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suoi scritti desse un senso letterale ed uno allegorico (oltre agli altri due dei quali ho detto non voler far conto); ne viene che egli della figlia di Folco fece un'apoteosi, e mentre faceva rappresentare all'animale binato, conducitore del carro, Cristo fondatore della Chiesa, volle che Beatrice sedutavi sopra significasse la Scienza Divina, che è l'altissima di tutte le scienze, come quella che ci conduce a conoscere il principio delle cose tutte. Nel senso litterale, Beatrice è la figlia di Folco, amata dal Poeta e morta giovinetta sul fiore della bellezza e della leggiadría, lasciando il misero amante solo, abbandonato al vortice del mondo, e che dopo dieci anni, sapendolo smarrito in una selva e combattuto da tre fiere, scende dal Cielo nel Limbo per pregare Virgilio di soccorrerlo. Nel senso allegorico, è la scienza divina che per volere della grazia illuminante soccorre l'uomo caduto nel vizio, accendendolo dell' amor del sapere, il quale per l'esperienza delle cose umane conduce di grado in grado alla contemplazione d' Iddio.

Per queste istesse ragioni l' Inferno, che letteralmente è il luogo ove si puniscono i malvagi, allegoricamente è l'immagine del suo secolo vizioso, ossia della vita attiva deviata al male; come il Purgatorio è simbolo della vita attiva diretta al bene ai fini dell'umanità; e il Paradiso, della vita contemplativa, che, secondo le dottrine di Dante esposte nel Convito, è la più eccellente. (Vedi Fosc. Dant. ill.)

Riassumendo, dico che la Beatrice del poema è la figlia di Folco Portinari, la quale, morta giovinetta, lasciò il Poeta nello sgomento d' una pas

sione non consolata, e nel desiderio della creatura gentile che gliela ispirò, e che non avea mai dato motivo che si menomasse nell' animo dell' amante la sublime idea che ognuno di noi si forma di colei, che prima d'ogni altro c' insegna che cosa è amore. Tacque per opera del corpo il dolore e l'amore nell'animo del Poeta, e rivoltosi agli studi e alle brighe civili, si trovò assorto nel mare burrascoso d' una repubblica ove tutti miravano a invadere gli onori e l'erario dello stato, distruggendosi l'un l'altro. Atterrito da tanti delitti, offeso nella persona e nell'avere, dopo vani tentativi, ritorna sopra sè medesimo, e ripensando alle dolcezze della vita passata, più cara, più consolante gli ritorna nella mente l'immagine dell'amica perduta; e ricordandosi l'amore pudico che lo incoraggiava a ben fare, e i dolci e pacifici studi ai quali si sentiva allora inclinato, e forse la promessa non mantenuta che egli avea fatta di dire della donna sua quello che non fosse stato mai detto d'altra, riprese le sue tranquille meditazioni; e procedendo negli studii dal noto all'ignoto, si dette prima a considerare, scorto dal sapere e dall' esperienza umana, i vizi che contaminavano il suo tempo, quindi il modo di correggerli, e finalmente come l'uomo perfetto, delle cose terrene si fa scala alle sublimi verità, a Dio insomma.

E infatto, i mille eşempi dell' una e dell' altra istoria, che egli di continuo, a correzione dei vizi, riporta nel Purgatorio, che sono altro mai se non gli utili precetti che si ritraggono dagli studii per il miglioramento della vita?

Ammesso che la Beatrice della Dirina Commedia riunisca in sè queste due qualità, di donna mortale amata dal Poeta in vita, e di Essere beato e destinato da esso a rappresentare in un suo lavoro la divina scienza, ne emerge questa bella dottrina: che l'amore, quando è ispirato da persona degna in petto degno di riceverlo, conduce al bene; che la memoria della donna amata, quando anche l'oggetto sensibile dell'amor nostro ci è sparito dagli occhi, ha potere di richiamarci dalla via dell' errore e divenire un' occulta e quasi divina scorta che ci conduce al vero: perchè l'animo nella giovinezza, specialmente in coloro che sortirono una mente fervida e immaginosa, suole adornare di tutte le pèrfezioni la persona amata. Dura l'inganno soave fino a che il sospetto e la funesta esperienza non giungono a conturbare la pace e la fiducia del cuore. Disingannati una volta, spariscono quei bei sogni, e l' Essere perfetto dei nostri pensieri ritorna nella sua condizione di umana creatura partecipante dei vizi della sua specie, tanto più abietta, quanto più sublime se l'era immaginata la mente. Che se talora il pensiero ritorna a lei, non è se non per dolersi della vanità e della incertezza delle dolci affezioni.

Ma se questa creatura, che prima d'ogni altra occupó i nostri pensieri, d'ora in ora si trae a sè maggiormente la dolce allettazione di una bellezza ingenua e gentile, di una vita illibata e di un amore innocente, l'animo nostro s'affiderà, si volgerà a lei infiammato e reverente; e oltre ai suoi pregi, colorandola di tutti quelli che o la sua propria imma

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ginativa, o l'abitudine degli studi gentili sanno suggerirgli, la collocherà quasi in un tabernacolo d'oro, e l'adorerà. Se per malvagità della fortuna questo idolo gli vien tolto dagli occhi, l'amore infiammandosi delle dolci e delle amare rimembranze e di mille desiderii senza speranza, e della necessità di rassegnarsi alla volontà del destino, e delle idee religiose, tanto più potenti quanto meno dipendono da umani eventi; il misero lo cercherà sempre, e non vedendolo in terra, ne parlerà come di cosa soprannaturale, nè quasi crederà a sè stesso d' averla veduta mai, se non in una di quelle visioni che talvolta sono accordate quasi a conforto d' una vita misera e dubbiosa.

Ecco come nella mente d' un poeta un éssere terreno assume celesti qualità, ecco come una cosa doventa un' idea, come insomma la Beatrice Portinari, che con l'amore ispiratogli da giovinetta accese Dante dell' amore degli studi e della virtù, doventa la scienza divina, che per volere d' Iddio, dalle misere brighe del secolo ritrae l'uomo alla investigazione degli alti fini dell' uomo, alla contemplazione delle divine immutabili verità.

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Posto che il senso allegorico della Divina Commedia sia il fine dell' uomo, cioè il conseguimento della vera scienza, al quale desidera l' umana mente per la sete naturale di perfezionarsi che tiene da Dio; si notino qui tutti i passi che dalle opere tutte dell'Alighieri si possono trarre a stabilire questa opinione.

Poniamo per base quello che si legge nel primo capitolo del secondo trattato del Conrito.

Dico che questa sposizione deve essere litterale e allegorica. La litterale è chiara. »

Come è aperto per il Convito a tutti quelli che vogliono intenderlo, il fine dell' uomo è acquistare sapienza, al conseguimento della quale esso è di sua natura disposto e propenso. A questa due vie conducono, l' una d'azione, ed è la meno, nobile, l'altra di contemplazione, che è l'umana via per eccellenza. La prima conduce alla scienza pratica delle cose di quaggiù, l'altra alla intellettuale di un mondo che c' è promesso, e che per nostra attuale imperfezione non possiamo se non travedere. L'uomo per la prima fatto

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