Ed io, che son costante più che pietra, Che mi potesse atar da questa pietra. Al verso .iij. il Fraticelli (Edizione M.DCCC.LXXIII) stampa corpo della pietra; voglio credere per errore di stampa e non già per fiorentineggiare che in fiorentino dicon corpo (con l'o stretta) quel che in Italiano chiamiamo colpo. Al verso .iv. egli reca da alcuni codici, che non indica, la variante: Con la qual tu mi desti come a pietra. A me pare, che i versi .viij. e .ix. siano, forse, trasposti. VIII. Da questa passione il poeta era ridotto a mal partito. E'l m' ha percosso in terra e stammi sopra Mercè chiamando. Ed umilmente il prego: E quei d'ogni mercè par messo al niego. Dido era per Dante il simbolo della lussuria: così dice, che Paolo e Francesca, per venirgli parlare, uscir dalla schiera, ov'è Dido. Cf. nel Paradiso: E dicean, ch' ei sedette in grembo a Dido. Egli alza ad or ad or la mano; e sfida La debole mia vita esto perverso, Che, disteso e riverso, Mi tiene in terra d'ogni guizzo stanco. Allor mi surgon nella mente strida; Fuggendo, corre verso Lo cor, che'l chiama, ond' io rimango bianco. Si forte, che'l dolor nel cor rimbalza. << S'egli alza » Un'altra volta, Morte m' avrà chiuso, » Prima, che'l colpo sia disceso giuso. » IX. Eppure il poeta sperava alcuna cosa dall' amata; e parte invocava Amore ed i suoi pretesi diritti anteriori ad ogni legge umana; parte argomentava di rendersela pieghevole con la fama letteraria, e vaneggiava pascendosi d'immagini lascive. Però, virtù, che sei prima che tempo Il Lyell ha franteso i versi .v. e .vj. traducendoli: So that if thou shalt chase from thence the frost Dante non s'è sognato di dire, che altri fosse più felice di lui con la pietra. Ne gentil pietra è, per qualunque aspetto, ben tradotto con gem of highest pric. Così vedess' io lui [Amore] fender La morte, ov' io per sua bellezza corro. Per me, com'io per lei, nel caldo borro? Che, ne' biondi capegli, Ch'Amor per consumarmi increspa e dora, Il Lyell crede bene di aggiunger del suo a' pensieri del disadorno Dante; e traduce l'e farél volontier, con un Like those who aid the drowning would I run. S'io avessi le bionde trecce prese, Che fatte son per me scudiscio e ferza, Con esse passerei vespro e le squille; E non sarei pietoso nè cortese, Anzi farei com' orso, quando scherza; E, se Amor me ne sferza, Io mi vendicherei di più di mille; E i suoi begli occhi, ond' escon le faville, Per vendicar lo fuggir, che mi face. E poi, le renderei, con amor, pace. Il Lyell traduce le squille, non so perché, con morning bell, mentre, invece, vuol dire l' Avemaria; Amor ne ne sferza con Love has punished me (L'idea di punizione in Dante non c'è qui!) e fuggire con coyness. Si noti, che le bionde trecce di questa strofa corrispondono a' biondi capelli, che amore increspa e dora della precedente ed al crespo giallo della sestina. Non è certo pruova, che da sola dimostri esser tutte rivolte ad una persona; ma conferma le altre. Canzon vattene, dritto a qnella donua, E dalle per lo cor d'una saetta, Chè bell' onor s' acquista in far vendetta. Il Lyell, falsando il concetto, traduce a' versi ij. e .iij.: Who robs | My mind of that, in which I most delight; il Kannegiesser meno ergicamente e più trivialmente dell' originale und mir nimmt | Wonach mein Gaumen glimmt. Il Witte assicura, che, invece di m'ha ferito il core i più testi a penna rechino Che m'ha rubato e morto. I più, forse, i meglio certo no. LA PIERA DEGLI SCROVEGNI. Dunque, dallo esame di queste canzoni pietrose di Dante, risulta, ch' egli, in un momento della gioventù, fu invaso da fiera passione, per una giovane donna a nome Pietra, da' capelli biondi e crespi, e ch' egli, per istarle presso, si tratteneva d'inverno in una campagna montagnosa, dove aveva anche passato primavera ed està. Che Dante per costei dimenticava ogni altra donna. Che le aveva manifestata la sua passione, ma che n' era stato respinto su perbamente. Che non poteva allontanarsene; e che, pur nascondendo a tutti la sua passione e temendo più che della morte della possibile manifestazion di essa, ridotto a mal partito dalla lotta, si pasceva d' insane speranze e continuava ad importunarne la conte gnosa. Chi era questa Pietra così pudica? L'Amadi dice: Pierina degli Scrovegni, gentildonna padovana, contemporanea dell' All aghieri. Ma che può valere e su che si fonda la sua testimonianza? Egli non cita autorità alcuna; e da sè, come tardissimo postero, non può fare autorità. Ma c'è di peggio: è dimostrabile l' impossibilità della sua affermazione. E, prima di tutto, queste poesie sono anteriori all'esilio di Dante: la miglior pruova di ciò sta nel non farvisi alcuna allusione ad esso esiglio, cosa, che uno innamorato esule non avrebbe ommessa, se non altro, per rendersi interessante, Dante meno d'ogni altro. Queste sono poesie giovanili, non da uomo maturo, non soprattutto da Dante maturo. Son versi da chi non ha altro in capo se non la passione, che vi prorompe con impeto brutale nella canzone: Così nel mio parlar voglio esser aspro. Vi si vede la lotta della rettorica con la verità. Amore personificato, benchè posto in iscena con arte somma ed evidenza, non lascia d' essere una freddura. Ma, poi, il sentimento profondo scoppia con tutta la innata rozzezza; e Dante si mostra una volta senza maschera, ardente, impaziente d'indugio nelle cose amorose, senza riguardi: quale dovett' essere in gioventù. Senti in aria una tragedia: misteriosa è la donna, il cui amore conduce a morte così. Non dico, che l'amore, espresso in tal guisa da Dante, sia gentile; ma è virile ed umano, senza sentimentalismo, nè spiritualismo, ned ipocrisia, nè melensaggine, come quello amore insulso, che vogliono affibbiargli per la immaginaria Beatrice. Se Dante avesse amata la Pierina Scrovegni, non avrebbe potuto amarla, se non negli ultimi anni della sua vita, come vedremo, od a Padova od in Venezia: e lo scenario delle canzoni pietrose non quadrerebbe affatto. In oltre, alcune parole del De Vulgari Eloquio mi sembrano escluder moralmente la possibilità, che l' Allaghieri amasse (mai quel che si dice amare) una donna, loquente in Padovano od in Veneziano. Dice Dante, in quel libro, di due dialetti transappennini: uno, il romagnolo, molle tanto, che gli uomini, parlandolo, pajon femmine; |