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S. I.

L' Asserzione dello Amadi.

Vuolsi, che Dante di Allaghiero degli Allaghieri del popolo di San Martino del Vescovo in Firenze, soggiornando breve tempo in Padova, verso il M.CCC.VI, malgrado i suoi trentott' anni, disacconci al folleggiare, [anzi malgrado i quarantuno, disacconcissimi, ch' egli avrebbe avuti, secondo l' opinion volgare, la quale il fa nascere nel M.CC.LXV,] non ostanti le cure dell' esilio ed i patemi ed il poema cominciato, che pure il facea macro, quantunque ammogliato e padre-famiglia, perdutmente s'innamorasse d'una padovana. E s'è spifferato persino e nome e casato della sgualdrinella. Che indiscretezza! Ho detto: vuolsi; ho detto: s'è spifferato. Da chi? quando? dove? Da un messer Anton Maria Amadi, nel M.D.LXV, in un volume, del quale darò preliminarmente la descrizione.

Di M. Anton Maria | Amadi | Annotationi sopra una | canzon morale. | In che alcuni utili discorsi si contengono,

et molti | errori si scoprono de' Moderni intorno | alla Lingua Toscana, et al | Boccaccio | Con un brieve, et catolico Discorso del Santissimo Sacramento | dell'altare, contra Gio. Calvino || In Padoa | Per Lorenzo Pasquatto MDLXV. In quarto. Precedono .viij. pagine innumerate. Sulla terza delle quali, v'è la dedica All' Illustrissimo Signore, il Signor Marin de' Cavalli Cavaliere, del Maggior Consiglio della Sereniss. Vinitiana rep. Savio grande, ottimo et meritissimo; sulla quinta, abbiamo gli Autori nella presente opera citati; sulla sesta, un sonetto di Vincenzo Tassello all' Amadi; sulla settima una, lettera dell' Amadi A Messere Melchior Cartolari, in data .xxx. Ottobre M.D.LXIII; sulla ottava, gli Errori corsi nello stampare. Le Annotazioni occupano centottantuna pagina arabicamente numerata; seguono dieci innumerate, contenenti la Tavole di tutte le cose più | notabili nella presente opera in due colonne; e, nell' ultima facciata del volume, leggesi: F. Salvator Bartholucius Assisiensis Vica | rius Inquisitoris concedit ut imprimatur. La Canzone è dell' Amadi stesso, quantunque, nelle Annotazioni generali, si dichiari ignorarsene l'autore; ha nove stanze di diciotto versi, oltre la chiusa; e comincia: Ovunque gli occhi e la mia mente giro. (Verso, che il Metastasio si appropriava un par di secoli dopo). Il discorso contra il Calvino, mentovato nel frontispizio, manca affatto.

L' Amadi, dunque, discorrendo della voce donno, scrive queste parole:

Et da Donno deriva Donna, che altrotanto monta, che Signora; come appo il Petrarca: Ch'i veggio 'l mio Signor e la mia Donna; Di quella dolce mia nemica e donna; Del mio cor donna; et somiglianti. Et appo colui, il qual tutto seppe, cioè Dante, in quella Canzone, la quale egli, nella sua vita nuova, amando Madonna Pietra, della nobile famiglia de' Scrovigni, padovana, compose, che 'ncomincia: Amor, tu vedi ben, che questa donna; dove dice: Che suol de l'altre belle farsi donna... | E l'aer sempre in elemento freddo | Vi si converte; si, che l'acqua è donna | In quella parte......

L'asserzione dell' Amadi, vissuto secoli dopo l' Allaghieri, sebbene inconfortata da testimonianze autorevoli od anche di niun conto, divenne un'autorità essa. Il Pelli, diligentissimo nel compilare testimonianze, ma senza criterio nel vagliarle, sembra non incontrasse difficoltà a conceder la cosa, scrivendo:

Anton Maria Amadi... vuole, che la Canzone di Dante, posta dietro alla Vita Nuova, che principia: Amor tu vedi ben, eccetera, fosse scritta da lui, quando amava Madonna Pietra della nobil famiglia Padovana degli Scrovigni. Ecco un altro innamoramento di Dante. Chi sa, quanto la notizia di queste cose ancora necessaria sia, per stabilire [sic] il vero carattere degli uomini, anche i [sic!] più celebri, e per far conoscere, che tutti questi hanno il cuore d' una stessa tempra, che gli altri, i nomi dei quali rimangono allo scuro, non mi riprenderà perció d'aver io mostrata della premura, per indagare la storia degli amoreggiamenti di Dante.

Ma soprattutto giurarono in verba Amadi i Padovani, ringalluzzendosi al pensiero, che Dante avesse potuto innamorarsi tra le loro mura e d' una concittadina loro. Vedi un po' di quali cose a volte si compiacciono le vanità municipali! Eppure, questa soddisfazione innocente. venne barbaramente contesa a' Padovani da malevoli scettici. La invidiano generalmente agli Antenòri que' Dantofili, che, giurando nell' identità della Beatrice dantesca con non so che Bice Portinari e nell' amor perenne concetto da Dante novenne per costei, riterrebber macchiata la fama dell' Allaghieri, se si ammettesse in lui la possibilità di un desiderio posteriore per altra donna. Dante non solo deve aver amata ed appetita la predetta Bice, anzi non deve avere amata ed appetita se non lei, gua'! e, lei morta, aver cessato d'essere uomo. E la moglie? La mogliera gliela diedero i parenti e fu matrimonio di convenienza. Belli

que' parenti, che imponevano nozze ad un uomo d'oltre a cinque lustri, capo di famiglia! Caro quel povero sempliciotto, che si lascia ammogliare da' parenti! Se l'ho sempre detto! Fanno di Dante un imbecille, per salvare l'insulso romanzo impastocchiato dal Boccaccio. Del resto, non mi torna punto grave il concedere, che Dante non fosse mai innamorato della Gemma, e che concludesse un matrimonio di convenienza, cioè ponderatamente. Ma non capisco, come si possa considerare macchia per la sua fama ed infedeltà verso la Beatrice ogni amorazzo attribuitogli. Dato anche e non concesso, che Dante avesse difatti amato nella infanzia e nell' adolescenza, molto buffonescamente, una Bice qualunque, che vergogna ci sarebbe, per lui, nello aver amata, dopo la morte di costei, un'altra femmina? O che siamo infeudati in perpetuo alla prima pettegola, che ci fa battere il cuore? E non mancherebb'altro! Doveva egli forse incenerirsi sul rogo di lei o rinunziare al mondo? Riderebbe chiunque si sentisse dire, che, dopo avere amoreggiato da ragazzo con una piscialletto e fatto da giovane gli occhi di triglia ad una civetta, è per lui colpa l'amoreggiar poi con altra! E, se non fu infedeltà e colpa verso la Beatrice l'aver disposata la Gemma, generando con essa figliuoli, o perchè sarebbe infedeltà e colpa l' aver desiderato altre donne od avere avuto che fare con esse? Diremo, esser infedeltà e colpa verso la Gemma; diremo, che ogni tresca, in un uomo ammogliato, è imperdonabile? Verissimo, verissimo! Ma, per carità, non facciamo i don Pirloni! Guardiamo il mondo com'è. Dante, nel vigor degli anni, lasciò Firenze e la moglie per non rivederle mai più. Crederemo noi, che per questo non abbia più avuto contatto con femmine? Sarebbe schioccheria il crederlo, assurdo l'immaginarlo: le frottole senza sugo fan torto a chi le spaccia ed a chi le ingoja. Moralmente parlando, cosa sarebbe stato più

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