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Cento dolci pensieri educa invano,

Nè morte aspetta nè vecchiezza; e nulla
Cura di morbi ha l'uom gagliardo e sano.
Ma stolto è chi non vede

La giovinezza come ha ratte l'ale,
E siccome alla culla

Poco il rogo è lontano.

Tu, presso a porre il piede

In sul varco fatale
Della plutonia sede,
Ai presenti diletti
La breve età commetti.

LEOPARDI. Poesie.

40

NOTE.

Pag. 24. (1) Il successo delle Termopile fu celebrato vera. mente da quello che in essa canzone s'introduce a poetare, cioè da Simonide; tenuto dall'antichità fra gli ottimi poeti lirici, vissuto, che più rileva, ai medesimi tempi della scesa di Serse, e greco di patria. Questo suo fatto, lasciando l'epitafio riportato da Cicerone e da altri, si dimostra da quello che scrive Diodoro nell' undecimo libro, dove recita anche certe parole di esso poeta in questo proposito, due o tre delle quali sono espresse nel quinto verso dell' ultima strofe. Ri spetto dunque alle predette circostanze del tempo e della persona, e d'altra parte riguardando alle qualità della materia per sè medesima, io non credo che mai si trovasse argomento più degno di poema lirico nè più fortunato di questo che fu scelto, o più veramente sortito, da Simonide. Perocchè se l'impresa delle Termopile fa tanta forza a noi che siamo stranieri verso quelli che l'operarono, e con tutto questo non possiamo tenere le lagrime a leggerla semplicemente come passasse e ventitrè secoli dopo ch'ella è seguíta; abbiamo a far congettura di quello che la sua ricordanza dovesse potere in un Greco e poeta e dei principali, avendo veduto il fatto, si può dire, cogli occhi propri, andando per le stesse città vincitrici di un esercito molto maggiore di quanti altri si ri. corda la storia d'Europa, venendo a parte delle feste, delle maraviglie, del fervore di tutta un'eccellentissima nazione, fatta anche più magnanima dalla sua natura, dalla coscienza della gloria acquistata e dall' emulazione di tanta virtù dimostrata pur dianzi dai suoi. Per queste considerazioni, riputando a molta disavventura che le cose scritte da Simonide in quella occorrenza fossero perdute, non ch'io presu. messi di riparare a questo danno, ma come per ingannare il desiderio, procurai di rappresentarmi alla mente le disposizioni dell'animo del poeta in quel tempo, e con questo mezzo, salva la disuguaglianza degl' ingegni, tornare a fare il suo

canto, del quale io porto questo parere, che o fosse maraviglioso, o la fama di Simonide fosse vana, e gli scritti perissero con poca ingiuria. Lettera a Vincenzo Monti premessa

alle edizioni di Roma e di Bologna.

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Pag. 31. (2) Di questa fama divulgata anticamente, che in Ispagna e in Portogallo, quando il sole tramontava, si udisse di mezzo all' Oceano uno stridore simile a quello che fanno carboni accesi, o un ferro rovente quando è tuffato nell'ac qua, vedi Cleomede Circular. doctrin. de sublim. 1. 2, c. 1, ed. Bake, Lugd. Bat. 1820, p. 109, seq. Strabone 1. 3, ed. Amstel. 1707, p. 202. B. Giovenale Sat. 14, v. 279. Stazio Silv. 1. 2, Genethi. Lucani v. 24. seqq. ed Ausonio Epist. 18, v. 2. Floro 1. 2, c. 17, parlando delle cose fatte da Decimo Bruto in Por. togallo: Peragratoque victor Oceani litore, non prius signa convertit quam cadentem in maria solem, obrutumque aquis ignem, non sine quodam sacrilegii metu et horrore deprehendit. Vedi ancora le note degli eruditi a Tacito de Germ. c. 45. Pag. 32. (3) Mentre la notizia della rotondità della terra ed altre simili appartenenti alla cosmografia furono poco volgari, gli uomini, ricercando quello che si facesse il sole nel tempo della notte, o qual fosse lo stato suo, fecero intorno a questo parecchie belle immaginazioni: e se molti pensarono che la sera il sole si spegnesse e che la mattina si raccendesse, altri immaginarono che dal tramonto si riposasse e dormisse fino al giorno. Stesicoro ap. Athenaeum 1. 11, c. 38. ed. Schweigh t. 4, p. 237. Antimaco ap. eumd. 1. c. 238. Eschito 1. c., e più distintamente Mimnermo, poeta greco antichissimo, 1. c. cap. 39, pag. 239, dice che il sole dopo calato, si pone a giacere in un letto concavo a uso di navicella, tutto d'oro, e così dormendo naviga per l'Oceano da ponente a levante. Pitea marsigliese, allegato da Gemino c. 5, in Petav. Uranol. ed. Amst. p. 13, e da Cosma egiziano Topogr. christian. 1. 2, ed. Montfauc. p. 149, racconta di non so quali barbari che mostrarono a esso Pitea il luogo dove il sole, secondo loro, si adagiava a dormire. E il Petrarca si accostò a queste tali opinioni volgari in quei versi, Canz. Nella stagion., st. 3:

Quando vede il pastor calare i raggi

Del gran pianeta al nido ov' egli alberga.

Siccome in questi altri della medesima Canzone, st. I, segni la sentenza di quei filosofi che per virtù di raziocinio e di congettura indovinavano gli antipodi:

Nella stagion che 'l ciel rapido inchina

Verso occidente e che 'l dì nostro vola

A gente che di là forse l'aspetta.

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Là dov'io nacqui mi divise il vento. Esso, tornando, a volo

Dal bosco alla campagna,

Dalla valle mi porta alla montagna, Seco perpetuamente

Vo pellegrina e tutto l'altro ignoro. Vo dove ogni altra cosa,

Dove naturalmente

Va la foglia di rosa

E la foglia d'alloro.

XXXVI.

SCHERZO.

Quando fanciullo io venni
A pormi con le muse in disciplina,
L'una di quelle mi pigliò per mano
E poi tutto quel giorno

La mi condusse intorno
A veder l'officina.

Mostrommi a parte a parte
Gli strumenti dell'arte

E i servigi diversi

A che ciascun di loro

S'adopra nel lavoro
Delle prose e de' versi.

lo mirava e chiedea:

Musa, la lima ov'è? Disse la dea:

La lima è consumata; or facciam senza.
Ed io, Ma di rifarla

Non vi cal, soggiungea, quand'ella è stanca?
Rispose: Hassi a rifar, ma il tempo manca.

XXXVII.

FRAMMENTI.

ALCETA.

Odi, Melisso: io vo' contarti un sogno
Di questa notte che mi torna a mente
In riveder la luna. Io me ne stava
Alla finestra che risponde al prato,
Guardando in alto: ed ecco all'improvviso
Distaccasi la luna; e mi parea

Che quanto nel cader s'approssimava,
Tanto crescesse al guardo; infin che venne
A dar di colpo in mezzo al prato; ed era
Grande quanto una secchia, e di scintille
Vomitava una nebbia che stridea

Si forte come quando un carbon vivo
Nell'acqua immergi e spegni. Anzi a quel modo
La luna, come ho detto, in mezzo al prato
Si spegneva annerando a poco a poco,

E ne fumavan l'erbe intorno intorno.

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