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questa abitazione mortale liberamente in pace si viva. E perchè la disposizione di questo mondo seguita la disposizione delle celesti sfere, è necessario a questo, affinchè gli universali ammae- · stramenti della pacifica libertà comodamente a' luoghi ed a' tempi s' adattino, che questo terreno Imperadore sia da Colui spirato, il quale presenzialmente vede tutta la disposizione de' cieli. Questi è solo Colui che ordinò questa disposizione, acciocchè egli per mezzo di essa provedendo, tutte le cose a' suoi ordini collegasse. E se egli è così, solo Iddio elegge, solo Iddio conferma, non avendo egli superiore. Onde ancora vedere si può, che nè questi che ora si dicono, nè altri che mai si sieno detti Elettori, così si debbono chiamare, ma piuttosto denunziatori della provvidenza divina. Di qui avviene che spesso insieme si discordano quelli a' quali è data una tale facoltà di denunziare; o perchè tutti loro, o perchè alcuni di loro, ottenebrati dalla nebbia della cupidità, non discernono la faccia della disposizione divina. Così adunque apparisce che l'autorità del temporale Monarca senza mezzo alcuno in esso discende dal fonte della universale autorità ; il quale fonte nella sommità della semplicità sua unito, in varii rivi spartisce liquore della bontà divina abbondante. E già mi pare assai avere tocco il proposto termine. Imperciocchè è dichiarata la verità di quella quistione, per la quale si cercava, sc al bene essere del mondo fosse l'officio del Monarca necessario; ed ancora di quella che cercava, se il popolo romano per ragione s' attribui l' Imperio, non meno che dell'ultima, nella quale si domandava, se l'autorità del Monarca, senza mezzo, da Dio ovvero da altri dipendesse. Ma la verità di quest' ultima quistione non si deve cosi strettamente intendere, che il Principe Romano non sia al romano Pontefice in alcuna cosa soggetto: conciossiache questa mortale felicità alla felicità immortale sia ordinata. Cesare adunque quella reverenza usi a Pietro, la quale il primogenito figliuolo usare verso il padre debbe, acciocchè egli illustrato dalla luce della paterna grazia, con più virtù il circolo della terra illumini. Al quale circolo è da Colui solo proposto, il quale è di tutte le cose spirituali e temporali governatore.

QUÆSTIO

DE AQUA ET TERRA.

LA QUESTIONE

DELL'ACQUA E DELLA TERRA.

NOTIZIE PRELIMINARI.

Trovandosi Dante in Mantova, insorse, secondo ch' egli stesso racconta, una questione, la quale quantunque trattata assai volte, era rimasta indeterminata. Aggiravasi essa intorno al sito e alla figura dell' Acqua e della Terra; ma più particolarmente ristringevasi a questo, di ricercare se l'Acqua nella sua sfericità, vale a dire nella sua propria circonferenza, fosse in qualche parte più alta della Terra. E per i più risolvevasi la questione affermativamente. Laonde essendo io, dice Dante medesimo, fin dalla fanciullezza nutrito nello studio della verità, non soffersi di lasciare indecisa la prefata questione; ma piacquemi dimostrare il vero intorno ad essa, e gli argomenti addotti in contrario risolvere si per amore della verità, come per avversione alla falsità. E degli argomenti addotti per la risoluzione affermativa, tralasciatine alcuni per la loro leggerezza, cinque Dante ne ritenne, che sembravano avere una qualche efficacia, e questi pienamente confutò.

La tesi filosofica fu da lui sostenuta colle forme scolastiche di quel tempo nella città di Verona, nel tempietto di Sant' Elena, il dì 20 gennaio dell'anno 1320, alla presenza di tutto il Clero veronese. Dopo di che, affinchè il livore di molti (son pur queste parole di Dante), i quali sogliono fabbricar menzogne a danno degli assenti, non abbia a trasmutare le cose dette bene, ho voluto sopra queste carte, scritte di mio pugno, lasciar ciò che da me fu determinato, e disegnare colla penna la forma di tutta la disputa.

Rispetto all' autenticità di questo scritto giudico, come pur giudicò il Torri, tempo perduto il sostenerla contro i pochi oppositori, dappoichè la massima parte de' biografi ed espositori di Dante sono concordi nel riconoscerlo per lavoro di lui. « E se a persuaderne di » ciò (dice il citato Torri) non valessero lo stile e i modi, in tutto

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