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Così contemplò l'universo, così visse e così morì Giacomo Leopardi, uno dei più grandi scrittori, e (se avesse sortito il nascere altrove) uno dei più grandi uomini che sieno surti in questi ultimi tempi, non solo in Italia, ma in Europa. Grande per maraviglioso e quasi sovrumano ingegno, grande per isterminati e quasi incredibili studi e per prose e poesie altissime ed inimitabili, fu grandissimo e facilmente unico per la modestia e l'innocenza de' suoi costumi. Quest'uomo degno per tutte le parti di un secolo migliore, si portò intatto nel sepolcro il fiore della sua verginità; e, per questo medesimo, amò due volte (benchè senza speranza) come mai nessun uomo aveva amato sulla terra. Giusto, umano, liberale, magnanimo e lealissimo, s'immaginò da principio che gli uomini fossero in tutto buoni. Tradito e disingannato del soverchio che ne aveva sperato, concluse da ultimo ch'erano in tutto cattivi. E solo la prematura morte l'impedì di giun. gere a quella terza e riposata disposizione d'animo per la quale avrebbe estimati gli uomini, quel che veramente sono, nè in tutto buoni nè in tutto cattivi. Gli estremi stessi, nell' apparenza inesplicabili, ai quali trasandava nel suo vivere pratico e cotidiano, come l'usar troppo o troppo poco il cibo, la luce, l'aria, il moto, la conversazione degli uomini e somiglianti, erano, nell'esistenza, il piu vivo e vero testimonio dell'innata ed angelica bontà dell'animo suo; perchè tentava, per le più opposte vie, la nemica natura, se mai avesse potuto impetrarne l' adito nella grande armonia e nell' universale amore di tutto il creato, onde il tremendo prestigio del suo immenso dolore gli aveva

dato a credere d' essere stato fatalmente escluso. Che se nè quel dolore nè quel prestigio fu sanabile, ne maraviglino solo coloro che, nel giudicare i grandi uomini, non guardano nè ai tempi nè ai luoghi nè alle complessioni, e non sanno presupporre quel che sarebbero stati o Alessandro o Cesare o Napoleone, se fossero nati nelle condizioni del Leopardi.

Questi fu di statura mediocre, chinata ed esile, di colore bianco che volge al pallido, di testa grossa, di fronte quadra e larga, d'occhi cilestri e languidi, di naso proffilato, di lineamenti delicatissimi, di pronunziazione modesta e alquanto fioca, e d'un sorriso ineffabile e quasi celeste.

Il suo cadavere, salvato, come per miracolo, dalla pubblica e indistinta sepoltura dove la dura legge della stagione condannava, o appestati o non, i grandissimi e i piccolissimi, fu seppellito nella chiesetta suburbana di San Vitale su la via di Pozzuoli, nel cui vestibolo una pietra, ritratta nella seconda tavola posta dinanzi a questa edizione, ne fa modesto e pietoso ricordo al passeggiero.

NOTE.

Pag. 9. (1) Excerpta ex schedis criticis Jacobi Leopardii, comitis Bonnae, 1834.

Ecco il preambolo di questa preziosa scrittura, nel quale è contenuto un breve catalogo dei più importanti manoscritti fidati dal Leopardi al de Sinner.

Jacobus Leopardius, cujus nomine inter poetas aeque ac pedestris orationis scriptores vix aliud majus, quam felicia in romanis quoque et graecis litteris studia collocaverit, non incognitum quidem erat apud exteros, sed ratio eorum atque amplitudo ignorabatur. Cujus ut ego potissimum lectoribus nostris exsisterem interpres, fecit primum honorificentissima, qua me dignatur vir illustris, amicitia et scriptorum de rebus philologicis suorum communicatio omnium, deinde vero (quod erit quando lugeant harum litterarum amantes!) inhibita ob valetudinis infirmitatem studiorum haec via operosior. Puer admodum perspexerat quam manca sit et imperfecta apud Italos suos antiquarum litterarum institutio: quare ex ipsis scriptoribus perpetua lectione hauriendum esse quicquid de antiquitate possit sciri. In hac igitur a duodecimo fere ad vigesimum sextum aetatis annum quae chartis suis mandaverit, quae fuerit molitus ad illustrandas graecarum praesertim litterarum partes obscuriores vel ad colligenda ex ingenti earum naufragio tabulata, paucis exponemus. Ad finem perducta opera, sua omnia manu accuratissime scripta, haec fere nobis credidit vir eximius: PORPHYRII VITAM PLOTINI; COMMENTARII DE VITA ET SCRIPTIS RHETORUM QUORUMDAM QUI SECUNDO POST CHR. SAEC. VEL PRIMO DECLINANTE VIXERUNT, AD CALCEM ADJECTIS ET OBSERVATT. ILLUSTRATIS vett. aliquot opusc., 1814 qui ei erat decimus sextus aetatis (Roma 1815). SAGGIO SOPRA GLI ERRORI POPOLARI DEGLI ANTICHI, 1815, admirandae lectionis et eruditionis opus: verum amplitudine multum superatur alio, non plane sed paene absoluto, COLLECTIONE FRAGMENTORUM QUINQUAGINTA PATRUM, quam in litteris ad me datis magna laude ornavit harum rerum arbiter insignis, clarissimus Thilo, professor Halensis. Ad medium fere perductus est ComMENTARIUS doctissimus IN JULII AFRICANI CESTOS. Accedit ingens schedularum copia, quae OBSERVATIONES continent IN SCRIPTORES PLURIMOS. Ex his deprompsimus quaedam, quae nondum erant ab editoribus occupata: emendationum autem a Bentleio, Reiskio, aliis

criticis viro optimo occupatarum ut numerus est permagnus, ita reliquis magnae est commendationi. Mentionem fieri oportet praesertim PLATONIS, DIONYSII HALICARNASSEI, FRONTONIS, Demetrii PhalerEI, THEONIS SOPHISTAE, in quos scriptores plurima viri praestantissimi observata penes nos sunt; praeterea collectiones grammaticae plenissimae de structura et usu vocum ἄλλος et ἄλλως; ἑξῆς, πλέον et aliorum comparativorum apud seriores, de praepositione лαрà signif. PROPTER, de idios, idiotns, idios signif. SINGULARIS, MIRABILIS, et al. Etiam quae prius edita erant, DISCORSO SOPRA MOSCO in SPETTATORE. Milano, 1816, 57, p. 173 sqq. DiscoRSO SOPRA LA BATRACOMIOMACHIA, ibid. 43, p. 50 sqq. (ristampata dal Berger de Xivrey e dal Bothe nel terzo volume della sua Odissea), DELLA FAMA AVUTA DA ORAZIO PRESSO GLI ANTICHI, ibid. 66, p. 133 sqq., de PHILONIS JUD. SERMONIBUS TRIBUS INEDITIS in EFFEMERIDI LETTERARIE DI ROMA, 1822, t. 9, p. 257 sqq. (e in Venezia anno medesimo), de CICERONIS LIBRIS DE REPUB. ibid. p. 333 sqq. de EUSEBII CHRON. EX ARMEN. ED. ibid. 1823, t. 10, p. 101 sqq. (Annotazioni sopra la Cronaca di Eusebio pubblicata l'anno 1818 in Milano dai dottori Angelo Mai e Giovanni Zohrab, scritte l'anno appresso dal conte Giacomo Leopardi a un amico suo, Roma 1823), et alia, ea posterioribus curis multum aucta mihi tradidit vir illustris. Omnia haec, ut res fert, vel integra vel excerpta, volente auctore excellentissimo, typis data occasione mandabimus: brevem autem hanc observationum quasi promulsin, quæ nobis judicibus neque novitate caret neque probabilitate, aequi bonique consulas. DR. L. DE SINNER.

Oltre alle cose dianzi notate, il nobilissimo filologo alemanno mi significò di possedere: Un brano sopra Celso, De arte dicendi; un brano sopra il preteso Longino; un brano sopra il Dionigi d' Alicarnasso pubblicato dal Mai, al Giordani; alcune chiose sopra Floro; un brano sopra l'Impresa e le Cose greche di Senofonte; una dissertazione sopra le Arpie; un buon numero di Vari pensieri critici, altri finiti, altri solamente abbozzati. Sarebbe assai da desiderare che venisse un giorno nel quale non fosse impossibile di pubblicare una scelta di COSE filologiche o di AFORISMI CRITICI DI GIACOMO LEOPARDI.

Pag. 9. (2) Il catalogo che segue in questa nota, insieme con quello contenuto nella precedente e col poemetto citato nella susseguente, formano la somma di tutte le cose stampate o manoscritte del Leopardi, per imperfezione o per ispecialità filologica, non deputate da lui ad essere pubblicate o ristampate in questa edizione, la quale egli era per dichiarare SOLA APPROVATA DALL' AUTORE.

Storia dell' astronomia dalla sua origine fino all' anno 1811; Discorso sopra la vita e le opere di Marco Cornelio Frontone; De vita et scriptis Ælii Aristidis, Commentarius; De vita et scriptis Hermogenis, Commentarius; De vita et scriptis Marci Cornelii Frontonis, Commentarius; De vita et scriptis Dionis Chrysostomi, Commentarius (questi ed altri sì fatti zibaldoni erano considerati dall'Autore piuttosto come selva di studi e di esercitazioni della prima età, che come manoscritti; nè gli ultimi quattro sono altro che i primi abbozzi del manoscritto fidato poscia al de Sinner col titolo di Commentarii de vita et scriptis rethorum quorundam qui saecundo post Christi saeculo vel primo declinante vixerunt); Notizie storiche e geografiche sulla città e chiesa arcivescovile di Damiata, Loreto 1815; La guerra de' topi e delle rane, poema, traduzione inedita dal greco del conte Giacomo Leopardi, Milano 1816 (e in molte altre città d'Italia); Saggio di traduzione dell' Odissea del conte Giacomo Leopardi, canto primo, Milano, Spettatore, quaderno 55, 1816: Continuazione e fine del saggio di traduzione dell' Odissea, ibid. quad. 56, 1816; Poesie di Mosco, traduzione inedita del conte Giacomo Leopardi, ibid. quad. 58, 59, 60, 61 e 62, 1816; La Torta, poemetto d'autore incerto, tradotto dal latino pel conte Giacomo Leopardi, ibid. quad. 68, 1817, e Recanatı 1822; Titanomachia di Esiodo, traduzione di Giacomo Leopardi, ibid. quad. 77, 1817; libro secondo dell' Eneide, traduzione del conte Giacomo Leopardi, Milano 1817; Inno a Nettuno d'incerto autore, novamente scoperto, traduzione dal greco del conte Giacomo Leopardi, Milano 1817 (alla versione dell' inno seguitavano due odi greche); sei Idilli, due Elegie, cinque Sonetti alla mattaccina, il Volgarizzamento della satira di Simonide contro alle donne e le Annotazioni critiche ai Canti nell'edizione dei medesimi, Bologna, 1826; Rime di Francesco Petrarca, colla interpretazione composta dal conte Giacomo Leopardi, Milano 1826, e, Firenze 1839; Crestomazia italiana, cioe, scelta di luoghi insigni o per sentimento o per locuzione, raccolti dagli scritti italiani in prosa di autori eccellenti d'ogni secolo, per cura del conte Giacomo Leopardi, Milano 1827; Crestomazia italiana poetica, civè, scelta di luoghi in verso italiano insigni per sentimento o per locuzione, raccolti e distribuiti secondo i tempi degli autori, dal conte Giacomo Leopardi, Milano 1828.

Non si è mai saputo che il Leopardi volgarizzasse i Caratteri di Teofrasto, come il chiarissimo professor Ignazio Montanari di Pesaro, per solo errore, stampò di aver letto nel quaderno 33 del Progresso, Napoli 1837, dove mai non fu detta una cosa tale.

Pag. 9. (3) Comes Jacobus Leopardius, recanatensis picens,

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