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l'opposto, essere il latíno più nobile del volgare. Inoltre danna come plebee le due fiorentine voci manucare, introcque, e quindi le pone ambedue nel suo Poema. Alla prima parte dell' obiezione si risponde che Dante era tale scrittore, che, emessa un'opinione, da lui poscia riconosciuta o creduta erronea, non si ristava con sagrifizio dell' amor proprio dal ritrattarsene. Nelle sue opere abbiamo di ciò più d' una diecina d'esempi. La questione inoltre del latino e del volgare è nel Convito trattata differentemente da quello che lo è nel Volgare Eloquio. Nella prima opera dice, che facendosi un commento latino a libro scritto in volgare, siccom'è il Convito, ed essendo un commento opera, com' egli si esprime, non da signore, ma da servo, il latino non avrebbe potuto prestarsi ad opera tale; perciocchè questo linguaggio è perpetuo ed incorruttibile e seguita l'arte, il volgare è instabile e corruttibile e seguita l'uso: l'uno perciò essere più bello, più virtuoso e più nobile dell' altro, e non potere a questo prestar convenientemente opera servile. Nel Volgare Eloquio poi chiama il volgare in genere il più nobile linguaggio, perchè esso è il più antico, il primo cioè che fosse dalla umana generazione parlato. Alla seconda parte dell' obiezione puossi rispondere, che citando il primo verso di molti poetici componimenti, Dante non intendea porre sott' occhio le sole parole in quel verso contenute, ma il dialetto nel quale il componimento era scritto. Così egualmente, ponendo a modo di esempio alcune parole dei dialetti fiorentino, pisano, lucchese e sanese, non intendea doversi rifiutare que' soli vocaboli, ma eziandio tutti gli altri che fossero di simil risma. Bene sta, risponderammisi: ma frattanto le due voci appunto da lui citate s'incontrano nel suo Poema. Per replicare a quest' istanza parmi sia sufficiente il riportare ciò che Dante stesso diceva a Can Grande, rispetto al titolo ed allo stile del suo Poema. Eccone le parole: Il titolo dell'opera è questo: Comincia la Commedia di Dante Alighieri, fiorentino per nascita, non per costumi. A notizia della qual cosa fa d'uopo sapere che Commedia dicesi da x villa, e da i canto, laonde Commedia quasi canto villereccio. La Commedia infatti è una specie di narrazione poetica differente da tutte le altre: nella materia differisce dalla Tragedia per questo, che la Tragedia è nel suo cominciamento mirabile e piana, e nella fine, ossia catastrofe, fetida e

spaventevole. Da ciò appunto è detta Tragedia, cioè da rpáros capro, e da sǹ canto, quasi canto caprino, vale a dir fetido nella guisa che il capro, com' appare per Seneca nelle sue tragedie. La Commedia poi prende cominciamento dall' asprezza d' alcuna cosa, ma la sua materia ha fine prospero, com' appare per Terenzio nelle sue commedie..... Similmente nel modo del parlare la Tragedia e la Commedia sono fra loro differenti, perciocchè l' una elevato e sublime, l'altra parla rimesso ed umile, sì come vuole Orazio nella sua Poetica, là dove concede che i comici parlino alcuna volta come i tragedi, e così e converso: Interdum tamen ec. Di qui è palese perchè la presente opera è detta Commedia : conciossiachè se guardiamo alla materia, ella è nel suo principio fetida e spaventevole, perch' è l'Inferno; nel fine prospera, desiderabile e grata, perch'è il Paradiso. Se guardiamo al modo di parlare, egli è rimesso ed umile, perch'è un linguaggio volgare, nel quale ancora le femminette comunicano..

Se il Poema di Dante non è pertanto una tragedia, ma una com- · media; se in un componimento comico, tranne quei luoghi in cui fa d'uopo inalzare lo stile, siccome accenna Orazio, dee ordinariamente usarsi un linguaggio rimesso ed umile, quel linguaggio pure in cui le femminette comunicano; come potrassi dire, che col valersi nella Commedia di varie voci e frasi della plebe, sia Dante caduto in contradizione con se stesso? Non è egli un principio elementare, che il linguaggio e lo stile dee inalzarsi o abbassarsi a seconda della specialità del componimento che hassi fra mano? Ed infatti, per quali componimenti riserba Dante quel suo linguaggio illustre, cardinale, aulico e curiale ? Per i componimenti da lui generalmente detti tragici, vale a dir sublimi, ed in ispecie per quel componimento nobilissimo ch'è chiamato Canzone, in cui si canti puramente dell' armi, dell' amore e della rettitudine. « Dante (dice il P. Ponta) esamina >> nel libro secondo e decide quando e dove debbasi far luogo a que» sto volgare, e conchiude, che nella tragedia, vale a dire nello stile tragico comunemente appellato sublime. Anzi aggiunge, che

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» solo in questo modo di comporre debb'essere usato; e che perciò

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sia prudentemente escluso da qualunque altro degli stili, onde i >> letterati fann'uso nelle diverse loro composizioni: però dice, non

» aversi a tenere nello stile comico e nell'elegiaco, vale a dire nel » mediocre ed infimo. Ritenuto questo raziocinio tutto per fermo >> ed indubitabile, come appare dal cap. I a tutto il IV, osserviamo » che le Canzoni spettano allo stile tragico; ma la Commedia, » le Ballate ed i Sonetti spettano al comico e all' elegiaco. Ora se » Dante usò il volgare illustre nelle Canzoni, e fece uso dell'altro, cioè >> del non illustre, nelle altre composizioni, fu fedele al suo precet » to. Ed appunto così sta la cosa: dunque Dante fu rigido osserva»tore del suo precetto: dunque irragionevolmente viene da alcuno » o da molti censurato. »>

Coloro poi che stimano apocrifa l'Opera, e danno al Trissino i titoli d'impostore e falsario, s' appoggiano particolarmente all' autorità di Giovan Mario Filelfo, il quale facendo menzione del Volgare Eloquio, ne riporta un principio, differente da quello ch' abbiamo a stampa. Io mi meraviglio forte che i critici s'appoggino all'autorità d'un tale scrittore, cui i titoli d'impostore e falsario meglio che a qualunque altro convengonsi. Le imposture del Filelfo son tali, che piuttosto che ad ira muovono a riso, e molti scrittori infatti italiani e stranieri hannolo detto e ripetuto. Che forse il Filelfo, se riporta un principio differente del Volgar Eloquio, non fa altrettanto di quello della Monarchia, opera la cui originalità non puossi un momento mettere in dubbio? Che forse non riporta il principio d'una istoria de' Guelfi e Ghibellini, ch' egli gratuitamente afferma scritta da Dante? Che forse non narra cento altre fole, che fanno appieno nota la sua malafede e impudenza ? 1 Ma non puossi chiaramente mostrare, si continuerà a dire, che il Trissino non sia l'autore del li

« Il citare Mario Filelfo come autorità è tanto ridicolo, come sarebbe il citare l'autore del Don Chisciotte per conferma d' un fatto storico. Mario Filelfo, riconosciuto e vivo e morto per un solenne impostore da tutti, meriterà ora tanta fede? È certo che il libro del Volgare Eloquio non fu conosciuto da alcuno prima del Trissino, benchè fosse noto che Dante l'avesse scritto, siccome afferma il Boccaccio: onde è da credere che il Filelfo ne inventasse il principio, siccome ha inventato i titoli di opere che Dante..... non ha mai scritte nè immaginate. Quella Vita di Dante (scritta dal Filelfo) debb essere un bel romanzo, a giudicarne da' brani pubblicati dal Mehus..... » (G. G. Trivulzio, Lettera al Conte M. Valdrighi, Agosto 1828.)

bro, dappoichè l'originale latino, su cui fece la sua edizione il Corbinelli, mai più s'è veduto, lo che induce grave sospetto di frode. Ma se la maggior parte de' Codici greci, sui quali fece le sue edizioni l'Aldo, son oggi perduti, perchè non potrà essersi perduto quello usato dal Corbinelli? Dicano invece i critici qual molla potea spingere il Trissino e l'editore del testo latino a commettere una tale impostura. Io veggo frattanto che la Poetica del Trissino non concorda colle massime del Volgar Eloquio; dunque lo scrittore non è lo stesso veggo nel Volgar Eloquio, che mai è fatta menzione della Divina Commedia, la qual cosa un impostore, ad autenticare il suo libro, non avrebbe certo lasciato di fare: veggo che il traduttore italiano ha talvolta inteso a rovescio le frasi del testo latino, lo che patentemente palesa che l'autore della traduzione non è lo stesso del testo. E questa particolarità fu pure notata dal Dionisi, dal Foscolo, e da altri giudiziosi scrittori.

Ma è tempo omai che abbian fine queste lunghe ed intricate questioni. Io annunziai pel primo all' Italia,1 che l'originale latino del Volgare Eloquio di Dante, e molto verosimilmente lo stesso Codice di cui si servì il Corbinelli, era già ritrovato, e conservavasi nella pubblica Biblioteca di Grenoble. Il marchese Trivulzio di Milano ne fe' cononoscere un altro, che faceva e fa parte della sua sceltissima e preziosa Biblioteca, ed era quello stesso che tenne sott'occhio il Trissino per far la sua traduzione. Ed il dottor Alessandro Torri annunziò d'averne veduto e consultato un altro nella Vaticana di Roma.2

'Dantis Aligherii de Vulgari Eloquio etc.; Florentiæ, typis Allegrini et Mazzoni, 1840.

Il Codice Trivulziano, cartaceo in 4o piccolo, ch'è della fine del secolo XIV o del principio del XV, è quello stesso su cui il Trissino fece nel 1529 la sua traduzione, e ciò si rileva dalle note e postille, che quel suo antico possessore vi fece ne margini. È dunque anteriore d'un

secolo al Trissino.

Il Codice della pubblica Biblioteca di Grenoble, membranaceo in 4° piccolo, è, come quello della Trivulziana, della fine del secolo XIV o del principio del XV ; onde è pur esso anteriore d'un secolo al Trissino. Congetturasi esser quello stesso su cui il Corbinelli fece nel 1577 la prima edizione del testo latino.

Il Codice della Biblioteca Vaticana, ch' è cartaceo in 8° e segnato di numero 1370, porta la data del 1508. È dunque anteriore di 21 anni alla traduzione del Trissino.

Ora poichè l'opera mandata in luce e dal Trissino e dal Corbinelli è stata riscontrata (salvo alcune varianti, nella presente questione inconcludenti) pienamente conforme a quella presentata da' detti tre Codici, lo studiato edifizio degli scettici ha dovuto finalmente cadere in frantumi.'

Un'altra domanda è stata fatta, ed è: quando ha egli Dante scritto questo suo libro? prima o dopo la Divina Commedia ? Anco a questo risponderò brevemente, e poi farò fine.

Che il Trattato del Volgar Eloquio, fosse scritto da Dante nel tempo del suo esilio, è indubitato, poichè lo dice egli stesso dne vol

1

<< Lo Scolari non vuol riconoscere il Volgar Eloquio per opera di >> Dante, a motivo che trova esservi alcune contradizioni coll' opera del » Convito e della Divina Commedia. E sarà forse la prima volta che un >> autore cangia d'opinione, particolarmente in cose scientifiche e lette>> rarie? Io ho veduto lo Scolari più volte nello scorso mese a Padova, » e gli ho mostrato che in molte delle emendazioni proposte nell' Appen>> dice non avea bene inteso il senso de' passi esaminati; e gli ho fatto » tornare in gola quel requiescat in pace ch'egli ha cantato (pag. 13) >> sul testo unico del libro del Volgare Eloquio, facendogli vedere e toc>> care ancor vivo il mio Codice, che aveva meco espressamente recato. >> Io l'ho convinto, confuso; ma persuaso? non credo: tanta è la tenacità » delle opinioni letterarie. Tutta quella pag. 13 è piena zeppa d'erro>> ri, tra i quali non è l'ultimo il confondere, come fa, il ritrovamento » d'un Codice e la compilazione del medesimo, quasi che fosse la stessa » cosa ». (G. G. Trivulzio, lett. cit.) »

Quand' io poi ebbi annunziato il ritrovamento del Codice del Corbinelli, ecco ciò che lo Scolari s'affrettò di dire per le stampe:

«Mi sia permesso d'avvisare, che sull' autenticità complessiva del » libro che s' attribuisce a Danfe sotto titolo di Volgare Eloquio, col >> testo latino del Trissino, tengo sempre più tranquillamente ch'essa sia >> da escludere affatto, nè in ciò mi resta altro desiderio (dopo quanto >> scrissi nell' Appendice al Convito, e quanto avrei da scrivere ancora) >> fuor quello di vedere co' miei propri occhi quel famoso Codice di Gre>> noble, cui si riporta il chiarissimo signor Fraticelli; Codice che andò >> veramente a cacciarsi un po' lontano da noi per potere esser veduto » ed esaminato a dovere. Avessi trovato almeno una descrizione esatta >> della scoperta avvenuta, quando, come, colla storia de' viaggi che ha >> fatto il Codice per arrivare sin là, ec. ec.! »

E con tale ironico e frivolo scetticismo il tenace signor Filippo Scolari credeva risolvere la combattuta questione ! Ma che dirà egli, ora che non uno, ma tre Codici, e tutti anteriori al Trissino, sono stati ri. trovati, svolti e consultati, e minutamente descritti?

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