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l'anima, l' Allighieri celebrò mai sempre nella sua Beatrice, anche allora che la trasse a figurare i suoi nuovi amori per la Filosofia e per la divina Scienza: Conv. II, 5.

Perchè la memoria non puote ritener lui (tener a mente lo suo mirabil riso) nè sue operazioni, quelle che adopera ne' cuori di coloro cui appare.

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Colui che era stato Genitore di tanta maraviglia (mirabile donna), di questa vita uscendo, se ne gio alla gloria eternale. E ciò basta pur a convincere qualsiasi che la Beatrice di Dante fu donna mortale. Poi tutte queste particolarità, risguardanti il degno padre di quella gentilissima, ben lo raccomandano alla gratitudine degli umani.

E questa donna fosse in altissimo grado di bontà, distruggitrice siccom' era stata, di tutti i vizi e regina delle virtù: V. N., x.

S'adunino a cotale tristizia, là dove così tristi casi addivengono, e si compiangono.

In luogo onde ne giano (dal quale passavano) la maggior parte delle donne. « Donne anche passaro presso di me: » ivi.

Io mi sarei nascoso incontanente, chè le lagrime mi aveano assalito. Ho disgiunto che da incontanente, essendovi in quella particella la ragione, per che di subito Allighieri si sarebbe nascoso.

Non par esso, tal' è divenuto, si è trasfigurato! la sua gura par d'altra gente.

Ond' io poi pensando, proposi di dire parole, acciocchè (perciocchè) degnamente avea cagione di dire si, ecc. Ed or si consideri come Dante serbi un medesimo tenore nel porsi a comporre le sue rime; perchè ei nota in mente le cose udite da amore; e per amore poi le ripensa, ed a scriverle attende amore che gli venga dettando. Amore, che spira e fa notare le spirazioni e da ultimo le esprime; ecco tutta la poesia di Dante.

SONETTO I. Onde venite che 'l vostro colore Par divenuto

di pietà simile (simile alla pietà), che avete una vista cosi pietosa, di pietà sembianti? V. N., xxxvii.

Bagnata il viso di pianto d'Amore, amoroso. E v'ha egli più potente linguaggio e più vero? Quegli occhi non piangevano, ma si Amore, che entro vi dimorava. Il codice Pogliani legge « Bagnata il viso di pietà d'amore; e l'editore la dice lezione incomparabilmente migliore della volgata. Ma non avvisò ei bene il contesto cui si disconviene, notandosi che quelle donne udirono Beatrice nel suo pianto parlare. Ottima stimerei la lezione: Bagnar nel viso suo di pianto Amore.

Io vi veggio andar senz' atto vile, umili in sembianza, perciò vestite di gentilezza, quasi ingentilite, tal che certo dovete essere state da tanta pietade, da quella Beatrice che piange si pietosamente.

SONETTO II. Ella ha nel viso la pietà si scorta, si visibile, dipinta: è la pietà stessa in persona. Chi riguarda alla eloquenza delle precedenti narrazioni parrebbe che ne' sonetti ove si ripetono, dovesse perdersi quella virtù di sentimenti che ivi per tutto si fa manifesta. Ed invece i sentimenti vi si fanno più vivi ed efficaci. Per le immagini, onde ogni concetto si rappresenta in evidenza, Dante potè trasfondere sè ne'suoi versi, e far sentire altrui quelle passioni di che l' anima sua fu tuttora occupata.

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Io ritornai (rivolsi il pensiero) alla mia deboletta vita. Cosi parmi doversi leggere, piuttosto che debilitata, perchè meglio corrisponde alla mia frale vita, che è nella Canzone.

Ancora che sano fossi, posto anco ch'io fossi sano, non infermo siccome era.

Di necessità conviene che la gentilissima Beatrice alcuna volta si muoia. Dante in ciò si mostra non cosi pensieroso della sua vita, come di quella della donna del suo affetto. Chi ama veramente, e con vivo sentimento, ha più cura dell'amata persona che di sè stesso, essendo pur amore una

costante volontà di far sacrificio di tutto sè in bene altrui. Inspirato da virtù, amore dev' essere principio e cagione di ogni virtù più eletta e grande.

lo chiusi gli occhi e cominciai a travagliare (ad errare) nella mia fantasia, come farnetica persona, ad immaginare, fuori di conoscenza e di verità. « Nuovo pensier dentro da me si mise, Del qual più altri nacquero e diversi, E tanto d'uno in altro vaneggiai, Che gli occhi per vaghezza ricopersi, E il pensamento in sogno trasmutai: » Purg., xviii, 141.

Diversi e orribili a vedere. Come ben ricorda il Fraticelli, diversi qui vale strani, o un che di simile. « Cerbero fiera crudele e diversa (Inf., vi, 13); Entrammo giù per una via diversa: vII, 103. »

Volando per l'aria. Questa lezione concorda con ciò che è nella Canzone: Cader gli augelli volando per l'a're. La tua mirabile donna è partita di questo secolo, « Dal secolo hai partita cortesia: » V. N., ix.

E non solamente piangeva nell' immaginazione, io immaginava di piangere, ma piangeva con vere lagrime. Tante volte l'immaginazione è così viva come il sentimento, e produce gli stessi effetti: I' l'immagino si che già li sento, disse Dante de' demoni che gli correvano dietro: Inf., xxIII, 25. Altrove poi egli ne rammenta come un incendio immaginato il cosse tanto fortemente, che si ruppe il sonno ond' era occupato: Purg., IX, 32.

E le parole del loro canto mi parea che fossero queste: « Osanna in excelsis. » Nella sommità del Purgatorio, dove apparve il trionfo di Beatrice, una melodia dolce correa, e nelle voci del cantare l' Allighieri apprese puranche lo stesso Osanna: Purg., xxix, 20, 31.

E fu si forte la erronea fantasia, Mi parve da preferirsi erronea ad errante fantasia, perocchè questo immaginare era fallace, tutto fuori di conoscenza e verità.

Lo principio della pace, Dio, che è il nostro finale riposo, la nostra pace: Purg., xxx, 9; Par., IL, 83.

Mestieri è nel cod. Riccardiano 1050 e nella stampa del Biscioni, nè parmi che debba leggersi misterii com'è nella

volgata: essendo che a questa parola si converrebbe allora assegnare altro valore che per sè non ha. Inoltre riuscirebbe sempre a indicare quegli uffici sacri e i mestieri soliti a farsi alle corpora de'morti. La voce mestiero in tale significato si usa dal Sacchetti, ed è la stessa che il mestiers dei Provenzali. Poi ridicendosi anche nella Canzone « consumato ogni duolo » ben si fa intendere che questi dolorosi mestieri significano, oltre agli uffici sacri che si fanno in quel misero caso, il seguace corrotto e 'l pianto di dolore.

Cessò la forte fantasia, immaginazione, sogno o visione, che è tutt'uno, per l'attinenza che hanno a vicenda. All'alta fantasia qui mancò possa, scrive Dante, allora che fu al punto in cui cessò il tempo che l'assonnava, od era svanita la sua Visione: Par., xxxIII, 142.

Riscuotendomi, apersi gli occhi e vidi ch' io era ingannato: «Io mi riscossi..., E l'occhio riposato intorno mossi... e fiso riguardai: » Inf., Iv. 4.

Queste donne non mi poterono intendere; e, come poetando aggiugne, solo intesi il nome nel mio cuore.

Conosciuto il fallace immaginare. Alla lezione volgata falso anteposi fallace immaginare, perchè così è nella seguente Canzone.

Allora cominciandomi dal principio fin alla fine, dissi ciò che veduto avea nel mio sogno. E questa gran visione, che pur a leggerla com'è descritta in prosa, è tanto poetica, piena di sentimento e d'un passionato e vero amore, acquista nuova bellezza e più efficace virtù nella soave e ineffabile armonia del verso. Questa si sente nell'anima, nè può significarsene il pregio a parole.

Mi parea che fosse amorosa cosa a udire. Chi ben considera, amoroso qui importa più che altro piacente, gentile, come appropriato a cosa nata per virtù d'amore.

CANZ., st. 1. Donna pietosa e di novella etade. L'avea prima chiamata donna giovane e gentile. Ma giovane vuolsi prendere in largo senso di adolescente, essendo che per Dante l'adolescenza si compie al venticinquesimo anno (Conv., IV, 25), onde poi si comincia la giovinezza.

Era là ov' io chiamava spesso morte, gridando: Dolcissima morte vieni a me.... che molto ti desidero.

Veggendo gli occhi miei pien di pietate, pianger si pietosamente.

Le parole vane, vaneggianti, quelle che dicevo nel vano immaginar ov'io entrai, nella mia erronea immaginazione.

E appressarsi per farmi sentire, per fare ch' io risensassi, tornassi a' sensi o alla virtù di fuori; s'accostarono a me per isvegliarmi.

Allor lasciai la nuova fantasia, svani la mia singolare visione, non mai più veduta la simigliante.

St. 2. E rotta si dall' angoscia e dal pianto, dal singulto del piangere. Similmente la sentita vergogna del suo fallo o la confusione impedivano già a Dante, non che la parola, i sospiri e le lagrime. Ma poi che il cuore gli si fu inténerito, il dolore insieme con l'angoscia Per la bocca è per gli occhi usci del petto: Purg., XXX, 88. Pianger di doglia e sospirar d'angoscia: V. N., XXXI.

E con tutta la vista vergognosa, la vergogna che appariva nel mio volto; avvegnachè io mi vergognassi molto.

Che facea ragionar di morte altrui, poichè io già portava il colore di morte. E quando quelle donne mi videro, cominciarono a dire: Questi par morto.

Che vedestù che tu non hai valore? che se'tanto smarrito, che per temenza ti sei fatto cosi vile?

St. 3. Piansemi Amor nel core ove dimora, il cuor mi pianse ov' era tanto amore. Ma quanto è più sentita la parola del poeta? Non è più il cuore, che piange per amore, ma Amore che piange nel cuore: questa è vita di poesia.

Sospirando dicea nel pensiero. Si rammenta che avea detto: « Cominciai a piangere fra me stesso di tanta miseria (brevità della vita), onde sospirando fra me medesimo dicea: di necessità conviene che Beatrice si muoia ».

Chiusi gli occhi vilmente gravati, per abbattimento d'animo, e poscia immaginando Di conoscenza e di verità fuora, cominciai a travagliare come farnetica persona e iatesi dirmi : Morra' ti pur, morra' ti, tu pur morrai.

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