gli amammo. Si fa dunque nell'immaginativa un'immagine sola, indivisibile, di cose interiori e d' esteriori, un'immagine dell' unità vivente nostra che sente sè medesima e l'universo, e nel presente rinnova il passato.

3. Nè basta, in tale unità d'immagini rinnovate s'unificano nuove immagini, relative sibbene a sentimenti ed a sensazioni provate altra volta, ma che in fantasia trasformiamo per guise innumerabili, aggiungendo, levando, mutando; come talvolta in sogno si rivede un volto noto, che riconosciamo e che pure non è lo stesso, ma più bello, più brutto, di più o di meno età, e simili. Or tutta questa unità di sensibili esterni e d'interni, rinnovati ed innovati, accade per natura e per arte nella fantasia degli artisti che la manifestano ne' loro lavori. Togliete a esempio un celebre sonetto del Petrarca:

Levommi il mio pensiero in parte ov' era

Quella ch' io cerco e non ritrovo in terra;
Ivi, fra lor che il terzo cerchio serra,
La rividi più bella, e meno altera.
Per man mi prese, e disse: in questa sfera
Sarai ancor meco, se il desir non erra;
I' son colei, che ti die' tanta guerra,
E compie' mia giornata innanzi sera.
Mio ben non cape in intelletto umano;

Te solo aspetto, e quel che tanto amasti,
E laggiuso è rimaso, il mio bel velo.
Deh! perchè tacque ed allargò la mano?
Ch' al suon de' detti sì pietosi e casti,
Poco mancò ch' io non rimasi in cielo.

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