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DELLA

LETTERATURA ITALIANA

DI

PIETRO SANFILIPPO

Can. della Metropolitana Chiesa di Palermo-
Membro della Commissione di pubblica istruzione in Sicilia.

VOLUME I.

PALERMO

PRESSO I FRATELLI PEDONE LAURIEL

editori proprietarii.

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ALLA GIOVENTU' SICILIANA

Vi parrà certo strano, miei cari giovanetti, che dopo tanti egregi lavori di uomini sommi, i quali hanno riportato la comune approvazione dei dotti, io pur mi accinga a pubblicare ed offrire a voi questa mia Storia della Lelleratura Italiana. Eppure io non disprezzo le altrui opere anzi al pari e forse più di ogni altro le tengo in molta stima, e, quando me ne cade il destro, me ne giovo e apertamente il confesso. Affinchè dunque non abbiate a credere, ch'io vi presenti un libro al tutto inutile, voglio rendervi conto delle ragioni, che mi spinsero a scrivere, arrendendomi ai desiderj di chi mi fu assiduo confortatore all'impresa.

Leggendo le opere di molti insigni storici non solo nazionali, ma anche stranieri, sono entrato pur finalmente in questo pensiero, che la Sicilia e con essa le provincie meridionali d'Italia hanno avutá una grandissima parte nelle glorie letterarie e scientifiche, onde gl' Italiani vanno con tutta ragione superbi: e questo non pure nel primo risorgimento degli studj, quando fra noi pria che altrove si poetò SANFILIPPO, Lett. Vol. I.

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nella nascente favella italiana; ma eziandio in altre epoche posteriori e su di svariati argomenti. Forse l'essere qui in questa estrema parte d'Italia non fece giungere nel centro e nel settentrione della penisola notizia di quel tanto di bene, che vi si operava: e ciò sia per colpa dei tempi, che rendeano difficili le comunicazioni; sia per colpa degli uomini, che teneano divisi gli animi: donde l'ignoranza e talora forse il disprezzo delle opere letterarie e scientifiche dei nostri. Or' io voglio intender l'animo a riparar questo torto, facendo un cenno della cultura del regno nostro, la quale, qualunque sia stata, parmi non doversi da noi ignorare, nè sempre dagli altri Italiani tenere in non cale. Nè credo che debba perciò venir biasimato di spiriti gretti e municipali. Qui non si tratta già d'illustrare una parte d'Italia vituperandone o trascurandone un'altra, e rinnovando così gare e contese, che ormai fortunatamente son fuori stagione. Tolga Dio a tutti e sempre il vil pensiero e il tristo vezzo! Le glorie di ogni provincia son glorie di tutta Italia; e quindi l'illustrarne una è accrescere lo splendore della comune patria italiana della quale il Regno delle Due Sicilie non è sì piccola parte nè sì spregevole, che in fatto d'ingegni e di studj abbia a tenersi in disistima. E dall'altro canto m'ingegnerò di fare in guisa da non meritar biasimo di soverchiamente tenero per quei luoghi, che il cielo destinò in modo speciale a culla e dimora mia.

Nello scrivere la breve Storia, che vi offro, dirigea la mia penna un altro pensiero, certo in questi tempi divenuto quasi comune, ma pur difficile a vedersi messo in pratica moderatamente. Io son persuaso, che la storia è una ed abbraccia tutto quanto ri

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guarda o un'epoca o una nazione o l'universo genere umano, secondo che essa è parziale o universale. Già altra volta in somigliante proposito io diceva, e omai lo dicono tutti, che or la storia non vuol più trattarsi al modo degli antichi. I quali forniti, com'erano, di squisitissimo gusto e di fervida fantasia, ti davano per avventura le più animate descrizioni di guerre, battaglie ed assedj, di congiure e tumulti, le quali uscissero mai di mente umana; ed arricchivano l'elegante e poetico racconto di eloquentissime orazioni messe in bocca a consoli, a senatori, a legati, a capitani, ad agitatori di popoli, le quali non puoi, leggendole, non ammirare; c dipingeano con tinte sì vive e tetre le pestilenze, che desolavano città e provincie; le laidezze e le crudeltà degl' imperatori; la miserabile condizione dei popoli a tanto duro giogo soggetti; da eccitare negli animi raccapriccio ed orrore. Insomma narravano ampiamente i fatti materiali con più o meno sfoggio di arte e d'ingegno e nulla più. Nulla o quasi nulla di leggi, di costumi, di cultura intellettuale; null'affatto dello stato primiero e degli ordinamenti religiosi, morali, civili e politici dei popoli vinti : e della stessa nazione dominatrice non ti dicono come le scienze, le lettere e le arti vi s'introducessero e propagassero; nè ti fanno osservare le cagioni del loro progresso o decadimento; nè se furon volte a formare i costumi del popolo o se per lo contrario si ebbero da quelli impulso ed avviamento. Chè gli storici antichi, se ne togli qualche rara ed onorevole eccezione, paghi a quel tanto, che scorgeasi come causa prossima ed immediata degli avvenimenti, non faceano profonde considerazioni sulla umana natura, nè investigavano quelle rimote e occulte cagioni,

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