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Si veggion cose, ch'uom non può ritrare.

(8) Ottimo esempio da imitarsi da ogni altro simigliante Compositore.

(9) Egregiamente qui Dante spiega la voce onnipotente, dicendo, che non solo Dio può fare tutte le cose ma che in effetto tulte le cose son da lui fatte, contro a' Manichei, e alle loro Sette da che ogni cosa data, che sia ottima, e ogni dono, che sia perfetto, come dice l' Apostolo S. Iacopo

(2) Tutta l'industria e l'ingegno: metafora, che piacque anche al Petrarca ; onde adottolla in quel verso del suo Son. Vergo-(Epist. Can. Cap. I. ), ci vien di sopra, e gnando talor:

Ne

opra

da polir con la mia lima.

che

ci scende dal Padre de' lumi. E perchè i Pelagiani e i loro fautori, Cassiano, Fausto ed altri, stimavano, che potesse l'uomo da (3) Smaghe, cioè mutate, dalla voce sma- sè alcuna cosa volere, e fare in quell' ordigare, che e Provenzale, come ben disse il ne almeno, che alla pietà e alla salute s'aBembo ed è formata da image, e da es, spetta; però qui Dante espressamente conche è l'ex de' Latini, onde esmagare, sma- fessa di credere colla Chiesa Cattolica, gare, cioè trarre, o uscir d'immagine, e da Dio solo i beni tutti, cioè tutte le forze smagato e smago per sincope, cioè tratto di ben operare procedono, di modo che l'uod'immagine, cangiato, e simil cosa. Quin- mo da sè non può nè amar Dio, neppur codi il Castelvetro e il Menagio errarono amen- me Autore della natura, e imperfettamente due, i quali, negando, che detta voce fosse senza l'aiuto della grazia, nè può pure da Provenzale, si presero a ribattere il Bembo. se disporsi, sì che per questa sua disposiE il primo la volle in Italia dalla Grecia ve-zione la grazia gli sia conferita, che è ciò, nuta, e trassela dal Greco machomai, che che Cristo stesso insegnò nell'Evangelio (Ion. val combattere, colla giunta della s; dando Cap. XV. n. 5): Senza me non potete far alla medesima poi la significazione, che mai nulla. non ebbe, di superare, vincere, ec. Il secon- (10) Perchè Dio è immenso, e ogni cosa do a' Latini ascrivendola, con modo veramen- è effetto di sua bontà. E forse ch' io non te da ridere, la derivò da exvagare, forman-empio il Cielo e la Terra, dice egli appo done prima svagare, e poi sbagare, e al fi

ne smagare.

(4) Sottintendi, conosco d' aver ad aspettar.

(5) Troncamento di male, licenza da'Poeti usata. Così Dante da Maiano (Canz. Giovane Donna dentro al cor) disse person, invece di persone, e il Boccaccio schier invece di schiere (Teseid. Lib. VI. ), e tremol frondi invece di tremole frondi (Vis.), e Fazio degli Uberti mortal ferute, invece di mortali ferute, ec. (Dittam.).

Geremia? (Cap. XXXIII. n. 14).

(11) La Divinità del Verbo si dice incarnata per l'union con la carne. Ciò è, che qui Dante professa di credere, contra varie Sette d'antichi e moderni Eretici, Nestoriani, Anabattisti ed altri, i quali insegnavano, che Cristo non avea presa vera carne dalla Vergine.

(12) La maternità è quella precipua ragione, che fonda in Maria l' efficacia della sua intercessione. Perciò Dante per confermare vie più la sua credenza di tal vera materni(6) Male paghe, mal frutto, cioè il dover-tà, aggiunge: Che co' suoi preghi ec. ne aver da Dio la pena.

(7) Con un sola, sincopato da ritirare per licenza poetica in grazia della rima; non da ritrarre: sebbene nel Sonetto Dagli occhi della mia donna usò questo Poeta la libertà di dire anche ritrare invece di ritrarre, così scrivendo:

(13) Gli Eutichiani, i Valentini, i Manichei ed altri negavano, che in Cristo fosse la ve ra umanità. Questo è, a cui contraddice qui Dante colla Santa Chiesa, confessando esser veramente in Cristo tutta l'umana essenza, cioè la natura umana, della medesima spezie che la nostra, in uno colla natura divina,

senza che l'una sia nè convertita nell'altra, nè confusa coll' altra.

(14) Accenna le parole di questo Simbolo E s'è incarnato per opera dello Spirito Santo nel ventre di Maria Vergine e s'è fatt' Uomo: parole, e Simbolo, che sovente la Chiesa canta ne' suoi Uffizi Divini.

(15) Contra Ebione e Cherinto, che contendevano, che Cristo fosse puro Uomo, confessa, che è veracemente Uomo e Dio: e contra gli Eunomiani, che dicevano, che era Dio, ma solo per analogia, o per equivoco, confessa, che è l'unico Figlio di Dio; e contra i predetti Ebione, Cherinto, ed altri, che volevano, che Cristo avanti l'Incarnazione non fosse stato, che nella mente di Dio in idea, confessa, ch' esso Figliuolo di Dio è veracemente nato ab eterno, e quegli, che uscì Dio di Dio, per comunicazione della stes

sa natura.

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va fede nel Messia venturo. Nè con quelle parole, Ebbeno il cor fisso ad aspettare, altro intende il Poeta, se non che con una viva fede aspettavano il Redentore promesso, per trarli dal Seno di Abramo, dove le loro anime stavano quasi in prigione racchiuse, e prive della visione di Dio.

(22) Con sincerità di cuore, e niente esitando, come dice l' Apostolo S. Iacopo (Epist. Can. Cap. I. n. 6).

(23) Il credere perfettamente si fa con ciò, che le opere non contraddicano a quel, che si crede; e questo è, che intende qui Dante. Perciocchè il credere di salvarsi precisamente per la Fede, è urtare nell' eresia condannata giustamente dalla Chiesa.

(24) Cioè ingannato e illuso perde sè stesso e si danna.

(25) Invece di risuscitò, risorse ec. vezzo di nostra lingua, che sovente i verbi attivi adopera in senso neutro. Così il Novelliere

(16) Paolo Samosateno e il suo succes-antico (Nov. 20): Il Cielo cominciò a tursore Fotino dicevano, che Cristo non era avan- bare; e il boccaccio (Nov. 81): Ma già inti ai secoli nato; ma di Uomo era stato innalzando il Sole: e Giovanni Villani (Lib. tempo fatto Dio: e Ario, e Eunomio insegna- VI. cap. 34): l'altezza del corso del Fiuvano, che non della sostanza del Padre era me abbassò ec; e così molti altri. egli nato, ma creato in tempo dal niente, e ch' era minor del Padre. Perciò qui si dice, che non fu fatto manuale, ma generato si mile al Padre, cioè Dio vero, che ha una stessa essenza con lui.

(26) Perciocchè egli è che è costituito Giudice de'vivi e de' morti, come si testifica negli Atti degli Apostoli (Cap. X. n 42).

(27) Espressione dello Spirito Santo nell'Ecclesiastico (Cap. XXXV. n. 23): E alle (17) Ancora i Perati, appo Teodoreto (Lib. Genti renderà vendetta: perchè l'estremo I. Cap. XVIII. Haeret. Fabul.) affermavano, Giudizio sarà principalmente per giustificare esser la Trinità tre Dei, o tre Menti; nel che la divina provvidenza nella condanna de' rei, ebbero poi seguaci Giovanni Filopono, che e confonderli al paragone de' salvi: ond' esso viveva a' tempi di Foca Imperadore circa il è chiamato per eccellenza in più luoghi del604, come narra Svida, e un certo Gallo ai la Sacra Scrittura Giorno di Vendetta (Ectempi di S. Anselmo circa il 1090, e l' Aba-cli. cap. V. n. 9. et 10; et Prov. XI. n. te Gioachimo e Raimondo Lullo, ed altri, chiamati Tritheiti. Perciò qui si dice: E'l Padre ed esso è uno ec.

?

(18) Entra ora a trattare di Cristo, come Mediatore, e ripiglia l' Incarnazione.

(19) Infinitamente santo, e innocente affatto d'ogni colpa.

(20) Il nome Inferno, derivato dal latino infra, significando un luogo a noi inferiore; e sotto a noi non v' essendo, che il centro della Terra, e le cavità o abissi della medesima, però dice l'Interprete, Al profondo dell'abisso dell' Inferno. Con questo nome di Abisso chiama l'Apostolo Paolo (Ad Rom. X. n. 7.) pur il luogo, dove fu Cristo dopo la morte. E che ivi fosse il Seno d' Abramo, dov' erano trattenute le anime de' Giusti avanti la morte di Cristo, l'afferma Sant'Agostino (In Psal. LXXXV et Lib. XX. de Civit. Dei Cap. XV.) col comune de' Dottori e de' Padri.

(21) Perciocchè siccome i Cristiani in oggi si salvano per una viva fede nel Messia venuto; così gli Ebrei si salvavano per una ví

4. etc).

(28) Perciocchè, ben facendo, saremo coeredi di Cristo, e consorti delle grazie di Dio, cioè della beatitudine eterna.

(29) Speri qui vale tema, aspetti. Così Giovanni Villani (Lib. XI. cap. 117), sperando (cioè temendo) peggio per l'avvenire; e Matteo Villani (Lib. IV. cap. 7): Dovendo sperare (cioè temere) sterilità e male: e così altri esempli non pochi ce n'ha tra' Toscani, che tal vocabolo però usarono in tal significazione coll' esempio di molti Latini; il che veder si può ne' Grammatici.

(30) Dalle quai, e sopra Alle quai, è fatto per la Figura, che i Greci chiamavano Polittoto; e noi diremmo declinamento, figura, usata dal nostro interprete più d'una volta anche nel suo maggior Poema, e figura, di cui un bellissimo esempio, su questa voce quale, ha pure il Petrarca in quel Sonetto: Onde tolse Amor l'oro ec. dicendosi ivi: In quali spine colse le rose? da quali Angeli mosse? di qual Sol nacque ec.

(31) Tapino è pretto vocabolo Greco, tras

(43) Contra gli Eretici Anabattisti o Ri battezzanti.

portato da' nostri maggiori alla volgar nostra lingua, e vale tribolato, meschino, misero ec. (32) Non è unicamente per far trapasso (44) Chiaro è dal Vangelo (Ioan. III, v. 5): a ragionare della terza Persona della Santissi- Se alcuno non sarà rinato di acqua e di ma Trinità, che si volge ad essa pregando-spirito, non può entrare nel regno de' Cieli, la, che ci campi le anime dalle pene infernali; ma è ancora, perchè l'ultimo de' doni dello Spirito Santo, annoverati da Isaia (Cap. II. n. 3), è lo spirito del timor di Dio, il qual timore, secondo che insegnano S. Gre gorio (Hom. 19. in Ezech.) e Sant' Agostino (De Grat. et Lib. Arb. Cap. XVIII.) altro non è appunto, che quello, del qual favellò G. C. (Mat. c. X. n. 28), dicendo: Temete colui, che può il corpo e l'anima perdere nell'inferno. Timore, che si va diminuendo a misura, dice il predetto S. Greg. (loc. cit.), che si aumenta in noi per opera di esso Spirito S. la carità.

(45) La parola lucerna fu usata dal nostro Volgarizzatore più volte anche nel suo gran Poema (Parad. Cant. I, e Cant. XXI,) e so, che per essa e' fu però criticato nel suo Galateo da Monsignor della Casa, che scrisse, che lui pareva, in udir quella voce, di sentire subitamente il puzzo dell'olio. Ma quest' erudito Prelato il riprese in tal cosa con apertissimo torto, e sol per abbaglio da lui stesso preso. Nè io spenderò qui pertando momento alcuno, per iscusar di ciò Dante: poichè già dottamente l'acutissimo Castelvetro nella risposta all' Apologia del Caro ha mostrato con molti esempi, che gli (33) Contra gli Ariani, Macedoniani ed al-Antichi prendevan lucerna per isplendore, tri, passa ora a professare la divinità dello o sia per luce e lo notarono anche in tal Spirito Santo, che coloro credevano essere significanza i Compilatori della Crusca, citando appunto il nostro Alighieri nel Paradiso (loc. citat.), e il B. Iacopone da Todi, che pur disse:

creatura.

:

(34) Cioè ed è un Dio solo, nè son tre Dei, nè tre Santi, ma un solo Santo, e solo Santo per essenza, infra i Santi; nel qual senso la Chiesa nel Gloria in excelsis Deo, dice pure: Tu solus Sanctus.

:

Vergine Madre, splendida lucerna.

Ne quando qui Dante dice, lume di quella (35) Cioè la vera Trinità, che in Dio ado- lucerna e'vuole altro dire, salvo che, ragriamo, è tale, che il Padre, e il Figliuolo,gio di quella luce: che è l'espressione ape lo Spirito Santo, sebbene son tre Perso- punto usata da Santa Chiesa nella seguenza ne, non sono a ogni modo tre Dei, ma un solita a recitarsi nella Messa di Pentecoste(VeDio solo. ni, Sancte Spiritus, et emitte coelitus lucis tuae radium).

(36) Spiega la processione dello Spirito Santo; e afferma contra gli Armeni, i Greci, i Ruteni, ed altri, che detto Spirito Santo non è creato, ma procede dall'amore, affetto, o desio, che regna, cioè che esiste scambievolmente tra il Padre e il Figliuolo. (37) Invece di sottilmente.

(38) Cioè, ne rende il suo cuore indegno, giusta quello: Lo scrutatore della Maestà sarà oppresso dalla gloria (Prov. XXV,v. 27). (39) E la vera regola di quel, che creder dobbiamo, come governata dallo Spirito Santo, la cui speciale assistenza apertamente le è nelle Scritture promessa.

(40) Fresa, alla Lombarda, per fregia, cioè abbellisce, adorna.

(41) Presa, similmente alla Lombarda per licenza, invece di pregia, e pregia d'ogni virtù in significazione attiva, invece di fa pregevole d'ogni virtù: il che è per gli abiti delle virtù soprannaturali, che gli s'infondono.

Vieni o Spirito Santo,

E giù ne invia dal Cielo
Della tua luce un raggio.

(46) Cioè la Grazia, che dallo Spirito Santo, quasi raggio di luce partendo, ci illustra, e a diritti e giusti desiderii ci muove.

(47) L'Amore, cioè Carità soprannaturale verso Dio: queste cose ci accendono si fortemente l'ardore verso il Battesimo, che per la voglia giusta d'averlo, cioè per l'atto di essa Carità, prodotta mediante la grazia, o per lo martirio, nelle quali cose sta veramente la giusta voglia d' averlo, l'uomo s'intende giusto, cioè si giustifica non men, che ad averlo, cioè se il ricevesse di fatto.

(48) Con ciò ha abbracciato il nostro Poeta le tre specie di Battesimo, cioè di acqua, di desiderio, e di sangue, o a meglio dire le due spezie di Battesimo, l' una effettiva, l'altra affettiva, o come dicono gli Scolasti(42) L'Apostolo Paolo (Ad Ephes. V, v. 26) ci, l'una in re, l'altra in voto: da che il parlando di Dio e della Chiesa, dice, che è Battesimo di sangue non è tale, che per esda lui mondata nel lavacro dell'acqua nel-ser il martirio atto eccellente di carità. la sua parola: onde il Battesimo giustamen- (49) Passa al Sacramento della Penitente fu definito un Sacramento di rigenerazio-za, che è la seconda Tavola dopo il naufrane, mediante l'acqua con le parole, che è gio, siccome è chiamata da San Girolamo; ciò, a che Dante qui mira. perciocchè è un Sacramento non men neces

sario alla salute a' caduti dopo il Battesimo, che il Battesimo a' non regenerati; onde si questo, che quello, sono chiamati Sacramenti de' Morti, cioè de' Morti alla grazia; perchè come quello è instituito a cancellare tutti i peccati, e specialmente l'originale; così questo è instituito a cancellare tutti i peccati attuali, dopo quello contratti.

(50) Castigo, ammenda, e simil cosa: perciocchè la penitenza è un' afflizione, che l'animo nostro ha, della colpa, in quanto è offesa di Dio. E quindi presso non pochi Padri essa è definita come un cruciato, o tormento dell'animo; il che è tanto più vero, quanto che favellando qui Dante del Sacramento della Penitenza, questo, oltre l'afflizione dell'animo, importa la manifestazione de' peccati, e la soddisfazione per essi, che sono veramente quasi una frusta o sferza, ond' è il reo punito e afflitto.

(51) Questa necessità della Confessione la indicò Cristo stesso nell' istituirla quando la podestà di amministrar questo Sacramento, egli chiamò la Chiave del Regno de' Cieli (Matth. XVI, v. 1), come notò Sant' Agostino (Lib.L. Hom. 40). Che se la contrizione da sè giustifica, non giustifica però nella presente provvidenza, se non racchiude la risoluzione di confessare la colpa.

(52) Alla parola Contrizione allude qui Dante, venutaci dal Verbo Latino Conterere, che significa Stritolare. O piuttosto ha egli avuto qui di mira l'espressione di Ioele (Cap. II, n. 13) che disse: Scindite corda vestra, Stracciate i vostri cuori.

(53) Si spazia, cioè fa guasto. (54) Per satisfare, intende qui Dante coi Teologi quella compensazione, che l'uomo per gli peccati commessi dà a Dio con qualche opera ossequiosa e penale.

(55) Che s'accocca dietro a lei, cioè che seguita dopo la confessione de' peccati.

(56) Unitamente con la Contrizione e colla Confessione.

(57) Tornare ad aver perdono dopo quello nel Battesimo avuto, o ancora nelle passate Confessioni.

(58) Chi con diritto il tocca, cioè maneggia detta satisfazione: e il toccarla con diritto è il soddisfare in grazia di Dio. Perciocchè le opere, senza carità fatte, non possono essere a Dio grate, nè in conseguenza soddisfattorie.

(59) Dopo i Sacramenti de' Morti passa qui Dante a favellare dell' Eucaristia, come del più eccellente tra quelli de' Vivi. (60) Il Demonio. (61) Sollecita, istiga.

(62) Affine di farci danno, e rovinarci. (63) Venite, e' dice (Prov. Cap. X. n. 5), e mangiate il pane, ch' io v'ho dato, e bevete il vino, ch'io v'ho mesciuto; e altrove DANTE. Opere Minori,

voi

(Matth. Cap. II. n. 18): Venite da me, tutti, che affaticate, e vi sentite oppressi, e io vi ristorerò.

(64) Cioè quel Corpo stesso e quel Sangue ci mostra, che nel santo legno etc. In somma qui Dante si affatica a spiegare contra gli Eretici la cattolica verità, che nella sacra Ostia vi è veramente il Corpo di Cristo; nè solamente ciò, che spetta alla vera ragion di corpo, come la carne, il sangue, le ossa, i nervi, ma anche tutto Cristo, cioè quella Persona, in cui si unirono due Nature, la divina e l' umana, con tutte le cose, che a dette due sostanze conseguitano, che sono, la Divinità e l' Anima; in somma, tale, quale da Maria Vergine fu partorito.

(65) Ligno, invece di legno; come il Petrarca disse digno, invece di degno, ritenendone la lor forma latina.

(66) Usa qui Dante la voce misto, non già nella volgare e ordinaria sua significazione, nella quale disconverrebbe alla verità del suggetto, onde si parla; ma si in quella significazione pellegrina ed enfatica, che alla medesima voce, come ritrovata più al caso, per far concepire l'ineffabile e maravigliosa Unione Ipostatica, fu però data da' Santi Padri, e nella quale, ragionando di tal alto e divino Misterio, fu appunto da' Santi Padri non di rado adoperata. E Tertulliano, di Gesù Cristo parlando (Apologet. cap. 21. Nascitur Homo Deo mixtus), co' termini stessi del nostro Interprete cosi si espresse: Nasce Uomo misto con Dio. S. Agostino (Epist. ad Volusian. Mixturam Dei et Hominis) la medesima Persona di Cristo appellò: Una mistura di Dio e di Uomo; e San Leone: La Natura umana, dice (Serm. 3. in Natal. Domini Natura Humana in societatem sui Creatoris est assumpta, ut ille habitator, et illa habitaculum esset; sed ita, ut Naturae alteri altera misceretur), fu assunta in società del suo Creatore perchè quegli fosse l'abitatore, e quella l'abitacolo; ma in modo che una Natura fosse mescolata con l'altra. Bisogna dunque osservare con San Cirillo (Lib. 1. adversus Nestorium cap. 3), che quando i Padri, ragionando dell'unione delle due Nature in Cristo, Umana e Divina, usarono i termini di mistione, mistura, misto, o altri tali, non presero sì fatte voci in quella significanza, che volgarmente si usano, quando, a cagione d' esempio, si dice, che due licori si meschiano; nel qual caso e' dir si vuole, che si distrugge la loro natura; onde l' un nell'altro o amendue in un terzo essere si trasmutano: Ma hanno, dice il predetto Santo Dottore (loc. cit., Sed ea voce sunt abusi, cum summam Unionem ostenderent), adoperata quella parola, per dimostrare una somma Unione. Per altro la verità Cattoli

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due versi.

(74) La Messa.

(75) L'Uffizio divino.

(76) Cioè il far tali cose, che spettano alle predette due podestà, le quali sono quasi mo

ca, contra quello, che stoltamente insegna- (73) Al sagramento dell'Eucaristia connette vano Apollinare, Eutichete, ed altri è quello dell'Ordine, di cui spiega le due poche in Cristo due intere e perfette nature destà brevemente: quella dell'Ordine, che versa sussistono nella Persona del Verbo, senza sul vero Corpo di Cristo nell' Eucaristia, in che la Divinità sia nell' Umanità conver- quelle parole: La possa di ciò far, e l'altita; e senza che veruna confusione o mi- tre note; quella di Giurisdizione, che spetta stione sia tra quelle avvenuta come aper-alla direzione, o aiuto dell'anime, negli altri tamente insegnava S. Giovanni Grisostomo, così dicendo (Homil. XI. in Joann. Unitione et copulatione unum est Deus, Verbum, et Caro; ita ut non confusio, vel extinctio ulla substantiarum acciderit, sed inexplicabilis quaedam, et omnem dicendi facul-vimenti di due ruote. tatem superans Unitio): Per l'unione e per l'accoppiamento è una cosa unica Dio, il Verbo, e la Carne; così che niuna confusione o estinzione di sostanze è intervenuta, ma una certa inesplicabile unione, e superante ogni maniera di favellare. Perciò anche Sant' Agostino, dopo aver nominata la Persona di Cristo una mistura di Dio e di Uomo, a dichiarare qual fosse il suo pensamento, ben tosto soggiunse (Loc. cit. Sicut persona hominis mixtura est Animae et Corporis): Siccome la Persona dell' Uomo è una mistura di Anima e di Corpo; cioè un Anima ad un Corpo intimamente congiunta ed unita. E il nostro Dante altresì da vero Cattolico, e gran Teologo, ch' era, già prima in questo stesso suo Credo, di G.C.parlando,delto aveva, a manifestare i suoi legittimi sensi:

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(77) Soggiunge qui la Confermazione e l'Estrema Unzione, spiegandone i primari loro effetti unicamente, ne' quali pare, che coincidano. Perciocchè il primo di essi fortifica i Cristiani contra gl'impulsi del Mondo, della Carne e del Demonio, e gli conferma a confessare e glorificare il nome di Gesù Cristo, onde il nome pur ebbe di Confermazione. Il secondo somministra altresì a' Fedeli vigore, onde infrangere gl' impeti del demonio, incoraggisce gli animi loro, e gli fa forti di viva fede davanti a Dio, spezialmente nell'ora più pericolosa del passaggio da questa vita.

(78) Quel Credere, cioè quella Fede stessa del Cristianesimo.

(79) Prende qui in fine a parlare del Matrimonio, di cui tre sono i fini assegnati già comunemente da' Teologi, e riferiti nel Catechismo Romano, col seguente ordine (Part. II. Cap. VIII. quaest. 13). Il primo è la società umana dei diversi sessi, che per istinto della natura è appetita. Il secondo è il natural desiderio di propagar la spezie, e di generare. Il terzo è per avere rimedio contra la carnale concupiscenza, dopo il peccato de' primi parenti, divenuta insolente; onde scrisse a' Corintii l'Apostolo Paolo: A motivo di non fornicare, ciascuno abbia la sua moglie, e ciascuna abbia il suo marito (1. ad Corinth. VII. V. 2 et 5). A quest'ultimo fine pon qui mente il Poeta, senza dir altro degli altri fini, che a questo però s' intendon congiunti: e ciò solo, perchè il suo principale scopo è di spiegare la Remissione dei peccati, che è il decimo articolo del Simbolo; per cancellare, o sfuggire i quali ha dimostrato averci Dio de' Sacramenti forniti.

(80) Il volto, la faccia, gli occhi, la mente. (81) Questi tre altri mezzi per tenerci costanti contra il Demonio servono congiuntamente co' Sacramenti: e sono l'Orazione, la Limosina e il Digiuno, siccome dice qui Dante, conformemente a ciò, che più volte nel vecchio e nel nuovo testamento è replicato; perciocchè peccando noi, offendiamo o Dio, o il Prossimo, o noi stessi. Colle preghiere pertanto, siccome plathiamo Dio, colle limosine soddisfacciamo al Prossimo, e col digiuno la

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