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sitarsi in mano di una persona deputata dal Card. Millo Protettore, coll' obbligo di sostituire una perfetta copia nello stesso Altar Maggiore, per incastrarsi nella stessa Cornice, da rilasciarvisi. Ma fortunatamente il contratto non ebbe effetto; e la Chiesa seguitò a restarne decorata, fino alla funestissima epoca Repubblicana del 1799, in cui restò chiusa la Chiesa, e spogliata intieramente di tutti i sacri arredi, lampadi, candelieri, calici, campane, ed anche dello sportellino di metallo del Ciborio. Inoltre fu tolto l'oro dalle 4. fronti degli Archi del Cupolino, e della Cupola, dalle 4. lunette, ed altra fronte di arco, sopra l'ultimo pilastro dell' Altar Maggiore, dal giro di pal. 210 del Cornicione, da' 22. Capitelli dei pilastri, dal prospetto sopra l'Altar Maggiore, da otto soprannicchie, da tutti i fondi della Cupola, da 4. Catinoni, da tutti gli archi, e mezze lunette, e dai due Altari laterali, con danno valutato più di 600 piastre; ed aperte le sepolture, per toglierne tutte le casse di piombo. Anche l'annesso Oratorio della soppressa Archiconfraternita, fu ridotto ad uso di privata abitazione. Quindi ne fu tolto il Quadro.

Avendo poi reclamato la Nazion Bolognese per la riapertura della Chiesa, si obbligò la Città di somministrare a quest' effetto la somma di trecento piastre. Ma l'Eminentissimo Sig. Cardinal Giuseppe Fesch, dopo di aver visitata la Chiesa, ed osservatone il rovinoso stato, a cui era ridotta, e che esigeva una spesa molto maggiore, interpose l'autorevole sua mediazione, con premurosa lettera scritta a Milano, per ottenere il soccorso di una somma adattata al bisogno. In seguito delle sue premure, fu accordato un sussidio di settecento Scudi che con suo grazioso viglietto fece gare al vigilantissimo Governatore di questa Chiesa, Monsignor Antonio Lamberto Rusconi, il quale li fece depositare nel Monte di Pietà, per erogarli con ordini consecutivi per i necessari risarcimenti. Queste beneficenze del Sig. Cardinal Fesch furono accompagnate

Sed prope ubi vidi studio quam pinxerat olim
Ipse suam ingenti, mirum opus, effigiem,
Huic atrox certe, dixi, Libitina pepercit;

Mengsius heic sua post funera vivit adhuc.

Quanam animus forma pingatur, quove colore,
Ignoro; pingi sed video, Raphael

Inque tuis tabulis cerno spes, vota, metusque,
Laetaque cum tristi gaudia moestitia.

Cuncta geri credo praesentia; cuncta moveri

Attonitus monstro; vivere cuncta puto.

pa

Chi non dovrà godere di poter aggiugnere quest' elegantissime composizioni al di lui elogio, pubblicato da Ludovico Bianconi nell' Antologia Romana, ed agli altri inseriti dal Fabroni nel T. II. fra quelli degli Uomini illustri. Pisa 1789, p. 311, e nell' Almanacco Pittorico. Firenze 1793, p. 206?

da quelle di M. Cacault Ministro di Francia, ed incaricato degli affari del Regno Italico, il quale se ne prese un eguale interesse, ed ottenne dal Governo di Milano la facoltà di restituire il Quadro alla Chiesa, come di fatti seguì, coll' applauso di tutti i Professori, ed intelligenti delle belle arti, e specialmente dell' incomparabile Signor Marchese Canova, che non sapeva saziarsi di contemplarlo, e di vagheggiar, fra le altre figure, quella dell' Angelo, che suona il Traversiere, di cui sembrava innamorato.

Molte erano state le istanze fatte per acquistarlo con offerte di rilevanti somme; essendo giunto il celebratissimo Pittore Signor Cavalier Vincenzo Camuccini, a valutarlo più di 14000. piastre. Ma Monsignor Rusconi non si volle mai indurre a privar la Chiesa di questo inestimabile tesoro.

Per poco tempo però continuò ad esserne decorata, essendone stata nuovamente privata nell' anno 1813. Nella collezione de' Quadri del Louvre si desiderava di aggiugnere uno in Tavola, assai stimata dal Milanese Pittore Boltrafio, che il Cav. Appiani avea avuto commissione di trasportare in Milano dalla Chiesa della misericordia, ove si custodiva in Bologna. Essendosi richiesto questo Quadro di uno de' più accreditati allievi di Leonardo, si domandò in cambio quest' altro del Domenichino, che fu accordato, e che per mezzo del Ch. Sig. Cavalier Giuseppe Tambroni, e del celebre Pittore Sig. Palagi, fu spedito alla Gallerìa di Brera, dove giunse nel Giugno del 1813, e dove tuttora si ammira.

Avendo io fortunatamente rinvenuto un rarissimo Rame del medesimo Quadro dove si legge Dominicus Zampieri Bononiensis inv. Eques Franciscus Raspantinns delineator, P. del Po sculp. in aqua forti, ne ho fatto ricavare in contorno un' altro dal Sig. Gioacchino Camilli, per ornarne questo mio Libro. Il medesimo servirà per far meglio comprendere la meravigliosa ricchezza di questa magistrale composizioe per compensarne, almeno in qualche parte, la sua lonta

ne,

nanza.

Ma di questo stesso Rame ne ho fatta diligentemente acquarellare dalla virtuosa, ed egregia Signora Matilde Cipriani Scutellari due copie, con la stessa armonia, da ine a parte a parte indicatale, de' colori, usati nell' originale; ed avendone ritenuta una per me, e fatta rinchiudere un'altra in una cornice dorata con cristallo, ne ho fatto dono alla Sagrestia della Chiesa, affinchè ivi resti almeno un'idea di questa maravigliosa Tela, da potersi da tutti ammirare, e segnatamente da' Forestieri, che vengono a farne continue ricerche e che col maggior rincrescimento ora più non trovano, che la Tendina di Taffettà verde, che in vece del Quadro, ricuopre il vano del muro rimasto vuoto, che si spera di vedere nuovamente ornato o da una copia del primo, o da un'altra pregevole Pittura, mercè la generosità di qualche pio Nazionale.

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CAPO XIII

Notizie della Vita di Domenico Zampieri, e delle sue Opere
in Pittura, ed in Architettura.

Come questo Quadro formava il più grande ornamento di

questa Chiesa, così è troppo giusto, che s'interrompa la nostra Storia, per fermarci alquanto a pagare un tributo di lode al suo benemerito Autore.

Egli nacque in Bologna nel 1581, e fu non meno abile nella Pittura, che nell' Architettura. Gregorio XV. lo dichiarò Architetto delle Fabbriche Pontificie. Fece due disegni per la Chiesa di S. Ignazio. Il P. Orazio Grassi, celebre per le controversie col Galileo , su la dottrina più sicura da stabilirsi su le Comete, ricavò da ambedue quello, che fu posto in opera. Ma il Domenichino ne restò talmente disgustato, che ricusò di dare un altro disegno, che avea già fatto per la Facciata, che poi fu eseguita dall'Algard. Si accerta, che, se fossero stati adottati i suoi disegni per la Chiesa e per la Facciata, questo Tempio sarebbe stato il più bello di Roma. Fu da lui disegnato il Portone del Palazzo Lancellotti (1), fiancheggiato da due Colonne d'ordine ionico, che sostengono una ringhiera con graziosi Balaustri, e che posano sopra zoccoli circolari, per facilitare l'ingresso alle Carrozze. Le vaghissime Ville di Belvedere in Frascati, e la Ludovisi in Roma, furono pure disegnate dal medesimo. La seconda fu tutta ornata di Statue, con ameni e decorosi Viali, e con un Boschetto scompartito, con la più leggiadra maniera, oltre il Palazzino veramente pittoresco.

Nella Pittura poi ha occupato uno de' primi ranghi. Egli oltre le famose dipinture nella Chiesa di Grottaferrata, egregiamente ristorata dal Sig. Candide, con la direzione del Sig. Cav. Camuccini (2); ornò di molte altre la suddetta Villa Aldobrandini. Nel T. V. delle Lettere Pittoriche si trova alla p. 56. questa da lui scritta a Francesco Angeloni, Segretario del Card. Ippolito; di Belvedere il dì 3. Agosto 1634. Ringrazio oltre modo del favore, che mi fa S. E. insieme con la sua Signora Madre, con farmi grazia della stanza, e vino necessario per la mia bocca. Potrà dire, che non mancherò di vedere, che cosa manca alle Pitture della Cappella, e quanto sia da fare, mi comandi. Dirò, come avendo cosi repentinamente in questi tempi fatto tal risoluzione (di tornare da Napoli) cavalcato di notte, e giorno, quasi del continuo

(1) V. le Notizie di questa Famiglia, trapiantata d'Avignone in Bologna, e poi in Roma, ed in Napoli, ne' Possessi Pontificj p. 528., e nel Mercato p. 272.

(2) Giornale Arcadico III. Quaderno Marzo 1819. p. 457.

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