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<< Dall'anno Domini 1304 al 1311, straordinarissime scoperte >> furono fatte nel nostro ordine, ed occorrenze tali vi ebber » luogo, da render la nostra storia di quel periodo della più alta » importanza, periodo caro al cuore di ogni nostro fratello, che » abbia zelo per la causa del suo ordine, del suo paese, e del » suo Dio. »

[Vedi la nota A, apposta alle Orazioni di Federico Dalcho, stampate non ha guari nella Nuova York, nella qual nota troverai quella circolare.]

Ma non men curioso è il Witte, sebbene in tutt' altro modo che il Rossetti, del qual dice, che « in der » Erklärung dieses Gedichtes sich selbst an Seltsamkeit ü>> bertrifft. >> Bisogna dunque sapere, che il Witte s'è sforzato d' indagare quali altre undici canzoni Dante avrebbe commentate ne' trattati del Convivio, che non ha scritti; una divinazione simile trovasi in un codice Riccardiano, di cui riparleremo, che però non annovera tra quelle da illustrarsi nel Convivio, questa, che, invece, secondo il Witte, vi sarebbe stata commentata nel VII trattato; ora, dovendo, sempre secondo lui, le canzoni del Convivio, celebrare la Filosofia, anche in questa della Filosofia si discorre.

Dies Gedicht... steigert den Unwillen über die Härte der Geliebten bis zum Gipfel, nämlich bis zum ausgesprochenen Verlangen sich an Ihr zu rächen... Es hat indess dieser Unwille den Dichter noch nicht dahin geführt, zu erkennen, dass diese Geliebte, auch wenn sie mit ihrer Gunst gegen ihn so freigebig wäre, als je gegen einen Sterblichen, dennoch aus eigenem Mangel nicht vermögen würde, seinem Geiste Frieden zu geben; vielmehr sind sein Zorn und die Grausamkeit, die er zu üben wünscht, nur eine Form der Liebe. Wäre dem nicht so, so müsste dies Gedicht das Convito beschliessen und die Divina Commedia beginnen lassen. Dennoch aber ist die

gegenwärtige Canzone ein Wendepunkt zu nennen von welchem an eine Hinneigung zur Commedia, nur in anderm Sinne beginnt. So weit nämlich Dante bis jetzt seine Liebe zur Philosophie ausgesprochen hat, so erscheint sie immer als ein Streben und gewaltsames Ringen, das durch eigene Kraft Erwiederung sich zu erzwingen denkt. Alle folgenden Gedichte dagegen zeigen das von solchem Selbstvertrauen zurückgekommene Gemüth, das ergeben und anspruchlos hoffend, erwartet, wann die Geliebte Ihren harten Sinn ändern und einige Gunst gewähren wird. Diese Gesinnung nun musste nothwendig erfahren, dass für sie von menschlicher Warheit kein Trost zu erwarten sei, dass aber der Glaube sich ihr selbst darbiete und Alles, was ihr Noth thut, bringe.

A me questo pare un imporre un dato significato preconcetto alla subjetta et ad altre canzoni, anzichè il ricavarne un senso. Le espressioni della presente non si sa veramente come volgerle al senso allegorico; giacchè, nelle poesie allegoriche dell' Allaghieri, questo c'è di particolare, che ogni espressione è perfettamente conveniente al senso allegorico, per quanto a prima vista possa parervi contraria. Ma sfido io a fare un commentario a quella, di cui parliamo, sul genere delle esposizioni contenute nel Convivio, senza cadere nel grottesco. Il metter mano nei biondi capegli della Filosofia, il non esserle pietoso nè cortese, anzi condursi seco com' un orso quanto scherza e via dicendo, sarebbe caricatura, non parlar serio. E tale . sembra anche al Carducci, che scrive, ragionando delle Rime di Dante Alighieri:

Oh andate un po' ad applicare alla filosofia... la canzone, senza commuovere inestinguibile riso in chiunque ha serbato cuor d'uomo, se non ha cervello di scolastico.

Giambattista Giuliani, poi, non ammette, che questa canzone fosse destinata agli onori d'un commento nel

Convivio, quantunque truovi, che pur vi s' attiene stret>> tamente, perchè anch' essa allegorica, materiata di virtù » e d'amore e quivi prende sua propria spiegazione. » Ma non s'è creduto in obbligo di spiegarci quest' allegoria. E termina le scarse note, con queste parole, delle quali non mi riesce afferrar bene il senso.

11 vigoroso stile di questa canzone e l'unità del concetto, che la informa, e i modi del dire breve e riciso, la palesano sicuramente cosa di Dante. E da essa anche s' avrebbe nuova ragione a credere, ch' ei veramente fosse di natura trasmutabile per tutte guise.

Il Carducci crede poco all' allegorica:

Il senso allegorico non esclude il letterale, sicchè una riposta significazione filosofica può ben ritrovarsi in rime, che da principio non altro espressero che l'amor naturale.... Rileggasi, per esempio, la Canzone Così nel mio parlar voglio esser aspro, nella quale anche il Fraticelli è costretto ad ammetmettere, che, non della Filosofia si tratta, ma di femmina vera e viva, qualunque essa si fosse, e il Giuliani se n'esce con osservare, che da essa anche si avrebbe nuova ragione a credere, che il poeta fosse da vero di natura sua trasmutabile per tutte guise. A me, ogni qualvolta rileggo questi versi, (che m'avviene spesso, perchè mirabili di passionata efficacia e il Petrarca, buon giudice, se lo sapeva) ricorre la mente e quelle parole del Boccaccio << Tra cotanta scienza, quanta di» mostrata è di sopra essere stata in questo mirifico poeta, trovò » amplissimo luogo la lussuria, e non solamente ne' giovanili » anni, ma anche ne' maturi. »

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Il signor Francesco Silvio Orlandini, notata quella, ch'egli chiama gentilezza impareggiabile (e che ogni uomo di senno stimerebbe invece melensaggine) de' supposti sentimenti dell' Allaghieri per la pretesa Bice Portinari, soggiunge:

Or non è egli quel Dante stesso, che scriveva la terribile canzone: Cosi nel mio parlar voglio esser aspro? Si certo. Ma quel tremendo carme, esprimente una passione più che leonina, non fu già scritto per Beatrice. Bensi, più tardi, per altra donna, che, in mezzo alle esasperazioni delle sciagure politiche e dell'esilio, gli fece nuovamente provare i fieri morsi d'amore. Il primo affetto però, sebbene mal compreso, sebben quasi deriso.... gli fu caro e sacro sempre e lo spronò a quell'altissima meta.....

Non dice però l'Orlandini nè quando proprio, nè dove, nè perchè venisse scritta essa canzone: e questa è una delle tante cose, ch' egli gratuitamente asserisce e ridicolamente, nel suo discorso della Vita nuova di Dante Alighieri. Del resto, credo, e sia qui detto di volo, che le donne tutte preferiscano universalmente ne' loro amadori i caldi sensi della terribile canzone, anzichè la gentilezza flaccida, il sentimentalismo menno del protagonista della Vita Nuova. In che modo l'amor di Dante per una pettegola, che pure fanno morta assai prima, ch' egli cominciasse a far cosa alcuna egregia, e presso la quale, quindi, nessun fatto egregio poteva ingraziarlo, lo spronasse, o potesse spronarlo ad altissima meta, mi mancano assolutamente i lumi per capirlo. Nè mi commuovono, sgomentano o sbigottiscono i fulmini, le bombe o piuttosto i trichetracche, che questo Francesco Saverio, no, sbaglio, Francesco Silvio Orlandino o Rogantino, ch' ei fosse scagliava contro chi dissentiva da lui: - << Bene chi so» gnò, che l'amore di Dante per Beatrice non fu reale, » o non ebbe cuore o l'ebbe insassito da quella saputa >> stoltezza, che uccide il sentimento. »> Questa ingiuria è l'Achille degli argomenti di quanti voglion confondere l'allegorica Beatrice, con una Bice corporea qualunque. L'un dessi conchiudeva testè (dopo aver gentil

mente chiamato volgare schiera tutti i fautori dell' interpretazione meramente allegorica, sceverandone solo il Centofanti, perchè a lui autore carissimo) conchiudeva, dico, una sua pretesa dimostrazione, con queste formali parole: - «Se io sia pervenuto a provare il mio assunto » e recare in altri un convincimento pari al mio, io nol di>> mando tanto ai giudicj della mente, quanto ai sentimenti » del cuore, cui appartiene, in materia d' affetto, la su» prema e più retta sentenza. >> A che perdere il tempo a discutere con chi vuol introdurre i pretesi sentimenti del cuore nelle quistioni di erudizione storica e letteraria, che chiama materia d'affetto; e pretende, che questi sentimenti del cuore debbano convincerci della realtà d'un amore assurdo e contrario alla natura umana? Noi, schiera volgare, osiamo invece ricorrere ai giudici della mente e vi sottostiamo.

Nessuno dovrebbe rimproverarmi di non desumere noterella alcuna da Le | Poesie Liriche | di | Dante Alighieri | Illustrate | da | Giovanni Fornaro || Roma MDCCCXLIII | Tipografia Menicanti. Il Fornaro ripete solo dal Witte; e ne conviene ingenuamente, con queste parole:

Il professore Carlo Witte di Breslavia, degno e profondo conoscitore della Letteratura Dantesca, scrive Comenti, Emmendazioni [sức!] Note e traduzioni spettanti le opere di Dante, che, tanto in Italia, quanto in Germania, trovarono ben meritata approvazione. Le sue annotazioni alla versione tedesca delle poesie liriche di Dante, serviron di guida e modello a' presenti Commenti; e l'Autore si sente onorato nell' aver potuto quivi riferire (benchè debolmente) parte delle idee di quell'illustre commentatore del sommo poeta Italiano.

Difatti, alla Canzone, di cui ci occupiamo, il Fornaro osserva (traducendo dal Witte):

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