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samenti quattro m'ingombravano più il riposo della vita. L'uno de' quali era questo: buona è la signoria d'Amore, perocchè trae lo intendimento del suo fedele da tutte le vili cose. L'altro era questo: non buona è la signoria d' Amore, perocchè quanto lo suo fedele più fede gli porta, tanto più gravi e dolorosi punti 2 gli conviene passare. L'altro era questo: lo nome d'Amore è si dolce a udire, che impossibile mi pare che la sua operazione sia nelle più cose altro che dolce, conciossiacosaché i nomi seguitino le nominate cose, siccome è scritto: Nomina sunt consequentia rerum. 3 Lo quarto era questo: la donna per cui amore ti stringe così, non è come le altre donne, che leggermente si mova del suo cuore. E ciascuno mi combattea tanto, che mi facea stare come colui, che non sa per qual via pigli il suo cammino, e che vuole andare, e non sa onde si vada. E se io pensava di voler cercare una comune via di costoro, cioè là ove tutti si accordassero, questa via era molto inimica verso di me, cioè di chiamare e mettermi nelle braccia della pietà. Ed in questo stato dimorando, mi giunse volontà di scriverne parole rimate, e dissine allora questo Sonetto:

se.

5

Tutti li miei pensier parlan d' Amore,
Ed hanno in lor si gran varïetate,
Ch'altro mi fa voler sua potestate,
Altro folle ragiona il suo valore.
Altro sperando m' apporta dolzore; *
Altro pianger mi fa spesse fïate;
E sol s' accordano in chieder pietate,
Tremando di paura ch'è nel core.
Ond' io non so da qual materia prenda ;
E vorrei dire, e non so ch' io mi dica :
Così mi trovo in amorosa erranza.

Le vili cose, al. le rie cose.

2 Punti, al. pianti.

3 I nomi son conseguenti alle co

Cioè, un altro col farmi sperare m'apporta dolcezza.

5 Un altro, sottintendi, col togliermi ogni speranza.

1

E se con tutti vo' fare accordanza, 1
Convenemi chiamar la mia nemica,

Madonna la Pietà, che mi difenda.

Questo Sonetto in quattro parti si può dividere: nella prima dico e propongo che tutti i miei pensieri sono d'Amore; nella seconda dico che sono diversi, e narro la loro diversitade; nella terza dico in che tutti pare che s'accordino; nella quarta dico che volendo dire d' Amore, non so da quale pigli materia; e se la voglio pigliare da tutti, conviene che io chiami la mia nemica, madonna la Pietà. Dico Madonna, quasi per isdegnoso modo di parlare. La seconda comincia quivi: Ed hanno in lor; la terza: E sol s' accordan.; la quarta: Ond'io.

§ XIV. Appresso la battaglia delli diversi pensieri, avvenne che questa gentilissima venne in parte ove molte donne gentili erano adunate; alla qual parte io fui condotto per amica persona, credendosi fare a me gran piacere in quanto mi menava là ove tante donne mostravano le loro bellezze. Ond' io quasi non sapendo a che fossi menato, e fidandomi nella persona, la quale un suo amico all' estremità della vita condotto avea, 2 dissi: Perché semo noi venuti a queste donne? Allora quegli mi disse: Per fare si ch'elle sieno degnamente servite. E lo vero è che adunate quivi erano alla compagnia d' una gentildonna, che disposata era lo giorno; e però secondo l'usanza della sopradetta cittade, conveniva che le facessero compagnia nel primo sedere alla mensa che facea nella magione del suo novello sposo. Si che io, credendomi far il piacere di questo amico, proposi di stare al servizio delle donne nella sua compagnia. E nel fine del mio proponimento mi parve sentire un mirabile tremore incominciare nel mio petto dalla sinistra parte, e stendersi di subito per tutte le parti del mio corpo.

3

Accordanza, erranza, accordo, errore. Tal desinenza in anza è frequente ne' nostri antichi poeti.

Dice così, per quello che ivi gli avvenne, e che racconterà fra

breve.

Lo giorno, quel giorno, com' ho avvertito più sopra.

Alla mensa che facea, al. che facea alla mensa.

1

Allora dico che poggiai la mia persona simulatamente ad una pintura, la quale circondava questa magione; e temendo non altri si fosse accorto del mio tremare, levai gli occhi, e mirando le donne, vidi tra loro la gentilissima Beatrice. Allora furono sì distrutti li miei spiriti per la forza che Amore prese veggendosi in tanta propinquitade alla gentilissima donna, che non mi rimase in vita più che gli spiriti del viso, ed ancor questi rimasero fuori de' loro strumenti, perocchè Amore volea stare nel loro nobilissimo luogo per vedere la mirabile donna: e avvegna ch'io fossi altro che prima, molto mi dolea di questi spiritelli, che si lamentavano forte, e diceano: Se questi non ci sfolgorasse così fuori del nostro luogo, noi potremmo stare a vedere la meraviglia di questa donna cosi come stanno gli altri nostri pari. Io dico che molte di queste donne, accorgendosi della mia trasfigurazione, si cominciaro a maravigliare; e ragionando si gabbavano di me con questa gentilissima: onde, di ciò accorgendosi l'amico mio, 2 di buona fede mi prese per la mano, e traendomi fuori della veduta di queste donne, mi domandò che io avessi. Allora riposato alquanto, e risurti li morti spiriti miei, e li discacciati rivenuti alle loro possessioni, dissi a questo mio amico queste parole: Io ho tenuti i piedi in quella parte della vita, di là dalla quale non si può ire più per intendimento di ritornare. E partitomi da lui, mi ritornai nella camera delle lagrime, nella quale piangendo e vergognandomi, fra me stesso dicea: Se questa donna sapesse la mia condizione, io non credo che così gabbasse la mia persona, anzi credo che molta pietà ne le verrebbe. E in questo pianto stando, proposi di dir parole, nelle quali a lei parlando significassi la cagione del mio trasfiguramento, e dicessi che io so bene ch'ella non è saputa, e che se fosse saputa, io credo che pietà ne giungerebbe altrui: e proposi di dirle, desiderando che venis

3

'Cacciasse velocemente, a guisa di folgore.

2 Onde di ciò accorgendosi l'amico

mio, al. onde l'ingannato amico mio. a Non è consapevole, non ha cognizione di ciò.

sero per avventura nella sua audienza; e allora dissi questo Sonetto:

Coll' altre donne mia vista gabbate, 1

E non pensate, donna, onde si mova,
Ch'io vi rassembri si figura nova,
Quando riguardo la vostra beltate.
Se lo saveste, non potria pietate

Tener più contra me l'usata prova;

2

Ch' Amor, quando si presso a voi mi trova,
Prende baldanza e tanta sicurtate,

Che fiere tra' miei spirti paurosi,

E quale ancide, e qual caccia di fuora,
Sicch' ei solo rimane a veder vui;
Ond' io mi cangio in figura d'altrui,

Ma non si ch' io non senta bene allora

4

Gli guai de' discacciati tormentosi. “

Questo Sonetto non divido in parti, perchè la divisione non si fa se non per aprire la sentenzia della cosa divisa: onde, conciossiacosache per la ragionata cagione 5 assai sia manifesto, non ha mestieri di divisione. Vero è che tra le parole ove si manifesta la cagione di questo Sonetto si trovano dubbiose parole; cioè quando dico ch' Amore uccide tutti i miei spiriti, e li visivi rimangono in vita, salvo che fuori degli strumenti loro. E questo dubbio è impossibile a solvere a chi non fosse in simil grado fedele d' Amore; ed a coloro che vi sono è manifesto ciò che solverebbe le dubitose parole: e però non è bene a me dichiarare cotale dubitazione, acciocchè lo mio parlare sarebbe indarno ovvero di soperchio.

§ XV. Appresso la nuova trasfigurazione mi giunse un

'Insiem colle altre donne, voi gabbate il mio aspetto, cioè vi prendete giuoco di me.

L'usata, la solita severità.

3 Che fiere. Fierere, vale propriamente ferire; ma qui potrebbe anco valere infierire, cioè infierisce con

tro i miei spiriti.

Cioè: i guai tormentosi de'discacciati spiriti.

5 Per la ragionata cagione, al. per la sua ragione.

6 Acciocchè nel significato di perciocchè.

1

pensamento forte, il quale poco si partia da me; anzi continuamente mi riprendea, ed era di cotale ragionamento meco: Posciache tu pervieni a così schernevole vista quando tu se' presso di questa donna, perchè pur cerchi di vederla? Ecco che se tu fossi domandato da lei, che avresti tu da rispondere? ponendo che tu avessi libera ciascuna tua virtude, 2 in quanto tu le rispondessi. Ed a questo rispondea un altro umile pensiero, e dicea: Se io non perdessi le mie virtudi, e fossi libero tanto ch' io potessi rispondere, io le direi, che si tosto com' io immagino la sua mirabil bellezza, si tosto mi giugne un desiderio di vederla, il quale è di tanta virtude, che uccide e distrugge nella mia memoria ciò che contra lui si potesse levare; e però non mi ritraggono le passate passioni da cercare la veduta di costei. Ond' io mosso da cotali pensamenti proposi di dire certe parole, nelle quali scusandomi a lei di cotal riprensione, ponessi anche quello che mi addiviene presso di lei, e dissi questo Sonetto:

3

Ciò, che m'incontra nella mente, more
Quando vegno a veder voi, bella gioia,
E quand' io vi son presso, sento Amore,
Che dice: Fuggi, se'l perir t'è noia :
Lo viso mostra lo color del core, 4
Che, tramortendo, ovunque può s' appoia. "
E per l'ebrïetà del gran tremore

6

Le pietre par che gridin: Moia, moia,
Peccato face chi allor mi vide,

Continuamente mi riprendea, ed era di cotale ragionamento meco, al. continuamente era meco.

2 Virtude per polenza o facoltà dell'anima.

3 Vale a dire: fuggi se non t'è a grado il rimanere qui morto.

Intendi il mio volto pallido e smorto dimostra che smorto pure è il coré.

5 S'appoggia.

6 Intendi: le pietre di quella parete, di quella muraglia, ov' egli, sentendosi venir meno, s' appoggiò. Vedi ciò che Dante dice due pagine sopra.

Rimprovero a Beatricé, che in quel tempo non mostravasi sensibile all' affetto del Poeta.

8 Vide per vede. Osservisi nel Canzoniere a pagina 95 la nota relativa.

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