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scende a trattare d'alcuni, che vissero e morirono per questo peccato al tempo del detto autore; e punisceli questo luogo d'adulterio, perchè erano in matrimonio ciascuno; punisceli anche d'incesto, perchè erano anche parenti, cioè cognati. E, sotto brevità, ritesseremo questa novella. In Romagna sono due grandi case; in Rimino i Malatesta; in Ravenna, quelli da Polenta. Le quali case, per la loro grandezza, ebbero guerra insieme, della quale fecero pace. Alla cui fermezza Gianni Sciancato di Messer Malatesta, uomo dell' abito rustico e del cuore franco et armigero e crudele, tolse per moglie Francesca, figliuola di Messer Guido il vecchio da Polenta, donna bellissima nel corpo e gaja ne' sembianti. In costei s'innamorò Paolo, figliuolo del detto Messer Malatesta, uomo molto bello del corpo e ben costumato et acconcio più a riposo che a travaglio; e la donna in lui. Finalmente, stando l'uno con l'altra senza nulla suspecione, come cognati; e leggendo, nella camera della donna, un libro della Tavola Ritonda, nel quale era scritto, come Lancillotto innamorò della Reina Ginevra; e come, per mezzana persona (cioè Galeotto Lo Bruno, signore dell'Isole Lontane) elli si congiunsero insieme a ragionare di loro amore; e come il detto Lancilotto, per virtù di quello ragionamento, conosciuto l' amoroso fuoco, fu baciato dalla Reina: al quale punto pervegnendo la detta Francesca, vinse la forza di questo trattato sì lor due, che, posto giù il libro, vennero all' atto della lussuria, al quale diede materia il confortamento di questo libro, siccome Galeotto diede materia a Lancilotto et alla Reina (1). E questa opera si pubblicò si, che, per alcuno fami

(1) Avverti, che questo racconto non è mica storico, anzi è desunto dalle parole stesse di Dante; il quale, del resto, parla d'un bacio in bocca, ma non dice espressamente che a questo seguisse subito l'atto della lussuria. Sicchè, sul verso quel giorno più non vi leggemmo avanti, poteva argutamente osservare Giovanni Carmignani : << Due spiegazioni possono » proporsi. Chi può credere, che gli amanti più non leggessero o per >> stanchezza »

sic! leggi per istanchezza

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<< degli occhi; o perchè

» Francesca prendesse il ricamo e Paolo se ne partisse: e sarebbe questa > la spiegazione più facile ed ovvia. Chi può credere, che gli amanti più

gliare data posta a Gianni Sciancato, egli lor due insieme, dopo certo tempo nella detta camera uccise, siccome nel testo appare (1). E dice, che, poi ch'egli ebbe udito nominarc le dette genti, però ch' elli fu di loro collegio, li prese pietade di loro; e fu quasi smarrito, per la paura della pena attribuita al suo peccato. Nota qui, lettore, che il detto autore fu molto in questo amore inviscato e però volontieri ne parla. E dice che parevano al vento, quelle due anime, a chi egli vuole parlare, molto leggieri, ad intendere la mobilità e l' instabilità, ch'ebbero in vita, che così ora in pene l'abbiano (2).

Non direi questo racconto dell' Ottimo desunto da Jacopo della Lana, il quale non solo ammette la lunga pratica de' due cognati, anzi vuole che Giovanni avesse più volte ripreso la moglie.

Johanni ciotto [zoppo] figliuolo di messer Malatesta d'Arimino, avea una sua mogliera nome Francesca e figliola di messer Guido da Polenta da Ravenna; la quale Francesca giacea con Paolo, fratello di suo marito, ch'era suo cognato. Correttane più volte dal suo marito, non se ne castigava; in

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» non leggessero, rinnovando la scena della spelonca, di cui Virgilio: Spe» luncam Dido, dux et Trojanus eandem | Deveniunt; e sulla di cui > cima >>> sic! leggi sulla cui cima «< i tuoni, i lampi, la pioggia » e l' ulular delle ninfe detter segno dell' atto bieco.... fulsere ignes et » conscius Aether | Connubii: summoque ulularunt vertice Nymphae: e » questa sarebbe la spiegazione la più ardita, la più immaginosa, la più » poetica dell'ultimo tocco del quadro. » Benone ma correggi e leggi: la spiegazione più ardita, più immaginosa, più poetica! Quella reduplicazion d'articoli in Italiano è sproposito, checchè sofistichi il Bonghi per giustificarla.

(1) Avverti, dal testo di Dante non apparir punto, dove o quando o come il marito della Francesca si vendicasse.

(2) E rammentati, che Dante medesimo accusa sè stesso d'instabilità e volubilità e mobilità, scrivendo nel V del Paradiso: di mia natura | Trasmutabile son per tutte guise.

fine trovolli in sul peccato, prese una spada e conficcolli insieme in tal modo, che abbracciati ad una morirono... E soggiunge [Dante] come di loro avea tanta pietade, considerando che erano lì per amore, ch' ello uscì dalla memoria e cadde come fanno li corpi morti.

Il Commento Anonimo pubblicato a spese di Lordo Vernon, vuole invece che Giovanni si lagnasse con Paolo della tresca:

Siccome amore non si puote celare, essi, i quali molto si amavano, ispesso usavano carnalmente l'amore loro, onde che di questo s'accorse Anciotto. E esso di queste cose fece più volte riprendere Paulo, suo fratello e per questo l'opera non rimanea... Avvenne, che la fortuna permise, che un dì Anciotto gli trovò amendue congiunti insieme. Allora, esso Anciotto, collo spuntone suo, gli conficcò in quello medesimo luogo si è in tal modo che subito moriro. Epperò dicie nel testo, che amore li condusse a una morte.

Il Boccacci scrive al verso: Pietà mi vinse e fui quasi smarrito.

In queste parole intende l'autore d'ammestrarci, che noi non dobbiamo con la meditazione semplicemente visitar le pene de' dannati; ma visitandole, e conoscendole, e conoscendo noi di quelle medesime per le nostre colpe esser degni, non di loro, che dalla giustizia son puniti, ma di noi medesimi dobbiamo aver pietà e dover temere di non dovere in quella dannazione pervenire, e compungerci ed affliggerci, acciocchè tal meditazione ci sospinga a quelle cose adoperare, le quali di tal pericolo ne tragghino e dirizzinci in via di salute. E usa l'autore di mostrare di sentire alcuna passione, quando maggiore e quando minore in ciascun luogo: e quasi, dove alcun peccato si punisce, del quale ero conosca sè medesimo peccatore.

Ed all' ultimo terzetto del canto ripete lo stesso concetto il Boccacci:

Questa compassione, come altra volta di sopra è detto, non ha tanto gli autori per gli spiriti uditi, quanto per sè medesimo, il quale, dalla coscienza rimosso, conosce sà in quella dannazion dovere, se di quello, che già in tal colpa ha commesso, non satisfà con contrizione e penitenza a colui, il quale egli ha peccando offeso, cioè Iddio.

E, per isbrigarmi del Boccacci, metterò qui la sua narrazione dell' avventura della Francesca :

Costei fu figliuola di Messer Guido vecchio da Polenta, signor di Ravenna e di Cervia. Et essendo stata lunga guerra e dannosa tra lui ed i signori Malatesti da Rimino, addivenne che, per certi mezzani, fu trattata e composta la pace tra loro. La quale, acciocchè più fermezza avesse, piacque a ciascuna delle parti di volerla fortificare per parentado; e 'l parentado trattato fu, che il detto messer Guido dovesse dare per moglie una sua giovane e bella figliuola, chiamata Madonna Francesca, a Gianni, figliuolo di messer Malatesta. Et essendo questo ad alcuno degli amici di messer Guido già manifesto, disse un di loro: << Guardate come voi fate! Perciocchè, se voi non prendete » modo ad alcuna parte, ch'è in questo parentado, egli ve ne » potrà seguire scandolo. Voi dovete sapere, chi è vostra fi» gliuola e quanto ell' è d'altiero animo: e, se ella vede Gianni » avanti che il matrimonio sia perfetto, nè voi, nè altri potrà » mai fare, che ella il voglia per marito. E perciò, quando » vi paja, a me parrebbe di doverne tener questo modo: che » qui non venisse Gianni ad isposarla, ma venisseci un de' » frategli, il quale, come suo procuratore, la sposasse in nome di » Gianni. » Era Gianni uomo di gran sentimento; e speravasi dover lui dopo la morte del padre, rimanere Signore; per la qual cosa, quantunque sozzo della persona e sciancato fosse, il disiderava messer Guido per genero, piuttosto che alcuno de

suoi frategli. E conoscendo quello, che il suo amico gli ragionava dover poter avvenire, ordinò segretamente, che così si facesse, come l'amico suo l' avea consigliato. Perchè al tempo dato, venne in Ravenna Polo, fratello di Gianni, con pieno mandato ad isposare madonna Francesca. Era Polo bello e piacevole uomo e costumato molto; et andando con altri gentili uomini per la corte dell' abitazione di messer Guido, fu da una damigella di là entro, che il conoscea, dimostrato da un pertugio d' una finestra a madonna Francesca, dicendole : << Madonna, quegli è colui, che dev esser vostro marito. >> E così si credea la buona femmina; di che madonna Francesca incontanente in lui pose l'animo e l'amor suo. E fatto poi artificiosamente il contratto delle sponsalizio et andatane la donna a Rimino, non s' avvide prima dell' inganno, che essa vide la mattina seguente al dì delle nozze, levare, da lato a sè Gianni. Di che si dee credere, che ella, vedendosi ingannata, sdegnasse; nè perciò rimovesse dell' animo suo l'amore già postovi verso Polo. Col quale, come ella poi si giungesse, mai non udii dire, se non quello, che l'autore ne scrive, il che possibile è, che così fosse. Ma io credo quello essere piuttosto finzione formata sopra quello che era possibile ad êssere avvenuto, chè io non credo, che l'autore sapesse, che così fosse. E perseverando Polo e Madonna Francesca in questa dimestichezza, et essendo Gianni andato in alcuna terra vicina per podestà, quasi senza alcuno sospetto insino cominciarono ad usare. Della qual cosa avvedutosi, un singulare servidore di Gianni andò a lui, e raccontogli ciò, che della bisogna sapea, promettendogli, quando volesse, di fargliele toccare e vedere. Di che Gianni fieramente turbato, occultamente tornò a Rimino; e da questo cotale, avendo veduto Polo entrare nella camera di madonna Francesca fu in quel punto menato all' uscio della camera. Nella quale non potendo entrare, che serrato era dentro, chiamò di fuora la donna e diè di petto nell' uscìo. Perchè, da madonna Francesca e da Polo conosciuto, credendo Polo, per fuggire subitamente per una cateratta, per la quale di quella camera si scendea in un' altra, o in tutto o in parte poter ricoprire il fallo suo, si

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