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diese Schlussworte in den drei ersten Strophen die gleichen sind, welche in der zweiten, ersten und fünften Strophe der vorigen Canzone herrschen.

Il Giuliani anch' egli afferma allegorica la canzone:

Del tutto simile alla precedente si pare questa Canzone, nella quale il poeta ci rende ognora meglio palese, com' ei prima sentisse difficile il ben addentrarsi nello studio della Filosofia e quanta virtù gli bisognasse per durare saldo nel proposito d'acquistare la bramata dottrina. I sentimenti più teneri e mossi di continuo da viva passione, la maestosa armonia del verso, le squisite immagini e la gravità dello stile, rivelano qui pronta la mano del Maestro, signor d' ogni rima. E volle questo darne indi a conoscere, che, per contrarietà di stagione e del tempo e d'influenze, si tenne pur sempre fermo nel suo

nuovo amore.

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IV. Al poco giorno ed al gran cerchio d'ombra.

Anche questa sestina dovea commentarsi nel Convivio, secondo il prefato codice Riccardiano 1044, che le assegnava il sesto luogo.

Il Fraticelli, nella Edizione del M.DCCC.XXXIV diceva più ampiamente quanto poi ha ristretto ne' due seguenti periodi:

Non punto agevole si è il determinare, se la femmina bella, giovine e gentile, della quale in questi tre componimenti va parlando il poeta, sia una donna vera e reale o sivvero la Filosofia. Quanto a me, propenderei a crederla la nobilissima femmina allegorica, oggetto dell' amore intellettuale di Dante, ma non istarò ad esporre le ragioni, perciocchè altrettante se ne potrebbero portare, da chi si facesse a sostenere l'opinione contraria.

Il Giuliani non ha il savio dubbio e prudente del Fraticelli, ed afferma rotondamente trattarsi qui d'un allegoria, anzi essere superfluo il dichiararla.

Ove bensi esamini un po' sottilmente questa sestina, apparirà del tutto allegorica. Perocchè la giovane, bella e nuova Donna, che il Poeta suppone gli si mostrasse piena di disdegno e dura come pietra, è quella stessa, di che si ragiona nella Ballata [voi che sapete ragionar d' amore] e in altre affini. Perciò qui mi parrebbe superflua ogni maggiore dichiarazione.

S IV.

Analisi delle canzoni pietrose.

Facendoci ad esprimere ed esaminar bene tutto il contenuto di queste canzoni, ne raccogliamo alcune notizie, ch'è buono esporre co' luoghi, che ce le somministrano. I. Venivano scritte d'inverno, mentre il sole era in Capricorno, di Gennaio, dunque:

Al poco giorno ed al gran cerchio d'ombra
Son giunto, lasso, ed al bianchir de' colli,

Quando si perde lo color ne l'erba.
E'l mio desio però non cangia il verde,
Si è barbato nella dura pietra,

Che parla e sente come fosse donna.

Ed il pensiero, accennato in questi sei versi, viene largamente esplicato in una intiera canzona:

Io son venuto al punto della rota,
Che l'orizzonte, quando il sol si corca,
Ci partorisce il geminato cielo;

E la stella d'amor ci sta rimota
Per lo raggio lucente, che la' nforca
Si di traverso, che le si fa velo;
E quel pianeta, che conforta il gelo,

Si mostra tutto a noi per lo grand' arco,
Nel qual ciascun de' sette fa poca ombra;
E però non disgombra

Un sol pensier d'amore, ond' io son carco,
La mente mia, ch'è più dura, che pietra,

In tener forte immagine di pietra.

Il geminato cielo. Molto amenamente il Fraticelli spiega doppio, raddoppiato; ma non ispiega, cosa significhi un cielo doppio o raddoppiato. Il Lyell traduce cosi:

The circle's point I have attained, which marks
The horizon's line when setting is the sun,
Where the twin heaven conjoined to us is born.

Il Giuliani muta arbitrariamente geminato in ingemmalo. < Con » ciò si viene ad accennare il salire di prima sera.... Questa lezione, che » di certo è la vera, si trae agevolmente dai codici, chi ben vi guardi. » D'altra parte l' ingemmare, appunto nel significato, in cui deve pren>> dersi al luogo presente, è nella Commedia (Par. XVIII. cxvij.); nè quivi » poi l' ingeminato cielo si presterebbe a manifestare gl' intendimenti del » Poeta ». Ma, per fermo, intendimento del Poeta era d'indicar non l'ora, anzi la stagione; ed erra il Giuliani, dicendo: - - «Dante.... ne indica » l'ora del tempo men propizio agli eccitamenti d' amore e più accomo >> dato ai pensieri contemplativi, per mostrare, che, ciò nonostante, la mente > sua gli ardeva del concepito affetto ». Un chierico regolare somasco non deve ne può, naturalmente, avere sperienza propria in questa materia; ma noi, laici, possiamo assicurargli, che la sera è invece, forse, il tempo più propizio a' pensieri ed agli eccitamenti d'amore. Experto crede Ruperto! Il vero senso ed ovvio di geminato cielo, è stato benissimo afferrato dal Von.-Lüdemann:

Zu jenem Punkt im Kreis bin ich gekommen,
Allwo der Luftkreis, wenn die Sonne schwindet,
Der Zwillinge Gestirn am Himmel zeigt;

nonchè dal Witte:

Gekommen bin ich zu dem Punkt des Rades,
Das uns der Horizont, wenn sich die Sonne
Zür Rüste legt, gebiert den Zwillingshimmel.

Quest'ultimo annota :

«Das Rad, das die Planeten bilden, indem › sie sich um die Erde drehen, ist zu dem Punkte (oder, wie die Aus> gabe von M.CCCC.XCI vielleicht richtiger liest, tempo) gelangt, wo die > Zwillinge mit Sonnenuntergang aufgehen, die Sonne also im entgegengesetzten >> Zeichen des Zodiakus, das heisst im Steinbock steht. Es ist mitten im > Winter. » Nė, forse, senza intenzione, il poeta ricorda li segno zodiacale, sotto il quale altrove afferma esser nato, mentre la passione amorosa il conduceva a morte.

Quel pianeta, che conforta il gelo, secondo il Fraticelli, sarebbe Marte! Pare che in prova ne citi le parole del Convivio, II. xiv. — « Marte > dissecca et arde le cose, perchè il suo calore è simile a quello del » fuoco ». Ma dunque! Invece di confortare il gelo, parmi, che il caldo, che il fuoco il combattano e distruggano. Il Giuliani spiega: « conforta il gelo, lo rafforza co' suoi freddi influssi ». Il Lyell traduce: The planet also which gives strength to frost. Il Von-Lüdemann: der Planet, der sich dem Froste neigt; il Witte: der Planet, der Kraft verleiht dem Froste; ed in nota, spiegando: << Der Planet, der den

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Nė può dubitarsene menomamente.

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Di nebbia tal, che, s'altro non la sturba,
Questo emisfero chiude tutto e salda;
E poi si solve e cade in bianca falda
Di fredda neve ed in nojosa pioggia,
Onde l'aere s'attrista tutto e piagne:
Ed Amor, che sue ragne

Ritira al ciel, per lo vento, che poggia,
Non m'abbandona, si è bella donna

Questa crudel, che m'è data per donna.

Il Lyell traduce quel passa il mare, con un Ocean passes: promovendo ad oceano il nostro povero mediterraneo. Il Von-Lüdemann è inesatto ne' versi .v. e .vj.

Ein dichter Nebel, den, wenn nichts ihn stillet,
Des Nordens Frost verdichtet und verschliesst;

ha preso evidentemente per un nominativo questo emisfero, ch'è accusativo, invece. Il Witte, correttamente, dice che la nebbia unsre Zone ganz erstarrt und einhüllt. Ma, anche lui, rende il s'altro non la sturba con wenn nichts hindert, mentre altro non è qui (o che a me pare) neutro assoluto, anzi vuol dire altro vento.

Quel non m'abbandona, nel penultimo verso della strofa, rammenta lo ancor non m' abbandona dell' episodio di Francesca da Rimini; quel vento pellegrino rammenta in parte il tormento de' lussuriosi, che Amore diparti di nostra vita; e la fredda neve e la noiosa pioggia la pena de' golosi. Impossibile, poi, non sentirsi richiamare nella memoria, da queste e da altre immagini della Canzona, i versi, ne' quali Dante si rappresenta lagrimoso per le rampogne della Beatrice:

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Non a caso, come si vedrà, rammento queste analogie, non ozio

samente.

Fuggito è ogni augel, che'l caldo segue,

Dal paese d'Europa, che non perde
Le sette stelle gelide unquemai;

E gli altri han posto alle lor voci triegue,

Per non sonarle fino al tempo verde,
Se ciò non fosse per cagion di guai;

E tutti gli animali, che son gai
Di lor natura, son d'amor disciolti,
Perocchè il freddo lor spirito ammorta:
E'l mio più d'amor porta,

Chè gli dolci pensier non mi son tolti,
Nè mi son dati per volta di tempo,
Ma donna gli mi dà, ch'ha picciol tempo.

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