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liani, i Pugliesi, i Toscani, i Romagnuoli, i Lombardi, è quelli della Marca Trivigiana e della Marca d'Ancona. E conciossiache la nostra intenzione (come avemo nel principio dell' opera promesso) sia d'insegnare la dottrina della Eloquenza Volgare; però da esso Volgare Italiano, come da eccellentissimo, cominciando, tratteremo nei seguenti libri, chi siano quelli, che pensiamo degni di usare esso, e perchè, e a che modo, e dove, e quando, ed a chi sia esso da dirizzare. Le quali cose chiarite che siano, avremo cura di chiarire i Volgari inferiori, di parte in parte scendendo sino a quello che è d'una famiglia sola.

LIBRO SECONDO.

CAPITOLO I.

Quali sono quelli che denno usare il volgare Illustre e quali no.

Promettendo un' altra volta la diligenzia del nostro ingegno, e ritornando al calamo della utile opera, sopra ogni cosa confessiamo, ch' egli sta bene ad usarsi il Volgare Italiano illustre così nella prosa, come nel verso. Ma perciò che quelli che scrivono in prosa, pigliano esso Volgare illustre specialmente dai trovatori; e però quello che è stato trovato 1 rimane un fermo esempio alle prose, ma non al contrario, per ciò che alcune cose paiono dare principalità al verso: adunque, secondo che esso è metrico, versifichiamolo, trattandolo con quell'ordine, che nel

Il verbo trovare, del quale si serve il Trissino per tradurre il la

tino invenire, qui significa poetare, scrivere in poesia.

tes illo, quem in fine primi libri polluximus. Quæramus igitur prius, utrum versificantes vulgariter debeant illud uti; et superficie tenus videtur, quod sic; quia omnis qui versificatur, suos versus exornare debet in quantum potest. Quare cum nullum sit tam grandis exornationis, quam Vulgare Illustre, videtur, quod quisque versificator debeat ipsum uti. Præterea quod optimum est in genere suo, si suis inferioribus misceatur, non solum nil derogare videtur eis, sed ea meliorare videtur. Quare si quis versificator, quamquam rude versificetur, ipsum suæ ruditati admisceat, non solum bene ipsi ruditati faciet, sed ipsum sic facere oportere videtur. Multo magis opus est adjutorio illis, qui pauca, quam qui multa possunt; et sic apparet quod omnibus versificantibus liceat ipsum uti. Sed hoc falsissimum est, quia nec semper excellentissime poetantes debent illud induere, sicut per inferius pertractata perpendi poterit. Exigit ergo istud sibi consimiles viros quemadmodum alii nostri mores et habitus exigit enim magnificentia magna potentes, purpura viros nobiles, sic et hoc excellentes ingenio et scientia quærit, et alios aspernatur, ut per inferiora patebit: nam quicquid nobis convenit, vel gratia generis, vel speciei, vel individui convenit, ut sentire, ridere, militare; sed nobis non convenit hoc gratia generis, quia etiam brutis conveniret: nec gratia speciei, quia cunctis hominibus esset conveniens, de quo nulla quæstio est; nemo enim montaninis hoc dicet esse conveniens. Sed optimæ conceptiones non possunt esse nisi ubi scientia et ingenium est; ergo optima loquela non convenit rusticana tractantibus; convenit ergo individui gratia: sed nihil individuo convenit, nisi per proprias dignitates, puta mercari, et militare, ac regere; quare si convenientia respiciunt dignitates, hoc est dignos (et quidam digni, quidam digniores, quidam dignissimi esse possunt), manifestum est quod bona dignis, meliora dignioribus, et optima dignissimis convenient. Et cum loquela non aliter sit necessarium

fine del primo libro avemo promesso. Cerchiamo adunque primamente, se tutti quelli che fanno versi volgari, lo denno usare, o no. Vero è, che così superficialmente appare di sì, perciò che ciascuno che fa versi, dee ornare i suoi versi in quanto'l può. Là onde non essendo niuno si grande ornamento, com'è il Volgare illustre, pare che ciascun versificatore lo debbia usare. Oltre di questo, se quello, che in suo genere è ottimo, si mescola con lo inferiore, pare che non solamente non gli tolga nulla, ma che lo faccia migliore. E però se alcun versificatore, ancora che faccia rozzamente versi, lo mescolerà con la sua rozzezza, non solamente a lei farà bene, ma appare che così gli sia bisogno di fare; perciò che molto è più bisogno di aiuto a quelli che ponno poco, che a quelli che ponno assai; e così appare, che a tutti i versificatori sia licito di usarlo. Ma questo è falsissimo; perciò che ancora gli eccellentissimi Poeti non se ne denno sempre vestire, come per le cose di sotto trattate si potrà comprendere. Adunque questo illustre Volgare ricerca uomini simili a se, sì come ancora fanno gli altri nostri costumi ed abiti: la magnificenzia grande ricerca uomini potenti, la porpora uomini nobili; così ancora questo vuole uomini di ingegno e di scienza eccellenti, e gli altri dispregia come per le cose, che poi si diranno, sarà manifesto. Tutto quello adunque, che a noi si conviene, o per il genere, o per la sua specie, o per lo individuo ci si conviene; come è sentire, ridere, armeggiare; ma questo a noi non si conviene per il genere, perchè sarebbe convenevole anco alle bestie; nè per la specie, perchè a tutti gli uomini saria convenevole di che non c'è alcun dubbio; che niun dice, che'l si convenga ai montanari. Ma gli ottimi concetti non possono essere, se non dove è scienzia ed ingegno; adunque la ottima loquela non si conviene ai rozzi parlatori; conviene si per l'individuo; ma nulla all' individuo conviene se non per le proprie dignità; come è mercantare, armeggiare, reggere. E però se le cose convenienti risguardano le dignità, cioè i degni (ed alcuni possono essere degni, altri più degni ed altri degnissimi), è manifesto, che le cose buone ai degni, le migliori ai più degni, le ottime ai degnissimi si convengono. E conciò sia che la loquela non altrimenti sia necessario istromento ai

instrumentum nostræ conceptionis, quam equus militis; et optimis militibus optimi conveniant equi, optimis conceptionibus, ut dictum est, optima loquela conveniet. Sed optimæ conceptiones non possunt esse, nisi ubi scientia. et ingenium est; ergo optima loquela non convenit nisi in illis, in quibus ingenium et scientia est; et sic non omnibus versificantibus optima loquela convenit, cum plerique sine scientia et ingenio versificentur; et per consequens, nec optimum vulgare. Quare si non omnibus convenit, non omnes ipsum debent uti: quia inconvenienter agere nullus debet. Et ubi dicitur quod quilibet suos versus exornare debet in quantum potest, verum esse testamur; sed nec bovem ephippiatum, nec balteatum suem dicemus ornatum, immo potius deturpatum ridemus illum; est enim exornatio alicujus convenientis additio. Ad illud ubi dicitur, quod superiora inferioribus admixta perfectum adducunt, dicimus verum esse, quando cesset discretio, puta si aurum cum argento conflemus; sed si discretio remanet,1 inferiora vilescunt, puta cum formosæ mulieres deformibus admiscentur. Unde cum sententia versificantium semper verbis discretive mixta remaneat, si non fuerit optima, optimo sociata Vulgari, non melior, sed deterior apparebit, quemadmodum turpis mulier, si auro vel serico vestiatur.

CAPUT II.

In qua materia conveniat ornata Eloquentia Vulgaris.

Postquam non omnes versificantes, sed tantum excellentissimos Illustre uti Vulgare debere astruximus, consequens est astruere, utrum omnia ipso tractanda sint, aut non: et si non omnia, quæ ipso digna sunt segregatim ostendere. Circa quod primo reperiendum est id, quod intelligimus per

La voce remanet, dice il Torri Volg. Eloq., Livorno 1850), che nella fiorentina edizione del 1840

fu senz'alcuna ragione cambiata

cesset. Ma il Torri ha preso equivoco. poichè il cambiamento non esiste.

nostri concetti, di quello che si sia il cavallo al soldato; e convenendosi gli ottimi cavalli agli ottimi soldati, agli ottimi concetti (come è detto) la ottima loquela si converrà. Ma gli ottimi concetti non ponno essere, se non dove è scienzia ed ingegno; adunque la ottima loquela non si conviene se non a quelli, che hanno scienzia ed ingegno; e così non a tutti i versificatori si convien ottima loquela, e conseguentemente nè l'ottimo Volgare, conciò sia che molti senza scienzia e senza ingegno facciano versi. E però se a tutti non conviene, tutti non denno usare esso; perciò che niuno dec far quello, che non se gli conviene. E dove è detto che ognuno dee ornare i suoi versi quanto può, affermiamo esser vero; ma nè il bove efippiato, nè il porco balteato1 chiameremo ornato, anzi fatto brutto, e di loro ci rideremo; perciò che l' ornamento non è altro che uno aggiungere qualche convenevole cosa alla cosa che si orna. A quello ove è detto che la cosa superiore con la inferiore mescolata adduce perfezione, dico esser vero, quando la separazione non rimane; come è, se l'oro fonderemo insieme con l'argento; ma se la separazione rimane, la cosa inferiore si fa più vile; come è mescolare belle donne con brutte. Là onde conciò sia che la sentenzia dei versificatori sempre rimanga separatamente mescolata con le parole, se la non sarà ottima, ad ottimo Volgare accompagnata, non migliore, ma peggiore apparirà, a guisa di una brutta donna, che sia di seta o d'oro vestita.

CAPITOLO II.

In qual matéria stia bene usare il Volgare Illustre.

Dappoiché avemo dimostrato, che non tutti i versificatori, ma solamente gli eccellentissimi denno usare il Volgare Illustre, conseguente cosa è dimostrare poi, se tutte le materie sono da essere trattate in esso, o no; e se non sono tutte, veder separatamente quali sono degne di esso. Circa la qual cosa prima è da trovare

Bove efippiato, .... porco bal- di sella... porco cinturato o orteato, cioè bove insellato o decorato

nato di cintura.

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