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DI FRANCESCO PETRARCA

TRATTE

DA' MIGLIORI ESEMPLARI

CON ILLUSTRAZIONI INEDITE

DI LODOVICO BECCADELLI

TOMO SECONDO

VERONA

NELLA STAMPERIA GIULIARE

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DI FRANCESCO PETRARCA

PARTE II.

SONETTO I.

Oimè il bel viso; oimè il soave sguardo ;

Oimè il leggiadro portamento altero;
Oimè 'l parlar ch' ogni aspro ingegno e fero
Faceva umile, ed ogni uom vil gagliardo;

E oimè il dolce riso ond' uscío 'l dardo

Di che morte, altro bene omai non spero: Alma real, dignissima d' impero,

Se non fossi fra noi scesa si tardo.

Per voi conven ch'io arda, e 'n voi respire:
Ch'i' pur fui vostro e se di voi son privo;
Via men d'ogni sventura altra mi dole.

Di speranza m' empieste e di desire,
Quand' io parti' dal sommo piacer vivo:
Ma'l vento ne portava le parole.

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CANZONE I

Che debb' io far? che mi consigli, Amore?

Tempo è ben di morire:

Ed ho tardato più ch' i' non vorrei .
Madonna è morta, ed ha seco'l mio core;
E volendol seguire,

Interromper convien quest'anni rei:
Perchè mai veder lei

Di qua non spero; e l'aspettar m'è noia.
Poscia ch' ogni mia gioia

Per lo suo dipartire in pianto è volta;
Ogni dolcezza di mia vita è tolta.

Amor, tu 'l senti, ond' io teco mi doglio, Quant'è il danno aspro e grave;

E so che del mio mal ti pesa e dole;
Anzi del nostro perch' ad uno scoglio
Avem rotto la nave:

Ed in un punto n'è scurato il sole.
Qual ingegno a parole

Poria agguagliar il mio doglioso stato?
Ahi orbo mondo ingrato,

Gran cagion hai di dover pianger meco;
Che quel ben ch'era in te perdut' hai seco.
Caduta è la tua gloria: e tu nol vedi;
Nè degno eri, mentr'ella

Visse quaggiù, d'aver sua conoscenza
Nè d'esser tocco da' suoi santi piedi:
Perchè cosa si bella

Devea'l ciel adornar di sua presenza.

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