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In questa Canzone, Dante la rigidità della sua donna con rigide rime dimostra.

Il Fraticelli così ne ragiona:

In questa canzone vuole il Poeta riprendere la rigidezza della sua amata. Ma questa amata sarà ella la filosofia, o piuttosto una donna vera e reale? Se fosse la prima, con quanta ragione avrebbe potuto inveire contro di essa, ed in un modo cotanto acerbo, mentre nel Convito va dicendo, che la Filosofia fu la consolatrice delle sue lacrime, quella, per la quale sentiva grande dolcezza; quella, ch' ei non poteva immaginare in atto, che misericordioso non fosse? A qual fine, dunque, avrebbero potuto tendere tante rampogne contro la Filosofia? Inoltre, con quanta proprietà avrebb' egli detto, che la Filosofia, questa femmina intellettuale, avesse biondi i capelli, de' quali le dorate treccie [sic!] fossero divenute per lui scudiscio e ferza? Pertanto questa canzone parla di donna vera e reale, non però di Beatrice. Per tale virtuosa donzella senti Dante un amore, che non si dipartì mai da cortesia e gentilezza, siccome narrai nella dissertazione. Quindi appare affatto improbabile, che l' Alighieri volesse dare a Beatrice il titolo di scherana micidiale e ladra; e dire, che, se egli giungesse ad afferrare le bionde treccie [ Sic!] di lei, non sarebbe per mostrarsi pietoso; ed invitare in ultimo la canzone a scagliar una saetta nel core a quella donna, che gli negava ciò, di cui egli aveva il maggior desiderio. Non essendo nè la Filosofia, nè la Portinari, domanderà forse il lettore, chi sia mai la donna, la cui rigidezza il Poeta riprende in questa canzone. Due sole, cioè la lucchese Gentucca e la Casentinese, furono le donne.... delle quali Dante restò nella sua virilità per breve tempo invaghito: onde il supporre, che una di queste si fosse, non potrebbe dirsi affatto assurdo.

Il Fraticelli pretendeva di conoscere perfettamente gl' invaghimenti di Dante; ma l'ortografia Italiana e' la

conosceva di certo molto imperfettamente, poichè scrive treccie invece di trecce. L' Ipotesi ultima, il Fraticelli non la faceva ancora nell' edizione delle Poesie di Dante Alighieri, da lui curata nel M.DCCC.XXXIV., dove invece leggevasi :

Non essendo nè la Filosofia nè la Portinari, quale sarà mai questa Donna, contro la quale così scagliavasi Dante? Vuole Anton Maria Amadi, che la canzone Amor tu vedi ben, fosse stata scritta dall' esule Poeta, per Madonna Pietra Scrovigni. Ma se il riscontrarsi in quella più volte ripetuto il vocabolo Pietra, fu un argomento per l'Amadi a rendere alquanto probabile la di lui [sic!] opinione, dovrà pure esserlo il riscontrarsi in questa, sebbene una volta soltanto.... Di più aggiungerò, che la stessa ragione milita altresì per le tre altre sestine.... In queste, parla il poeta della passione, ch' ei nutre per una nuova donna, delle sue speranze e della sua perseveranza in amar colei, che pur gli si dimostra qual dura Pietra. Quindi, nella Canzone, che dall' Amadì si vuole scritta per la Scrovigni, si lagna della noncuranza di questa donna medesima; e prega Amore, che voglia ammollirne la durezza. Finalmente, scorgendo, ogni sua premura, ogni sua preghiera riuscire infruttuosa, va, nella presente canzone, cercando di trar vendetta di questa donna, bella sì, ma fatta per lui pietra insensibile. Siam costretti dunque a congetturare, che la Canzone Cosi nel mio parlar, sia scritta posteriormente alle tre citate sestine, più ancora, che all'altra Canzone Amor tu vedi ben. Ma le congetture spogliate e di fatti sicuri e di dati positivi possono valere a poco.

Il Rossetti, ragionando o piuttosto sbizzarendosi sullo spirito antipapale, che produsse la riforma, e sulla segreta influenza, che esercitò nella letteratura d'Europa, in uno in ottavo, pubblicato a Londra nel M.DCCC.XXXXII; nel capitolo XIII, in cui fa un Cenno preliminare sull' a

mor platonico, pretende, che questa canzone alluda al simulato inguelfars del Poeta. Ma sarà bene riferire tutto quel brano, in cui vi accenna, perchè il lettore possa farsi una sufficiente idea del suo potente farnetico.

Ma, che significa dunque, che, quando ei [Dante] si finse papale, la sua donna morì? Dovremmo dire, a chi ha buone orecchie, che Dante gliel' ha già spiegato; dovremmo dire, che, se il Papa in gergo era il capo de' morti, coloro che a lui si sottomettevano, eran egualmente morti, da che nacque quel popolo di morti, che Dante andò a visitare con l'immaginazione: ma diremo invece, che alto mistero è questo; ed allorchè vedremo, che cosa significa veramente, e quante erano le donne, che morivano da burla alla prima ora del giorno, e lasciavano i loro amanti a piangere pietosamente e a ridere crudelmente di Madonna la Pietà, cose capiremo, che faranno sparire dai nostri occhi una schiera di lucide chimere, che noi tenemmo per vaghissime signore; ed altro non troveremo in loro vece, che una teoria secca secca, la quale fa poco onore a que' teneri amanti, che rimaneano a lagrimare per precetto del Gajo Sapere. [In quel luogo della Vita Nuova, dove annunzia la morte di Beatrice, ei ne mostra tanta indifferenza, tanta impassibilità, che basterebbe ciò solo a mostrare, che quella morte è finzione. Ti dà quella nuova freddo freddo, e poi ti dice, ch'ella è un Nove, diviso in tre parti, 3 via 3, anzi la Triade, distinta in tre persone; e ch'egli scrisse, ai Principi della Terra, una lettera tutta latina, ma ch'egli non nè può dire altro che il cominciamento, e niente più!] Allora capiremo, che l'uomo esterno restava a piangere nel senso esterno, e l'uomo interno restava a ridere nel senso interno; e che, ingoiato il volume scritto intus et foris, si piangeva foris e si rideva intus. Noi non squarceremo, per ora, il velo fitto a tre colori, il quale custodisce quella Donna, che è detta la Verità e il Palladio, e diremo solo quanto basta a continuare le nostre disquisizioni.

Nulla vi era di più vigilato che questo Palladio, affidato

ai Principi della Pietà, angeli d'un certo terzo cielo, ch'è in terra, ove andarono Beatrice, Laura, Fiammetta, Selvaggia, Teresa Clori, Alete, e tutte le altre donne insomma, che così fatalmente e così metodicamente morirono prima de' loro amanti, i quali ci assicurano, che là erano andate. E Dante, scriveva della sua, ch' ei chiama Petra, sinonimo di Pietà:

Che più mi trema il cor, qualora io penso
Di LEI in parte, ov' altri gli occhi induea,
Per tema non traluca

Lo mio pensier di fuor, si che si scopra,
Ch' io non fo della morte.

[Nella canzone: Cosi nel mio parlar voglio esser aspro | Com'è negli atti questa bella PETRA. « Tu es PE«TRUS, et super hanc PETRAM >> ecc. E dice ad Amore: << Va a quella Petra, E dalle per lo COR d'una saetta | «Che bello onor s'acquista in far vendetta. » E vendetta tremenda ei fece. 1

Questa donna misteriosa, tipo di una monarchia perfetta con tutt'i suoi membri, cominciando dal capo, questa tanto vagheggiata Nuova Gerusalemme, non esisteva sicuramente altrove che nella mente de' suoi amatori, i quali perciò la chiamavano donna della lor mente. Il dare alla politica faccia di religione, il fare della Cortesia una Pietà, era da essi riguardato come errore, ma necessario errore, per quel che dicemmo. Errore in gergo dicesi morte, siccome verità appellasi vita, e dalle citate parole di Dante possiam pure ritrarlo; laonde essere in errore ed esser morto, cader in errore e cader morto o morire divengono sinonimi convenzionali. Concezione di antichissima setta si è questa; e perciò la pittagorica a que' suoi proseliti, che cadevano in grave errore, alzava una tomba e dichiaravali morti. Modo tutto biblico si è anche questo, di cui potremmo citare molti esempj, tutti precisi e chiari; onde San Paolo: « Peccatum, cum consumatum fuerit, >generat mortem. » E San Giovanni ad uomo, caduto in errore:

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<< Nomen habes quod vivas et mortuus es. » —Del pari udimmo da quel Trovatore, professor del Gajo Sapere, licenziarsi la sua serventese così: « Va-t-en, sirvente, dire aux faux clergé que celui-là est mort qui se soumet à sa domination: e consono a quello di Ezechiele, Anima, quae peccaverit, ipsa mortua est. Or se, l' Anima di Dante, che conteneva in sè quella idea di monarchia perfettissima, detta da lui Beatrice, [« La » gloriosa donna della mia mente, la quale fu chiamata da » molti Beatrice, li quali non sapevano che si chiamare. » (Vita Nuova) — « Quella Beatrice beata, che vive in cielo con » gli angeli, e in terra colla mia anima. » << Amore vera» mente pigliando, e sottilmente considerando, altro non è che » unimento dell' anima colla cosa amata. » Così nel Convito, comentando la canzone diretta ai principi della Pietà: Voi che, intendendo, il terzo ciel movete, | Udite il ragionar ch'è nel mio core, | Ch'io nol so dire altrui, sì mi par novo] si sottomise alla domination du faux clergé, in quel punto, che ciò fece, Beatrice MORTUA EST; e, perciò, quella lettera, che mostra l'anima sua sottomessa a tal dominazione, è precisamente la stessa, che annunzia Beatrice morta; e perciò, tutti coloro, che si somettevano all' Imperador del doloroso regno, si chiamavano morti, o abitatori del regno di morte, o fossero tali per sentimento spontaneo, o per necessaria simulazione. Non intendiamo già dire, che l'Alighieri, nella circostanza, che l' indusse a scrivere quella lettera, cangiasse il mistico linguaggio di amatorio in cattolico; ma vogliam dire bensì, ch'egli si valesse di quella indicazione, per farci capire, che cosa significa il morir della sua donna. Abbiamo fondamento a credere, ch'egli sopra quel cambiamento meditasse avanti il suo esilio, di che dà un bell' indizio egli stesso; ed abbiamo autentico monumento da conchiudere, ch' ei mandasse l'opera ad esecuzione dopo l'esilio, cioè dal 1304 al 1311, epoca, in cui vagabondo mendicava, epoca fatale alla gran famiglia de' Templarj, da cui la più estesa Società Segreta si vanta discesa. Una testimonianza solenne, fatta dai supremi regolatori di essa e spedita in una Circolare a tutti i loro fratelli, sparsi ne' due emisferi, ha queste precise parole:

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