Te premat (1), ut Rhenus (2), et Naias illa | Doglia sì fiera, ch' abbia il Reno, e quella recludat Hoc illustre caput,cui (3) iam frondator in alta Sed quia tam proni scindebant aethra iuga- Ut rem quamque sua iam multum vinceret Virgiferi (7) silvis gelida cum valle relictis, (1) Ita ego scripsi (dice il Sig. Canonico (3) s. capiti. Virgine, i. Dafne lauro. festinat, ut te, s. coronet in poetam, Naiade sua cotesto illustre capo, pastores gerebant virgas. (8) Callidus, i. astutus. interea, dum sc. isti pastores inter se talia recitabant. (9) Dominus Guido Novellus. Omnia, dicta sc, superius. (10) s. Tolas. nobis, Danti, et nos, Dan (4) s. humani, quia medicus et philoso-tes. tibi, Mopse, magistro_Johanni. phus erat Magister Fiducius. (5) In senso attivo. (6) Solis equi. vinceret, quia Sol erat cir са оссагит. (7) s. Tityrus et Alphesiboeus, qui quia (11) Nel ms. poymus. E nella glosa interlineare: i. fingimus, vel monstramus. Da un verbo (direbbe il Boccaccio) detto o roGIS il qual, secondo che i Grammatici vogliono, vuol tanto dire, quanto fingo, fingis. Amor mi mena tal fïata all' ombra Quando riguardo questa gentil donna, Non credo fosse mai virtute in erba Di tal salute, chente è in questa donna, Che togliendomi il cor rimango verde. Quando'l mi rende, ed io son come un'ombra, Non più ho vita, se non come i colli, Che son più alti, e di più secca pietra. Io aveva duro il cor com' una pietra, Quando vidi costei cruda com'erba Nel tempo dolce che fiorisce i colli; Ed ora è molto umil verso ogni donna, Sol per amor di lei, che mi fa ombra Più nobil, che non fe' mai foglia verde. ́ Chè tempo freddo, caldo, secco e verde Mi tien giulivo: tal grazia m'impetra Il gran diletto, che ho di starle all'ombra. Deh! quanto bel fu vederla sull' erba Gire alla danza vie me' che altra donna, Danzando un giorno per piani e per colli! Quantunque io sia intra montagne e colli, Non m'abbandona Amor, ma tienmi verde, Come tenesse mai neun per donna: Chè non si vide mai intaglio in pietra Nè alcuna figura, o color d'erba, Che bel possa veder come sua ombra. Così m'appaga Amor; ch'io vivo all'ombra D' aver gioia e piacer di questa donna, Che in testa messa m' ha ghirlanda d'erba. SESTINA III. Gran nobiltà mi par vedere all'ombra Io posso dire ch'ella adorna l'erba, Io so che sarei più vile che pietra E sed io fossi così umile verde Tutte le volte mi par uom mi colli Ch' io da lei parto, e mi sento di verde, Tanto m'aggrada vederla per donna. Quando non vedo lei, com'una pietra Mi sto, e miro fedel come l'erba Quell'anima, cui più vi piace l'ombra. Più non disio, che sempre stare all'ombra Di quella, ch'è delle nobili donna, Nanzi, che d'altri fiori, o foglie, od erba. SONETTO LXXXI. Lo vostro fermo dir, fino ed orrato Approva ben ciò buon, ch'uom di voi parla, Ed ancor più, ch'ogni uom fora gravato Di vostra loda intera nominarla. Che 'l vostro pregio in tal loco è poggiato, Che propiamente uom nol poria contarla: Però qual vera loda al vostro stato Crede parlando dar, dico, disparla. Dite: che amare, e non essere amato Eve lo duol, che più d'Amore duole; E amanti dicon, che più v' ha duol maggio: Onde umil prego non vi sia disgrato, Vostro saver, che chiari ancor (se vuole) S'è 'l vero, o no, di ciò mi mostra, saggio. SONETTO LXXXII. Quando la notte abbraccia con fosche ale La terra, e 'l dì volta, e si nasconde; In cielo, in mare, in boschi, e fra le fronde Si posa, e sotto tetto ogni animale: Perchè 'l sonno il pensier mette in non cale, Io misero mi trovo fuor di schiera, E come uccello avviluppato in rete, SONETTO LXXXIII. Se'l primo si fusse difeso Da quel superbo onde la morte scorse Nell'alma ove lagiotto (1) pria la scorse, Puote e non puote Dio mostrarsi acceso Di quello amor che lo maggior inteso Io vi rispondo che se Cristo monte Che se 'l non fusse fatte le ruine SONETTO LXXXIV. Tornato è 'l Sol, che la mia mente alberga, E lo specchio degli occhi ond'era ascoso, Tornato è 'l sacro tempio e prezioso Sepolcro, che 'l mio core e l'alma terga. Ormai dal petto ogni vil nube sperga Il ciel che m'ha ridotto (2) il dolce sposo. (1) Forse Nell'alber u'la ghiotta, cioè Eva. (2) Ricondotto, ridonato. DANTE. Opere Minori. Sorgete Muse, sorga il glorioso O clemenza di Dio, potria morte anche Scurare il Sol? No, signor mio benegno, Questo è quello che impera, egli è mio duce. SONETTO LXXXV. Prezïosa virtù, cui forte vibra Caso fortuna, e non già per tua colpa ! Ma poco val, che dentro a cotal polpa Non ha poter, quanto ha le piante libra. Forse, che prova avversità tua fibra, Quant'ella ha possa e più, quanto più colpa. Miseria prova i forti, e poi gli scolpa, Come fa foco l'oro, e poi 'l delibra. Marce sempre virtù senza avversaro; Che allora appar, quanto virisca e lustra, E quanta pazienza il petto made. Rassumi, signor mio benigno e caró, Scettro con pazienza, ed altro frustra: Chè animosa virtù sempre alto cade. SONETTO LXXXVI. Se 'l viso mio alla terra si china, Perchè la beltà vostra pellegrina Si che la morte, che porto vestita, Combatte dentro a quel poco valore, Che mi rimane con pioggia e con tuoni. Allor comincia a pianger dentro al core Lo spirito vezzoso della vita, E dice: Amore, e perchè m'abbandoni? CANZONE XXXI. L'alta virtù, che si ritrasse al Cielo, Poi che perde Saturno il suo bel regno, E venne sotto Giove, Era tornata nell' aureato velo Qua giuso in terra, ed in quell'atto degno, Ma per che le sue 'nsegne furon nuove Ben de la trista crescere il suo duolo Quant' ha cresciuto il disdegno e l'ardire (3) Ritornato. Soverchia. 26 La dispietata morte; · E però tardi si vendica 'l suolo Ma contra a' buoni è sì ardita e forte, Ne mena 'l mondo sotto sua bandiera, Nè altro fugge da lei, che laude vera. L'ardita Morte non conobbe Nino, Nou temèo d'Alessandro, nè d'Iulio, Nè del buon Carlo antico, E mostrandone Cesare e Tarquino, Si come ha fatto del novello Enrico, Di cui tremava ogni sfrenata cosa, Se morte non gli fosse sta' noiosa; Ma suso in Ciel lo abbraccia la sua sposa. Tutto si ritrovava in quel Signore E' fu forma del Ben, che si ragiona, Rigor, che renda il timor alla legge Ma pregio, che virtù dà solamente, A chi'l permette amica vola, e sale Che piove Amor d'ordinato diletto, Dunque alfin pregio, che virtude spande, E che diventa spirito nell' are Che sempre piove Amore Solo ivi intender de' l'animo grande, Nè è uom gentil, nè Re, nè Imperadore, La cui virtute vince (a) Dappoi, Nel cor gentil, sì ch'è vista di sopra, Messer Guido Novello, io son ben certo, E però mando a voi ciò, che ho trovato Poscia (a) ch'i'ho perduta ogni speranza Per conforto giammai del mio dolore. Ch'io ritornassi al vostro alto valore. Ch'io mi consumo in sospiri ed in pianto (c), Duro, che morte vita non m'ha (e) spenta. Per crudel morte d'ogni ben nemica; Fermò la mente misera e mendica A (n) farmi usar diletto sa fatica. Per acquistar onor mi fe' partire Per ritornar con pregio e in più grandezza (o). Chè non fu mai così savia (r) prodezza, Valor d'animo più che altro mai fosse (t). Ei contrastette (y) a chiunque il percosse. (p) Segui, Signor (r) salda (s) per virtude d' (h) Minimo valoria che mai non fosse (c) di sospiri (d) Ma (e) se morte a me mia (g) Ne (b) tolto e pianto vita ha guida (f) poichè ha per (i) bocca (m) Di (k) nostra (1) ed (n) Per (o) allezza (v) Anco (z) ben (x) E (q) per fallire' (t) D'a (u) punse (y) Ben contrasse A seguitar Signor cotanto caro; E se color fallaro Che fecer contro lui a (a) lor potere, Mi par che questi menin la lor vita: Ma quant' uomo ha d'onor in sua (g) fattura, Questo si è suo, é l'opera è (h) gradita. Nė sana mente (k), nè chi 'l ver ragiona: Fosse da gente virtuosa e buona. del (b) le (a) il (e) da Se', mio Signor, cui più che me amava, Di ritornar o 'io' saria contento. Come m'hai tolto dolce intendimento La cui bellezza è piena di virtute! Giammai vivendo non spero salute (q), Canzon, tu ten andrai ritton Toscana Pietosa conta il mio tormento fiero. Gli di', ch'ancora in lui (s) alquanto spero; (1) dovrebbe (m) la morte ognun (n) Più ch'altro mi grava (c) Venire (d) Perchè (f) Alcun ben che a lor (0) Or (g) Ma per quant' uo- veder (d) Questi morendo (h) Questo è suo, sol l'o- lute (r) Che gli è pur (i) Nè '1 (k) sayiamente | rerai chỉ in lụi vegna per ventura mo adorna sua pra gli è (p) E lo non spera sa(s) Gli nar |