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tribuire a Dante la Canzone ove sono poetizzati pressochè i medesimi concetti.

6. Quella virtù che ha più nobilitate (la mente, ultima e nobilissima potenza dell' anima: Conv., 11, 2) Mirando nel piacere (nella gran beltà di quella donna), S'accorse ben che il suo male era nato, perocchè indi Amore gli signoreggiò l'anima compiutamente: V. N., II.

E conobbe il disio ch' era criato (in cuore) Per lo mirare intento che ella fece. A ciò vie meglio comprendere, si faccia avvertenza che lo spirito d'Amore destasi nel cuore dell' uomo, quando in saggia donna appare beltà Che piace · agli occhi si, che dentro al core Nasce un disio della cosa piacente: V. N., xx.

Qui giugnerà, in vece D'una ch'io vidi, la bella figura... La mente di Dante prevede d'esser giunta dalla bella figura o immagine della sua Donna, e teme di venir signoreggiata insieme con le altre virtù dell'anima, che indi rimanea tutta tolta da Amore.

7. E innanzi a voi (se verranno i miei detti e li avrete cari) perdono la morte mia a que' begli occhi che mi ferirono il cuore, Quando gli aperse Amor colle sue mani Per conducermi al tempo che mi sface: st. 1. Veramente chi pon l'occhio un po' attento a questa canzone, vi discopre si la mano e i concetti del sovrano artefice della Commedia; ma dubito se gli riesca di comprenderne ben determinato il disegno. Certo altri potrebbe desiderarvi quella unità, che è costante e proprio suggello d'ogni scritto dell'Allighieri. Forse che le strofe vi son male ordinate, se già non vogliono credersi in uno rifusi due diversi componimenti. Ne giudichi a suo senno il discreto lettore.

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Morte, perch' io non trovo a cui mi doglia.

Chiunque ben la riguardi, non sarà difficile a persuadersi che questa canzone fu scritta, allorchè Beatrice cadde malata e stette in pericolo della vita.

St. 1. Ove ch'io miri-o in qual parte ch'io sia. « Come, ch'i' mi muova, E come che i mi volga e ch' io mi guati: »

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E per me giri (volga in giro) ogni fortuna ria. Tu, Morte, sei quella che mi fai sempre girare avversa la fortuna. « Però giri fortuna la sua rota Come le piace, e il villan la sua marra: » Inf., xv, 95.

A te convien ch'io drizzi la mia face (faccia) Dipinta in guisa di persona morta. Morte, vedi che si desideroso vegno D'esser de' tuoi, ch'io ti somiglio in fede, già portando il .segno de' tuoi, di quelli cui già togliesti di vita: V. N., xxIII.

Quella ch'è d'ogni ben la vera porta. L'Allighieri ne porge non dubbia testimonianza che la sua Beatrice, mirabilmente adorna di virtù e di bellezza, col lume de' begli occhi gli fu una dolce guida e per lungo tempo il sostenne vòlto nella diritta parte: Purg., xxx, 123.

2. Se guardi agli occhi miei di pianto molli, pieni, gonfi di lagrime. « Gli occhi lor ch' eran pria pur dentro molli: » Inf., xxx, 46.

Sentirai dolce sotto il mio lamento: ne' miei lamenti ti si farà sentire una dolcezza, da costringerti a desiderarli, non che tu ti possa muovere a compatirli.

3. Tu discacci virtù, tu la disfidi (tu la privi di fidanza), Tu togli a leggiadria il suo ricetto. « Dal secolo hai partita cortesia E ciò, che 'n donna è da pregiar, virtute: In gaia gioventute Distrutta hai l' amorosa leggiadria: » V. N., VIII. Oh quanti falli rifrena questo pudore!... Quante male tentazioni non pur nella pudica persona diffida, ma in quello che la guarda! Conv., IV, 25.

Tu l'alto effetto spegni di mercede (di grazia) avendole Iddio, tra gli altri pregi, dato per maggior grazia, che non può mal finir chi le ha parlato: V. N., XIX.

La qual (beltà) tanto di ben più ch'altra luce (risplende assai più d'ogni altra) Quanto conviene, ch'è (però ch'è) pregio derivato da lume di cielo in creatura degna, ornata anco di virtù. Per la bontà dell' animo la sensibile bellezza divien più lieta e più lucente e preziosa.

Tu rompi e parti tanto buona fede d'Amore, cacciandolo da lei, che d'Amore ben rendeva figura, lo rappresentava in forma vera: V. N., xxiv.

4. Distendi l'arco tuo (allentalo) si che non esca Pinta per corda la saetta fore. Quel valore amai (disse il buon Marco a Dante) al quale ha or ciascun disteso l'arco: Purg., XVI, 47. « Corda non pinse mai da sè saetta, Che si corresse via per l'aer snella: » Inf., viii, 14.

Morte, deh! non tardar mercè (pietà) se l'hai; Chè mi par già veder lo cielo aprire. L'Allighieri nella sua errante fantasia, piangendo come fosse già morta la sua Donna, ve-` dea, Che parean pioggia di manna, Gli angeli che tornavan suso in cielo Ed una nuvoletta avean davanti, Dopo la qual gridavan tutti: Osanna: V. N., xxiii.

L'anima santa, Di questa in cui onor lassù si canta, dicendo di lei gli Angeli: Sire, nel mondo si vede Maraviglia nell'atto che procede Da un' anima che sin quassù risplende: V. N., xvIII.

5. Con tua ragion (ragionamento) piana e umile, intendevole e senza velo d'allegoria. Il faticoso e forte parlare si usa dove si vuole nascondere una verità sotto velo di allegoria, che qui non è.

Fatti, novella mia (giovane e piana mia Canzone, figliuola d'amore) dinanzi a Morte, Sicchè a crudelità rompa le porte, cessi il suo crudele adoperare e si muova alle mie preghiere: V. N., viii. Alla morte si rivolser tutti i miei lesiri (dice l'Allighieri) Quando la donna mia Fu giunta dalla sua crudelitate (dal crudel colpo della morte): ivi, XXIV.

Quest' anima gentil, di cui (in cui potere) io sono, per virtù d'Amore, al quale l'anima mia fu disposata innanzi ch'io uscissi fuori di puerizia: V. N., III. Per sublimità e verità di concetti, Dante in questa canzone non riusci punto inferiore a se stesso. In essa per vero s'ammira un si profondo sentimento e tanta passione di amore, che amore l'ebbe certo inspirata con tutta la sua virtù. V' occorrono bensì dei pensieri e modi di dire, che si ritrovano in altre opere del solenne Maestro e singolarmente nella Vita Nuova; ma sem

bra che qui piglino un nuovo aspetto e come una grazia nuova, manifestando ognora la potenza del dolce stile nuovo, di cui l'Allighieri si fece autore ed esempio.

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Voi che, intendendo, il terzo ciel movete.

A meglio accertare la sentenza di questa canzone, addurrò l'autorità stessa di Dante, che ce la dichiara. E in prima si ponga mente, che i Movitori del terzo cielo, che è quello di Venere, sono sostanze separate da materia, cioè Intelligenze, le quali la volgare gente chiama Angeli: Conv., II, 5. A questi Principi celesti il Poeta or si rivolge, chiamando: Voi che, intendendo (coll'intelletto solo: ivi, II, 7) il terzo ciel movete: Par., VIII, 37.

St. 1. Lo ciel, che segue lo vostro valore, ecc., cioè a dire; la vostra circolazione è quella che mi ha tratto nella presente condizione (Conv., II, 7) coll'avermi influito la virtù che vi è propria.

Vi dirò del core la novitate, ecc. A pieno intendimento di queste parole si vuol sapere, che questo spirito non è altro che un frequente pensiero alla nuova donna commendare e abbellire. E quest'anima non è che un altro pensiero accompagnato di consentimento, che repugnando a quello, commenda e abbellisce la memoria di quella gloriosa Beatrice: Conv., II, 7.

Questo spirito vien peʼraggi della vostra stella, essendo li raggi di ciascun cielo la via per la quale discende la virtù di essi cieli in queste cose terrene: Conv., II, 7.

2. Solea esser vita dello cor dolente, ecc. « Oltre la spera che più larga gira Passa il sospiro (pensiero) che esce del mio core; Intelligenza nuova, che l'Amore Piangendo mette in lui, pur su lo tira: V. N., XLII. Io pensando contemplava il regno de' Beati ov'era salita la mia donna (Conv., II, 8); e del contemplare men veniva nell' anima tanta dolcezza, che mi faceva desioso della morte: Conv., ivi.

Or apparisce chi lo fa fuggire. Questo pensiero, che di nuovo apparisce, è poderoso in prender me e in vincer l'anima tutta, dicendo che esso signoreggia si, che il cuore (cioè il mio dentro) trema, e il mio di fuori lo mostra in alcuna nuova sembianza: Conv., ivi.

Susseguentemente mostra la potenza di questo pensiero nuovo per suo effetto, con dire, che esso gli fa mirare una Donna, impromettendogli che la vista degli occhi di lei può essere sua salute. Ma a un tempo ne afferma, che non può guardare negli occhi di questa donna chi teme angoscia di sospiri: Conv., ivi.

3. Trova contraro tal, che lo distrugge, L'umil pensiero, ecc. Questo è quello speciale pensiero, che soleva essere vita dello cor dolente: Conv., II, 10.

Tutto il mio pensiero, cioè l'anima (questa affannata) si volge e parla contro agli occhi d'altra donna: Conv., ivi. 4. Tu non se' morta ma se'ismarrita. M'attengo a questa lezione degli Editori milanesi; poichè è certamente la vera, ritraendosi dal commento stesso del Poeta. Non è vero che tu sia morta; ma la cagione perchè morta ti pare essere, si è uno smarrimento, nel quale sei caduta vilmente per questa donna che t' è apparita: Conv., II, 11.

Saggia e cortese nella sua grandezza: dice saggia, dacchè nulla a donna è più bello che savere. Dice cortese, poichè nulla cosa in donna sta più bene che cortesia. Cortesia e onestade è tutt'uno: Conv., ivi.

5. Tanto ior parli faticosa e forte. Affine di addentrare il pensiero di Dante, fa d'uopo qui attendere che la bontà di ciascuno sermone è nella sentenza, e la bellezza nell' orna

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