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Malatesta seniore sposato, nel M.CC.LXVI, la Margherita di Pandolfo di Pesce de' Paltonieri da Montesilice, s'ha da inferirne che la Concordia fosse morta prima. Nel M.CC.LXIII Giovanni e Paolo non eran già più fanciulli. Giacchè, il .vj. Novembre di quell' anno, papa Urbano IV scriveva al vescovo di Rimini :

Significarunt nobis dilecti filii..... Malatesta et Johannes. ac Paulus filii eius cives Ariminenses, quod licet nos eis pro sincera devotione quam gerunt ad Romanam Ecclesiam volentes facere gratiam specialem tibi dederimus per nostras litteras in mandatis ut dictis Johanni et Paulo in quàdam pecunie summa faceres a Monasteriis et Ecclesiis Romaniole per te vel per alium provideri, ac a te vel subdelegatis tuis viginti libre de predicta pecunia Ecclesie S. Salvatoris Dominici Sepulchri Ariminen. Dioc. predicte Romaniole fuerint imposite prefatis fratribus persolvende; quia tamen nos eamdem Ecclesiam a solutione ipsarum viginti librarum dicimur absolvisse, nondum eis de provisione huiusmodi est integre satisfactum. Quare ipsi humiliter petebant a nobis, ut providere super hoc da benignitate Aplca curaremus. Quo circa mandamus quatemus si est ita et Ecclesiam ipsam tibi constiterit per nostras litteras a talibus absolutam, predictas vigenti libras eisdem fratribus ab aliquibus aliis Monasteriis et Ecclesiis predicte Provincie Romaniole proportionaliter sicut expedire videris uixta dictarum litterarum tibi directarum continentiam facias exhiberi.

Questo documento pruova, che razza di confusione c'era nell' amministrazione pontificia; e come vi si prendessero disposizioni contradditorie e talvolta senza serbarne memoria. Quindi, non diamo molto peso alla frase, in cui si parla della sincera devozione di Giovanni e Paolo alla chiesa romana: evidentemente, si premiavano, in loro, non meriti personali, anzi i meriti della famiglia. Il quattro Febbrajo M.CC.LXIV, innanzi a notar Ugolino d'Errico

Messer Malatesta da Verrucchio nomine filiorum suorum Johannis et Paulotij scholarium, dichiara di ricevere, dai Canonici di Santa Maria in Porto di Ravenna, una somma di danaro in via di transazione pro plena solucione et integra satisfactione provisionis imposite. Giovanni e Paulo o Paulozzo eran dunque allora studenti. Paulo nel M.CC.LXIX per terminare alcune vertenze sulla contea di Ghiaggiuolo, alla quale pretendevan donne, patrocinate da Guido da Montefeltro, oltre il Mastin vecchio, sposò Domina Orabilis sive Beatrisia figliuola del fu conte Uberto da Ghiaggiuolo, la quale, in una transazione de' .xxviij. Agosto di quell'anno, si confessa maggiore di .xv. anni per prestar giuramento. Questa Orabile ossia Beatrice viveva ancora nel M.CCC.III. ed era morta nel M.CCC.VII. Raccolgo dal Tonini, dal quale prendo tutte queste notizie, come di Paolo,

ci sia ricordo, in quella procura, fatta nel consiglio di Rimini a' xiv. Gennaio M.CC.LXXVI. a Berlingiero degli Amorosi, cittadin riminese, il quale, a nome del Comune, nonchè di Malatesta da Verucchio et Pauli filii ipsius Domini Malateste ed a nome degli usciti di Sammarino, di Santagata, di Cesena di Bertinoro, eccetera, dovea comparire dinanzi all'Arcivescovo di Ravenna, nel quale rimesso era il comporre la pace fra tutti coloro qui nominati, che appartenevano a parte guelfa ed i sindaci delle città ghibelline Forlì, Cesena, Forlimpopoli, Faenza e loro seguaci, fra i quali nominatamente erano Guido, conte di Montefeltro, Giovanni di Ramberto de' Malatesti e gli usciti di Rimino e di Ravenna.

Inoltre risulta, che, nel M.CC.LXXXII, Paolo venne nominato Capitano e Conservatore della pace del popolo in Firenze, e che, il primo Febbrajo del M.CC.LXXXIII, chiedesse licenza.

De speciali gratia petat a Comuni Florentie sibi et sue familie et berro variis dari et concedi licentiam et parabolam

ad propria presentialiter redeundi propter sua magna, varia et ardua negotia exeroenpa et expedienda, que sine sua presentia commode explicari non possunt (1).

Nel M.CC.LXXXII, Paolo doveva, dunque, aver più di .xxx. anni, età legale per l'ufficio di capitano del popolo. Giovanni, che non oserei, recisamente, affermare maggiore di Paolo, come vuole l'opinion volgare e come il Tonini, pur, crede provare con copia di argomenti, risulta essere stato Podestà, in Pesaro, nel M.CC.LXXXI. (anche per esser Podestà si richiedevano, almeno, .xxx. anni) e nel M.CC.XCI; in Faenza, nel M.CC.XCIII; ed in Pesaro, ancora, nel M.CC.XCIV e dal M.CC.XCVI al M.CCC.IV, ultimo anno di sua vita: << Nè con ciò, » dice il Tonini << siam sicuri » di conoscere tutte le Podesterie, tenute da lui ». Prese, dunque, per quanto a noi costa, parte alle cose pubbliche, solo, dopo il fratello Paolo. Quando sposasse la Francesca, non si sa; sappiamo bensì, che la Maddalena, sua sorella, (viva, ancora, nel M.CCC.XI.) fu moglie, anche, di Bernardino da Polenta, fratello della Francesca, ignorandosi tuttavia il tempo di queste altre nozze. Dalla Francesca non ebbe Giovanni se non la figliuola Concordia, in cui rifece la madre? o diremo, piuttosto, questa sola soprav

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(1) La licenza gli venne concessa. Nota un errore del Tonini; il quale scrive: Lo stesso Paolo, addi .vj. de' [Decembre M.CC.LXXXII] >> ebbe rivocato certa condanna, che egli avea proferito in mille marche » d'argento contro messer Bonaccorso Elisei, uno dei consorti di » Dante. >> Uno degli Elisei, consorte di Dante? Ma se era d' un'altra famiglia! E che gl' illustri Elisei e gli oscuri Allaghieri discendessero da un ceppo comune è una fiaba senza fondamento alcuno tranne la storta interpretazione del verso, messo da Dante in bocca a Cacciaguida: Moronto fu mio frate et Eliseo. Che altri non immaginasse Dante aver posto Paolo in Inferno per vendicar qualche suo lontanissimo parente d'un sopruso sofferto!

vivere, il .xviij. febbrajo nel M.CCC.XI, quando il vecchio Malatesta, diiquasi cento anni, dettava il suo testamento (1)?

Quando avvenne l'uccisione de' due cognati? Evidentemente, dopo il primo febbrajô dell' anno M.CC.LXXXIII, in cui abbiamo le ultime memorie di Paolo. S'è detto e creduto, nel settembre M.CC.LXXIX. Dice il Tonini:

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Oggi, si è trovato chi ci abbia saputo indicare, anco, il dì preciso, cioè, il iv. Settembre; per cui, è a sperare, che, procedendo a qualche secolo, se ne trovi anche l'ora, poi, più avanti, anche, il minuto secondo.

Quindi, con sottili ragionamenti ma non inoppugnabili, vuole fissare la catastrofe all' anno M.CC.LXXXV. Ad ogni modo, anche così, Paolo doveva avere, quando accadde, circa una quarantina d'anni, supponendolo: di quindici, nel M.CC.LXIII, quando era studente; di ventuno, nel M:CC.LXIX, quando prese moglie; di trentaquattro, nel M.CC.LXXXII, quando fu capitano del popolo in Firenze. Avea moglie, aveva figliuoli: almeno un maschio ed una femmina. E la Francesca? Se, come, pur, sembra volere il Tonini, la supponiamo maritata nel M.CC.LXXV od in quel torno, nel M.CC.LXXXV, contava ben due lustri di matrimonio. Ma, se ammettessimo l'anno M.CC.LXXXIX per la catastrofe, non potremmo assegnare a Paolo meno di xlv. anni e dovremmo supporre valicata la trentina dalla Francesca.

(1) Qui, confesso di trovarmi imbrogliato. Uberto, conte di Ghiaggiuolo, figliuol di Paolo, nel M.CCC. era podestà di Cesena; dunque, doveva aver varcato l'anno xxx; in un atto del M.CCC.III, egli riceve il rinnovamento dell'atto di vassallaggio degli uomini di Casercolo; e, poi, il Tonini pubblica un atto del .xvj. Decembre M.CCC.VII. con cui Malatesta il vecchio, nonno, emancipa il nipote Uberto. Emancipare un uomo di circa .xl. anni? mi par forte!

Come ognun vede, la poesia se ne va. Tutta la splendida fantasia di Dante, crolla. L'aureola, ond' egli ha fregiati i due cognati, sparisce. E non avanza più, se non una tresca volgare e, quasi, stomachevole.

Il Giuliani avverte, acconciamente:

Quello, che vieppiù cresce l'efficacia della pietosa narrasione, che ne fa Dante, si è l'averne celato alcune particolarità, onde potè aggravarsi la reità de' due amanti e renderci l'anima men pia al tristo lor caso. Certo, ch'egli assai ne intenerisce il cuore, mostrandoceli, sì fieramente puniti, quasi al primo lor fallo; ciò, che non avverrebbe, quando ci avesse in prima avvertiti, che Paolo era, anch' esso, già, da parecchi anni, maritato e pur tuttavia stretto di proibito e palese amore a Francesca, omai, da undici anni, stretta di matrimonio con Gianciotto e già madre d'un figliuolo morto e d'una figlia sopravvivente. L'accorta industria del nostro poeta s'ingegna tutta nell' accennare solo quel tanto della storia, che si presti per darci a conoscere i personaggi, recati in iscena; ma, poi, ne tralascia, a bello studio, la parte, nociva alla bellezza del quadro, mentre ne immagina interamente la meglio parte. Bensì, a queste sue immaginazioni, ei sa porgere tanta verosimiglianza, che, ben lungi dal poter essere smentite dai fatti accertati [sic!], si rendono, anzi, credibili, come verità, richieste a compimento della storia. L' Allighieri è storico; ma, all' usanza de' poeti, che dal vero prendono fondamento e materia alle loro finzioni, studiandosi, poscia, di tratteggiarle non altrimenti, che e' fossero stati in presenza dei casi, raccontati o descritti. E chi, mai, disvelò a Dante la prima radice dell'amore dei due Cognati e le diverse angoscie [sic! leggi: angosce] di Ugolino, nell' orribile torre? Ma, or, chi potrebbe negare la verità di quelle dolenti narrazioni [sic!] e non lasciarsene impietosire? La finzione, per Dante, si trasmuta in un fatto visibile; ed egli, con l'arte sua, emulatrice della natura, vi rapisce a segno da non concedere riposo alla vostra maraviglia, nè tempo a distinguere il finto dal vero, che v'appariscono tutt' uno.

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