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Ponendo che tu avessi libera ciascuna tua virtù (po-· tenza) in quanto tu le rispondessi; posto cioè che tu fossi libero tanto, da poter risponderle.

Le passate passioni (i sofferti affanni, tormenti) non mi ritraggono da cercar la veduta di costei, non m'impediscono il desiderio che mi muove a rivederla.

SONETTO. Ciò che m' incontra (ogni opposto pensiero che sorga) nella mente (nella mia memoria) muore, resta distrutto dal mio desiderio e vengo a veder voi, bella gioia, la vostra mirabile bellezza.

Lo viso (che tutto smuore, impallidisce: V. N., XXI) mostra lo color del core, lo stato in cui il cuore si ritrova, la passione da cui è posseduto.

Che tramortendo (il qual viso discolorandosi per mancamento di suo vigore), ovunque può si appoia, s' appoggia in qualsiasi parte gli sia dato. Il che accenna a quanto il Poeta sopra ne rammenta, d'aver cioè per grande tremito poggiata la sua persona subitamente ad una pintura, la quale circondava una magione dov' egli era: V. N., xiv. Viso qui si vuol intendere per tutta la persona.

E per l' ebrietà (l'eccesso del gran tremore) insin le pietre sembra che commosse di pietà, m'implorino la morte per meno danno: giacchè io la invoco per dolce mio riposo.

Per la pietà (per la pietosa vista, sembianza di pietà) la quale pietà (che negli occhi mi giugne) è distrutta (rispetto ai suoi effetti), perchè Voi insieme con l'altre donne, onde siete accompagnata, vi fate gabbo, vi ridete della mia vista che vi pare schernevole: Coll'altre donne mia vista gabbate: V. N., xiv. Ciò che indi seguita è chiaro per le cose precedenti. Ma si ponga mente alle sottili divisioni onde l' Allighieri ragiona la sentenza racchiusa nel sonetto, e si vedrà l'arte a cui egli seppe attemprare e scorgere i suoi pensieri anche neil' impeto degli affetti e della fantasia. E di quanta passione e verità non avvivò ogni suo accento!

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Non mi parea che fossero manifestate ancora per me, da me, per le cose dette negli antecedenti paragrafi.

Quando la mia memoria (delle passate passioni) movesse la mia fantasia ad immaginare quale Amor mi facea, la oscura qualità che mi donava, la pietosa vista che per sua cagione appariva nel mio volto.

M'impugnava, legge il cod. Laurenziano 42, plut. 40, e mi par meglio che la volgata « mi pugnava. »

Disconfiggeva la mia poca vita, finiva di abbattere e distruggere quel po' di vita che ancor mi rimaneva.

SONETTO. L'oscura qualità è la schernevole vista a cui Dante perveniva, quando Amore lo conduceva presso della mirabile sua donna.

Avvien egli mai a persona (sottintendi) ciò che av viene a me? Qual'è che si trovi mai in un così compassionevole stato?

Subitanamente; Amore di subito m' assale forte, che la vita quasi m'abbandona, mi lascia. Allora quasi la vita si parte da me, non rimanendomi altro di vita se non un pensiero, che mi ragiona della mia donna. Questo è il solo spirito vivo che gli dava scampo o salute: e questo rimanevasi in vita, perchè era un pensiero che gli ragionava della sua donna.

Un tremito, un tremore che fa partire l'anima dai polsi, dal sangue in sul quale l'anima ha sua sede, e il cui tremito si manifesta ne'minimi polsi: Purg., v, 74. Il popolo, a significare un simile stato doloroso, suol dire: Mi si divide l'anima dal core.

Non m'intrametto se non di distinguere le parti, io non mi travaglio di più divisioni. « Qui non mi trametto di narrare la sentenza delle parti: » V. N., XXII, XLIII.

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Però che furo narratorii di tutto quasi lo mio stato, notificarono presso che tutta la mia condizione. Quattro cose furono narrate nell' ultimo de' tre sonetti, e nel secondo v' ha cinque diverse narrazioni: una sola e principale fra tutte è nel primo: « Quando riguardo la vostra beltate..... Amore uccide tutti i miei spiriti e li visivi rimangono in vita. >>

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Ciascuna di loro era stata a molte mie sconfitte, fu più volte presente allora, che la veduta di Beatrice (il vederla) disconfiggeva la mia poca vita: V. N., XVI.

A che fine ami tu questa donna, poichè tu non puoi la sua presenza sostenere. E la donna, che mercè d'amore adoperò in Dante questi sensibili e tanto continuati effetti, non fu mai vestita di carne mortale? Rispondete voi, donne gentili.

Cominciaro ad attendere in vista la mia risponsione, attente mi guardavano nell'aspetto per raccoglierne la mia risposta. «L'alto Dottore.... attento guardava Nella mia vista, s' io parea contento: » Purg., XVIII, 2.

Mi parea vedere le loro parole. Invece di udire, come è nella volgata, il codice Pogliani legge vedere, e l'editore Pesarese dirittamente accredita questa lezione, perchè quelle donne parlano tra loro, e Dante non dice di che parlassero. Ma ancorché ciò fosse avvenuto, e le donne avessero parlato con lui, non so perchè fosse inconveniente il dire che gli parea vedere le loro parole mischiate di sospiri. Dunque l'Ugolino mal si espresse con Dante, dicendogli: Parlar e lagrimar vedrai insieme ? Inf., XXXIII, 9. L'un luogo è di

chiarazione dell' altro.

E proposi di prendere materia del mio parlare sempre mai quello che fosse loda di questa gentilissima. Memorevoli e degne al certo di notarsi mi sembrano queste parole,

da cui si manifesta che Dante nelle sue Opere, per variato soggetto che togliesse, volle per altro imprimervi una forma tale, che tornassero tutte in lode di Beatrice. Ond' è che nel Convito e nella Commedia e nelle altre Rime, anche nel recare la sua donna a simboli di nuovi e più sublimi amori, la ricorda pur ad ogni tratto come il suo primo amore, la donna cui prima il suo cuore fu disposato, e che poi sempre gli ebbe signoreggiato la mente. Volentieri col desiderio si torna al primo amore, come il più innocente e la sola spontanea rivelazione dell' anima.

Cosi dimorai alquanti di con desiderio di dire e con paura di cominciare. Il pensiero della fatica ardua e grande alla quale altri è per cimentarsi, sgomenta l' animo, e nella bramosia che pur lo eccita a dire, una segreta forza lo ritiene dal cominciare. Imperocchè presa una volta la via, ci conviene procedere, e tra per i pericoli e la coscienza della propria debolezza, l'uomo sente di dover raccogliere tutte le sue forze per non essere sopraffatto dall'alta impresa e non mostrarsi vinto da viltà nel ritirarsene.

XIX. Pag. 30.

E non son pure femmine, femmine semplicemente, al modo volgare; ma che distinguonsi dall'altre per intelletto d'amore.

Allora io dico che la mia lingua parlò quasi come per sè stessa mossa, e disse: Donne ch' avete intelletto d'amore. Dante qui nota (ripone nella mente) l'inspirazione d'Amore. Poscia sovr' essa pensando, ecco che dopo alquanti di Amore gli detta di nuovo in cuore (gli favella dentro), ed egli, secondo che ode, scrive. Le sue dolci rime, quelle ch' ei soleva ricercare ne'suoi pensieri, dunque non eran altro che parole, le quali il cuore gli dicea con la favella d' Amore: V. N., xxiv. Il che valga a piena dichiarazione del si notevole e celebre passo, lå ove l' Allighieri esprime in modo maraviglioso, onde venisse la novità e dolcezza dello stile che nel dire in rima egli avea introdotto: I' mi son un che quando Amore spira,

noto, ed a quel modo Che detta dentro, vo' significando: Purg., XXIV, 52. Non diversa è l'arte de' sommi poeti, che bastano ad avvivare e ingagliardire la propria nazione e rendersi maestri del mondo civile.

CANZ. st. 1. Donne ch' avete intelletto d'amore, gentili, amorose, che in cuore vostro comprendete che è Amore. Intelletto qui importa sentimento, anzichè cognizione.

Ma voglio ragionar (di esse lodi tanto) per isfogar la mente, che vi pensa ognora, ne ha pieno il pensiero; tant'è il suo valore, i pregi, le lodi sue! Non vo' parlar di lei si altamente che divenissi vile, non mi sbigottissi dal dire, per temenza di non poter seguitare in guisa, da giugnere con le parole a si gran segno.

St. 2. Angelo chiama il divino Intelletto: un Angelo grida a Dio, lo invoca. Ciò mostra di subito la verità della lezione ch'io accetterei sull'autorità del cod. Magliabechiano 143 e de' Riccard. 1050 e 1054. Dalla volgata Angelo chiama (o clama) il divino intelletto, non si può cavar buon costrutto.

Ne grida mercede, la grazia ne invoca; come premio di merito, desidera di vederla tra i beati Comprensori.

Sola pietà (a che Dio si muove) difende nostra parte, la parte di noi che siamo quaggiù, ai quali la vista della mirabile donna è cagione di virtù, porta salute. Dante confonde sè cogli altri tutti, cui Beatrice parea dispensare bella grazia.

Chè parla Iddio, che di Madonna intende, sa che maraviglia ella è, e per qual fine ancor si rimanga quaggiù a far mostra delle celestiali sue bellezze.

Lasciate che vostra speme, quanto mi piace sia (rimanga) là nel mondo mortale, ove altri s' attende di perderla.

E che dirà nell' Inferno a' malnati, ecc. per farne loro tormento di desiderio. In queste parole ben si vede che in Dante era già fermo il pensiero di cantare i tre Regni visitati o veduti in visione per grazia impetratagli da Beatrice. Il che più certo risulta dalle ultime parole della Vita Nuova, le quali sono di vero rilevantissime, perchè mostrano ad evidenza che la Visione, che è il soggetto della Commedia, venne a Dante assai prima che questi si disponesse a descriverla col

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