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Il Biscioni ed il Rossetti dicono che il racconto dell'innamoramento di Dante non si ha che dal Boccaccio, essendochè Benvenuto, Lionardo, il Landino, il Vellutello, il Daniello, non altro fecero che ricopiare le parole di quel primo biografo; perciò le costoro autorità insieme sommate, non poter dare che un solo. A ciò primieramente rispondo, non esser vero che Lionardo Bruni, parlando degli amori giovanili di Dante, abbia ricopiata la narrazione del Certaldese, perchè quegli studiossi a tutto suo potere di contradire a quanto il suo predecessore avea di Dante narrato, fino al punto di esclamare: Perdonimi il Boccaccio, ma i suoi giudicii sono molto fievoli, e molto distanti dalla vera opinione. E in altro luogo narrando come Dante si trovò per la patria a combattere virtuosamente nella battaglia di Campaldino, soggiunge: Io vorrei che il Boccaccio di questa virtù avesse fatta menzione, più che dell' amore di nove anni, e di simili leggerezze, che per lui si raccontano di tant' uomo. Or bene, se il Bruni, il quale protesta di volere scrivere non un romanzo, ma una veridica storia dell' Alighieri, ci dirà che Dante nella sua gioventù fu signoreggiato dalla passione d'amore, ragion vuole che lo si tenga per vero, nè che lo si reputi detto per una cieca credenza al racconto di colui, al quale egli cerca in ogni pagina di contradire. Odasi dunque ciò che questo secondo biografo asserisce : L'Alighieri fu usante in giovinezza sua con giovani innamorati, ed egli ancora di simile passione occupato, non per libidine, ma per gentilezza di cuore; e ne' suoi teneri anni versi d'amore a scrivere cominciò, come si può vedere in una sua operetta volgare, che si chiama Vita Nuova.

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Secondariamente rispondo, non esser questi due scrittori i soli che affermino un simile innamoramento, ma esservene un altro, ancor più d'essi autorevole, perchè contemporaneo e familiare dell'istesso Alighieri ed egli si è l'antico anonimo commentatore della Commedia, che alcuni chiamano il Buono, altri l'Ottimo. Questi, nel proemio al Canto XXX del Purgatorio, ho trovato che dice: Laicamente si potrebbono sporre a lettera le parole di Beatrice, prendendo lei per quella madonna Beatrice, che egli (Dante) amò con pura benivolenza. E chiosando il v. 121: Dice qui Beatrice in riprensione di Dante, che declinando l'autore a lascivia

e vanitade, ella il sostenne per alcun tempo con la bellezza del volto suo, conducendolo in parte diritta e virtuosa. E questa lettera ha due sposizioni: l'una puoi riferire, che egli parli di Beatrice, in quanto ella fu tra' mortali corporalmente, che aveano tanta forza le sue bellezze su Dante che toglievano da lui ogni malo pensiero, e inducevano e cercavano ogni pensiero buono..... ; l'altra è da riferire a spirito ed intelletto ec.

In terzo ed ultimo luogo io rispondo, che quand' anche non sussistesse alcuna testimonianza per parte altrui, sarebbero più che bastanti le parole dell' Alighieri medesimo non tanto della Vita Nuova, quanto del Convito e della Commedia, a renderne persuasi e certissimi aver egli provato una profonda passione amorosa, e la Beatrice della sua giovinezza essere stata una donna vera e reale, e non un ente immaginario e simbolico. E qui dirò l'errore del Biscioni esser nato da questo: che egli identificò e confuse la Beatrice della Vita Nuova con quella del Convito e della Commedia. Asserisce infatti il Biscioni, asserisce il Rossetti, asseriscon altri, che queste tre opere abbiano fra di loro una strettissima corrispondenza, e siano dipendenti l'una dall'altra, anzi congiunte e connesse come anelli d'una stessa, dirò così, catena scientifica, da prima disegnata, e poscia compita dalla gran mente del loro autore. Ma la fallacia di quest' asserzione ci si farà tosto ben chiara, se si consideri che allorquando il giovine Dante nella sua età di ventisei o al più ventisett'anni compose questo suo primo libretto, non possedeva punto le scienze, nè poteva quindi formare il piano d'un così vasto e coordinato lavoro scientifico. Come per me fu perduto, dice egli nel Convito, il primo diletto della mia anima (cioè Beatrice), io rimasi di tanta tristizia punto, che alcuno conforto non mi valea. Tuttavia, dopo alquanto tempo, la mia mente, che s'argomentava di sanare, provvide..... ritornare al modo, che alcuno sconsolato avea tenuto a consolarsi. E misimi a leggere quello, non conosciuto da molti, libro di Boezio, nel quale cattivo e discacciato consolato s' avea. E udendo ancora che Tullio scritto avea un altro libro nel quale, trattando dell' amistà, avea toccate parole

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Tratt. II, cap. XIII.

della consolazione di Lelio....., misimi a leggere quello. E avvegnachè duro mi fosse prima entrare nella loro sentenza, finalmente v'entrai tant' entro, quanto l'arte di gramatica ch' io avea, e un poco di mio ingegno potea fare; per lo quale ingegno molte cose, quasi come sognando, già vedea, siccome nella Vita Nuova si può vedere. Qui adunque l'Alighieri ingenuamente confessa che nella sua giovinezza non possedeva le scienze, e che all' infuori del proprio ingegno e dell' arte di grammatica, valer d' altro non si potè per la composizione del suo primo libro. Ora proseguiamo ad ascoltarlo: E siccome essere suole, che l'uomo va cercando argento, e fuori della intenzione trova oro: io che cercava di consolarmi trovai non solamente alle mie lagrime rimedio, ma vocaboli d'autori e di scienze e di libri; li quali considerando, giudicava bene che la filosofia, che era la donna di questi autori, di queste scienze e di questi libri, fosse somma cosa. E immaginava lei fatta come una donna gentile, e non la potea immaginare in atto alcuno se non misericordioso. Per che si volentieri lo senso di vero l'ammirava, che appena lo potea volgere da quella. E da questo immaginare cominciai ad andare là ov' ella si dimostrava veracemente, cioè nelle scuole de' Religiosi, e alle disputazioni de' filosofanti: sicchè in picciol tempo, forse di trenta mesi, cominciai tanto a sentire della sua dolcezza, che il suo amore cacciava e distruggeva ogni altro pensiero. Da questo passo avrà il lettore agevolmente raccolto, che Dante fino a tre anni dopo morta Beatrice non pervenne a gustare le dolcezze della filosofia, ed a cangiare il primo verace e naturale amore in un secondo intellettuale e allegorico. È forza dunque inferirne che la Vita Nuova essendo da lui stata scritta un solo anno appresso la morte di quella donzella, che fu l'oggetto del suo primo amore, si aggiri

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Che la Vita Nuova fosse scritta da Dante un anno o due al più appresso la morte di Beatrice, si deduce dall'ultimo paragrafo del libro stesso, dal cap. I del Tratt. I del Convito, e dal brano superiormente riportato. Anche il Boccaccio narra che Dante la compose nel suo anno ventesimosesto; e nel suo ventesimoquarto la vuole composta il Biscioni. Che il Boccaccio abbia intorno a ciò narrato il vero, e che la Vita Nuova sia stata scritta da Dante nel 1291, o nel 1292, lo proverò pienamente alquanto più innanzi.

tuttaquanta su questo e non già sull' altro, del quale non aveva egli per anco provata la virtù e la possanza. Al Convito poi incominciò l'Alighieri a por mano, compito il corso de' suoi filosofici studi; nè v' ha principio di dubbio che la donna in quel libro encomiata sia la Filosofia. Ma donde mai la piena certezza di ciò? Dalle parole di Dante medesimo: Questa donna fu figlia di Dio, regina di tutto, nobilissima e bellissima Filosofia '..... Boezio e Tullio inviarono me nell' amore, cioè nello studio di questa donna gentilissima Filosofia 2. Si vuole sapere che questa donna è la Filosofia, la quale veramente è donna piena di dolcezza, ornata d'onestade, mirabile di sapere, gloriosa di libertade 3...... Questa donna è quella dello intelletto, che Filosofia si chiama. Anche il Biscioni, alloraquando si fa a provare che la donna del Convito è un ente puramente intellettuale, si appoggia a questi passi da me riportati, ed aggiunge che una veridica storia dell' Alighieri non si può compiutamente fare, se non ricercando da Dante medesimo la.verità delle cose, perciocchè a scrivere con fedeltà la vita d'alcuno o bisogna esser vissuti al tempo di colui, del quale scriver si vuole, ed avere con esso domesticamente conversato; ovvero fa di mestieri, con istudio e fatica, dalle opere di lui, o da altri legittimi documenti, che autentici dichiarare si possano, le notizie ritrarne. Or se questo dunque insinua il Biscioni, e perchè poscia non vuole che la storia degli amori di Dante per Beatrice Portinari si appoggi alle di lui stesse confessioni sparse nelle proprie opere? perchè non vuole che le sincere narrazioni della Vita Nuova siano prese alla lettera, quand' egli prende pure alla lettera le altre del Convito or riportate? Il nome di Beatrice, l'età sua, la morte del padre, e quella ancora di lei stessa, le peregrinazioni e infermità di Dante, i fatti e i detti d'altre donne ec. sono, egli dice e asserisce, tutte cose ideali, ed a figura ridurre si debbono. Ma perchè? Perchè (egli risponde, e il lettore noti bene questa magistrale risposta), perchè elle non furono con più particolari distintivi specificate dal poeta. Ma Dio

Tratt. II, cap. XIII.

3 Tratt. II, cap. XVI.
5 Pag. IX.

2 Tratt. II, cap. XVI.
Tratt. III, cap. XI.

6 Pag. XII.

buono! è egli possibile di bevere così grosso? è egli possibile di produrre in buona fede di cotali ragioni? E sarà egli d'altronde possibile che un lettore sensato voglia più prestar fede agli altrui sogni che non al proprio discernimento? Narra in questo suo libretto l'Alighieri, che la prima volta che Beatrice apparve davanti a' suoi occhi, non aveva ancor nove anni d'età: narra che essa era di sì nobili e laudabili portamenti, che di lei poteano dirsi quelle parole d' Omero: Ella non pare figlia d'uom mortale, ma di Dio: narra che se trovavasi in luogo, ov' ella fosse, un repentino tremore per tutta la persona assalivalo: narra che abbenchè amore baldanzosamente il signoreggiasse, tuttavolta la bella immagine della sua amata non sofferiva che ei lo reggesse senza il fedele consiglio della ragione narra che egli cercava con ogni studio di celare altrui quest' amore, e che d'altre donne fingendo essere innamorato, fece d'esse schermo alla verità; cotalchè molti non conoscendo la femmina per cui distruggevasi, non si sapeano come chiamarla: narra che compose un Serventese in lode delle sessanta più belle donne della città, fra le quali collocò pure la donna sua: narra che uno de' più grandi suoi desiderii era quello di venir da lei salutato : narra che un dì la vide venir appresso Giovanna, la donna del Cavalcanti, e che quand' ella passava per via, tutti le si facean d' attorno per ammirarla: narra infine che essa morì il 9 giugno del 1290 nella giovanile età di cinque lustri, e che egli a disacerbare alquanto l'immenso dolore ch' erasi fatto distruggitore dell' anima sua, scrisse la Canzone Gli occhi dolenti ec.

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Questi e cento altri piccoli fatti, particolari ed aneddoti che si rinvengono nella Vita Nuova, potrann' eglino forse non dirsi bastantemente dal poeta specificati? potrann' eglino forse ridursi a figura? Ma il Biscioni insiste e sentenzia: essere inverisimile che Beatrice fosse una donna vera, perchè Dante chiamolla la gloriosa donna, non del suo cuore, ma sibbene della sua mente, vale a dire dell' intelletto; ' perchè dissela desiderata in cielo dagli Angeli e

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<< Quando alli miei occhi apparve prima la gloriosa donna della mia » mente. » (Vita Nuova.)

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