Maraviglia talor per avventura, Leggitori onorandi e leggitrici, Cagionato v'avrà questa lettura; E come son degli uomini i giudici Facili per usanza e per natura, Forse, benchè benevoli ed amici,
Più di un pensiero in mente avrete accolto Ch'essere ió deggia o menzognero e stolto; Perchè le cose del topesco regno, Che son per vetustà da noi lontane Tanto che, come appar da più d'un segno, Agguaglian le antichissime indiane, I costumi, il parlar, l'opre, l'ingegno E l'infime faccende e le sovrane, Quasi ieri o l'altr'ier fossero state, Simili a queste nostre ho figurate.
Ma con la maraviglia ogni sospetto Come una nebbia vi torrà di mente Il legger, s'anco non avete letto, Quel che i savi han trovato ultimamente, Speculando col semplice intelletto Sopra la sorte dell'umana gente, Che d'Europa il civil presente stato Debbe ancor primitivo esser chiamato.
E che quei che selvaggi il volgo appella, Che nei più caldi e nei più freddi liti, Ignudi al sole, al vento, alla procella, E sol di tetto natural forniti,
Contenti son, da poi che la mammella Lasciâr, d'erbe e di vermi esser nutriti, Temon l'aure e le frondi e che disciolta Dal sol non caggia la celeste volta, Non vita naturale e primitiva Menan, come fin qui furon creduti, Ma per corruzion si difettiva, Da una perfetta civiltà caduti, Nella qual come in propria ed in nativa I padri dei lor padri eran vissuti, Perchè stato si reo come il selvaggio Estimar natural non è da saggio:
Non potendo mai star che la natura, Che al ben degli animali è sempre intenta, E più dell' uom, che principal fattura Esser di quella par che si consenta Da tutti noi, si povera e' si dura Vita, ove pur pensando ei si sgomenta, Come propria e richiesta e conformata Abbia al genere uman determinata..
Nè manco sembra che possibil sia Che lo stato dell'uom vero e perfetto Sia posto in capo di sì lunga via Quanta a farsi civile appar costretto Il gener nostro a misurare in pria, U'son cent'anni un di quanto all'effetto, Si lento è il suo cammin per quelle strade Che il conducon dal bosco a civiltade. Perchè ingiusto e crudel sarebbe stato Nè per modo nessun conveniente Che all'infelicità predestinato,
Non per suo vizio o colpa, anzi innocente,
Per ordin primo e natural suo fato, Fosse un numero tal d'umana gente Quanta nascer convenne e che morisse Prima che a civiltà si pervenisse.
Resta che il viver zotico e ferino Corruzion si creda e non natura, E che ingiuria facendo al suo destino Caggia quivi il mortal da grande altura; Dico dal civil grado, ove il divino Senno avea di locarlo avuto cura:
Perchè, se al ciel non vogliam fare oltraggio, Civile ei nasce e poi divien selvaggio. Questa conclusion, che, aucor che bella, Parravvi alquanto inusitata e strana, Non d'altronde provien se non da quellaj Forma di ragionar diritta e sana Ch'a priori in iscola ancor s'appella, Appo cui ciascun'altra oggi par vana, La qual per certo alcun principio pone, E tutto l'altro a quel piega e compone. Per certo si suppon che intenta sia Natura sempre al ben degli animali, E che l'ami di cor, come la pia Chioccia fa del pulcin ch' ha sotto l'ali: E vedendosi al tutto acerba e ría
La vita esser che al bosco hanno i mortali, Per forza si conchiude in buon latino
Che la città fu pria del cittadino.
Se libere le menti e preparate
Fossero a ciò che i fatti e la ragione Sapessero insegnar, non inchinate A questa più che a quella opinione, Se natura chiamar d'ogni pietate E di qual s'è cortese affezione Sapesser priva, e de' suoi figli antica E capital carnefice e nemica;
O se piuttosto ad ogni fin rivolta
Che al nostro che diciamo o bene o male; E confessar che de' suoi fini è tolta La vista al riguardar nostro mortale, Anzi il saper se non da fini sciolta Sia veramente e se ben v'abbia e quale; Diremmo ancor con ciascun'altra etade Che il cittadin fu pria della cittade Non è filosofia se non un' arte La qual di ciò che l'uomo è risoluto Di creder circa a qualsivoglia parte, Come meglio alla fin l'è conceduto, Le ragioni assegnando, empie le carte O le orecchie talor per instituto,
Con più d'ingegno o men, giusta il potere Che il maestro o l'autor si trova avere. Quella filosofia dico che impera Nel secol nostro senza guerra alcuna, E che con guerra più o men leggiera Ebbe negli altri non minor fortuna, Fuor nel prossimo a questo, ove, se intera La mia mente oso dir, portò ciascuna Facoltà nostra a quelle cime il passo Onde tosto inchinar l'è forza al basso. In quell'età, d'un'aspra guerra in onta, Altra filosofia regnar fu vista.
A cui dinanzi valorosa e pronta L'età nostra arretrossi appena avvista Di ciò che più le spiace e, che più monta, Esser quella in sostanza amara e trista; Non che i principii in lei nè le premesse Mostrar false da sè ben ben sapesse;
Ma false o vere, ma disformi o belle Esser queste si fosse o no mostrato, Le conseguenze lor non eran: quelle Che l'uom d'aver per ferme ha decretato,
E che per ferme avrà fin che le stelle D'orto in occaso andran pel cerchio usato; Perchè tal fede in tali o veri o sogni Per sua quiete par che gli bisogni.
Ed ancor più, perchè da lunga pezza È la sua mente a cotal fede usata, Ed ogni fede a che sia quella avvezza Prodotta par da coscienza innata: Che come subl con grande agevolezza L'usanza con natura esser cangiata, Così vien facilmente alle persone Presa l'usanza lor per la ragione.
Ed imparar cred' io che le più volte Altro non sia, se ben vi si guardasse, Che un avvedersi di credenze stolte Che per lungo portar l'alma contrassé, E del fanciullo racquistar con molte Cure il saper che a noi l'età sottrasse; Il qual già più di noi non sa nè vede Ma di veder nè di saper non crede.
Ma noi, s'è fuor dell'uso, ogni pensiero, Assurdo giudichiam tosto in effetto,
Nè pensiam ch'un assurdo il mondo e il vero Esser potrebbe al fral nostro intelletto; E mistero gridiam, perch' a mistero Riesce ancor qualunque uman concetto; Ma i misteri e gli assurdi entro il cervello Vogliam foggiarci come a noi par bello.
Or, leggitori miei, scendendo al punto Al qual per lunga e tortuosa via,
Sempre pure intendendo, ecco son giunto, Potete omai veder che non per mia
Frode o sciocchezza avvien che tali appunto Si pingan nella vostra fantasia
De' topi gli antichissimi parenti
Quali i popoli son che abbiam presenti.
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