XII. ALLA PRIMAVERA O DELLE FAVOLE ANTICHE Perchè i celesti danni Ristori il sole, e perchè l'aure inferme Gli augelli al vento, e la diurna luce La bella età cui la sciagura e l'atra Innanzi tempo? Ottenebrati e spenti Primavera odorata, inspiri e tenti Nel fior degli anni suoi vecchiezza impara? Natura? vivi, il dissueto orecchio Della materna voce il suono accoglie? Scossero e l'ardue selve (oggi romito Nido de' venti): e il pastorel ch'all' ombre Meridiane incerte ed al fiorito Margo adducea de' fiumi Le sitibonde agnelle, arguto carme Udi lungo le ripe, e tremar l'onda Scendea nei caldi flutti e dall'immonda Vissero i boschi un di. Conscie le molli Fur dell'umana gente allor che ignuda Con gli occhi intenti il viator seguendo, Ire fuggendo e l'onte, Gl'ispidi tronchi al petto altri nell'ime Viva fiamma agitar l'esangui vene, Nel doloroso amplesso Dafne e la mesta Filli, o di Climene Rigide balze, i luttuosi accenti Non vano error de' venti, Ma di ninfa abitò misero spirto Etra insegnava. E te d'umani eventi Musico augel che tra chiomato bosco Ozio de' campi, all'aer muto e fosco, Il gener tuo; quelle tue varie note Son le stanze d'Olimpo, e cieco il tuono, Tu le cure infelici e i fati indegni Vaga natura e la favilla antica Rendi allo spirto mio; se tu pur vivi, Cosa veruna in ciel, se nell'aprica VIII. INNO AI PATRIARCHI DEI PRINCIPII DEL GENERE UMANO. E voi de' figli dolorosi il canto, Tu primo il giorno e le purpuree faci 47 E libertade avvampa Gli obliviosi petti; e nella doma In duri ozi sepolta Femmineo fato avviva un'altra volta. V. A UN VINCITORE NEL PALLONE. Di gloria il viso e la gioconda voce, E quanto al femminile odio sovrasti Te rigoglioso dell'età novella Oggi la patria cara Gli antichi esempi a rinnovar prepara. Non colorò la destra Quei che gli atleti ignudi e il campo eleo, Nè la palma beata e la corona |