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Frammento d'un Sonetto, pubblicato dal Redi nelle Annotazioni al suo Ditirambo, Firenze 1691, pag, 111.

I.

Iacopo, io fui nelle nevicate alpi Con quei gentili dond'è nata quella Ch' Amor nella memoria ti suggella, E perchè tu parlando anzi lei palpi. Non credi tu, perch'io aspre vie scalpi, Ch'io mi ricordi di tua vita fella?

Frammenti di tre Canzoni, pubblicati dal Prof. Witte nell' Antologia, N. LXIX, Settembre 1826,

II.

E se'l mio dire in la tua mente pegni, Tu'l troverai in tutto chiaro e vero. Leggi questo Saltero:

Da poi venne Carlo con affanno,

Sempre ha cresciuto e crescerà'l tuo danno.

III.

Nuova figura, speculando in vetro,
Apparse a me vestita negra e bianca,
Come persona in cui regna sospiro.
E questa aperse l'uno e l'altro metro,
E forte mi feri in parte manca,
Sì che la vita ranca

Divenne sì ch'io caddi per lo miro.
In ogni parte ch'io mi volgo e giro
Novi tormenti veggio in la tua parte,
Ed adoperar Marte

Si ch'io piango per te, o bella donna,
Che già ti vidi di virtù colonna.
Ora ti veggio nuda, magra e scalza,
E nessun ti ricalza,

Ma ciascheduno segue il tuo dannaggio,
Cui più hai fatt' onore e grande omaggio.

IV.

Similemente, come a sofferire L'aquila ardisce, mirando la spera, Di riguardar nella rota del sole, Così pensando di voler fuggire," A magnanimità che è sì altera, Che rado per suo segno andar si suole, Rimira ciò ch'ella desia e disvole.

PARTE SECONDA

CONVITO

AVVERTIMENTO

HORO

La presente edizione del Convito, fatta su quella della Minerva di Padova 1827, la quale è una copia fedele della Milanese procurata dal Marchese Trivulzio, contiene non solo le emendazioni e le note dei Milanesi Editori nella integrità loro, ma tutte pure le dilucidazioni e le chiose che furono posteriormente fatte dal signor Cavazzoni Pederzini, e da esso pubblicate nel 1831 in Modena.

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vivendo, parte alcuna del suo mirabil poema,
e quindi non doversi su ciò prestar fede al
Boccaccio, e agli altri Biografi del divino Poe-
ta,
battuto a leggere quei versi dell' Egloga I,
quando egli si fosse per avventura im-
al Del Virgilio indirizzata,

..quum mundi circumflua corpora cantu Astricolaeque meo, VELUT INFERa regna, patebunt,

I. Come quegli illustratori di antiche opere d'arti, che da un piccolo frammento novellamente dissotterrato d'un marmo o d'un bronzo, si presumono deciferarne immediatamente 'il subbietto, fissarne l'epoca con certezza, e ravvisarne l'autore; ma che dopo non molto, al discuoprirsi d'ogni restante dell' opera, si rimangono confusi e indispettiti del loro mal fondato precipitoso giudizio, così io credo doversi rimanere molti di quei Critici in Filologia, ed in Lettere, Archeologi, e ChioDevincire caput hedera lauroque iuvabit. satori, i quali per la lettura di poche pagine Imperciocchè ci sarebbesi accorto che alla d'un libro, o per una leggiera meditazione sua ingegnosa illazione faceva contro l'autod'un passo credono di essere in grado di pro- torità dell' Alighieri medesimo; e simile in nunziar sentenze, le quali in progresso ven- ciò al Paladino del Ferrarese, che mari e gono riconosciute per azzardate, per incon-monti discorre per giungere al luogo ove cregruenti o per false. La Critica cronologica in particolare non quello arrivato conosce aver percorso una via de posare la donna delle sue brame, ed a può posare il suo fondamento sopra dati e molto dalla vera distante, egli sarebbesi a fatti disgiunti e isolati di quel tal quadro malincuore, e dolente della fatica e del tempo ch'essa siasi proposta d'analizzare. Il Criti-perduto, tornato indietro dal male incominciaco, che senza aver presente ed ordinatamente to, ed improficuamente compiuto cammino. Se disposto davanti agli occhi della sua mente non a torto quell'egregio or nominato scrittore tutto l'insieme dell'opera, e che, da alcuna va dicendo (1), che molti critici meritamente parte soltanto presume, nella guisa stessa celebri o non lessero attenti il poema di Dante, che il Matematico, dedurne, ed esattamente o forse non lo percorsero mai dal primo altracciarne il tutto, si espone al caso di all'ultimo verso, dacchè veggiamo indizi evilontanarsi sempre più da quel vero, alla ricerca del quale intendeva di consacrar le sue indagini. Così il dotto e valoroso Ugo Foscolo, che dell' arte logico-critica applicata alla Cronologia, si valse con stupendo ragionamento a spander luce sull'istoria della Divina Commedia, non si sarebbe cotanto assottigliato infruttuosamente l'ingegno a proware, Dante non aver giammai pubblicata

denti che essi guardarono solamente a quei passi i quali suggeriscono date, nè li raffrontarono con altri che avrebbero fatto risaltare in un subite le fallacie de' loro computi;

(1) Discorso sul testo e sulle opinioni di mendazione critica della Commedia di Danverse prevalenti intorno alla storia, e alla ete, §. XVIII, P. 1, 37,

quanto a maggior ragione potrò io dire che sia dottrina, la quale, quantunque applipochi ebbero familiari e pronte all'uopo tutte cata da uomini di forte o di debole ingegno, le opere e tutta la biografia del Divino Poeta, di scarso o di molto sapere, e con metodi abbenchè di esso lungamente tengano ragio- letterari o scientifici, riesca fatica perduta namento! Ad un illustratore della Divina Com-e dannosa. Della quale azzardata sentenza media dovrebbe certamente esser noto, che s' io imprendessi a dimostrar la fallacia quel grandioso poema non fu dettato da Dante nulla di più acconcio mi si farebbe davanti nel breve giro di poche lune, dacchè oltre che un argomento somministratoci dall' il'averne tante istoriche testimonianze, l'ac-stesso Foscolo in quel libro medesimo ove cenna il Poeta medesimo nel xxv del Paradiso,

Se mai continga che il poema sacro,

tali parole rincontransi. Imperciocchè se egli teoricamente dichiarò opera perduta e dannosa l'accingersi a rintracciare le epoche dell' incominciamento e del termine d' un'opera con quei mezzi che l' opera istessa presenta, egli di tali mezzi appunto si valse a rischiarare molti punti oscuri o controversi degli scritti e della vita di Dante Alighieri;

Al quale ha posto mano e cielo e terra Sì che m'ha fatto PER piu' anni macro; ec. eppure un'illustratore della Divina Commedia, il Viviani (1), protestò aver contezza come Dante nel 1319 dettò in Udine la Can-e a far brillare la luce là dove non era che tica del Paradiso, mentre nel 1318 attese in un leggiero crepuscolo e talvolta profonde Trevigi all'altra del Purgatorio, dopo ch'avea tenebre, dimostrando col fatto l'eccellenza poco innanzi, meditando e scrivendo fra i pro- di quelle arti che egli andava poco innanzi fondi valloni di Tolmino, delineate le spa- dannando. ventevoli bolgie dell'Inferno!

II. Punto di grande controversia è stato adunque fino a noi, se Dante scrivesse il Convito prima della Commedia, o se facesse

Ma non è qui mio particolar divisamento il tener discorso di ciò che riguarda l'opera maggiore di Dante, e il rilevare le inesattezze e le contradizioni degli Annotatori e dei Cri-questa a quello precedere. Il più antico biotici: messe troppo abbondante si è questa, e grafo del divino Poeta, il Boccaccio, fatale che vasto campo richiede. Laonde io mi cendo menzione di quella filosofica opera, e limiterò a far parola di sole quelle cose che dicendo che o per mutamento di proposito, potrenuo servire all'illustrazione del Convito, o per mancamento di tempo si rimase l'aued all' esplanazione di alcune difficoltà per tor dal compirla, abbenchè appaia aver egli lungo tempo credute insormontabili: difficoltà avuto intenzione, quando la cominciò di porche han dato luogo a giudizi e a controver-tarla al suo compimento, non riferisce alsie, e queste ad altre controversie ed a nuovi giudizi.

cuna particolarità, che possa giovare nella questione presente. E se Giovanni Villani (3), Colla scorta adunque dei fatti i più certi parlando delle opere dall' Alighieri composte, appartenenti alla vita di Dante Alighieri, dei sembra accennare che questi dettasse il Convari luoghi del Convito che accennano un'e- vito in sul terminare del viver suo, tal che poca storica, e di quelli pure della Comme- per la sopravvenuta morte non potesse al dia che possono al nostro scopo servire, io compimento condurlo, Giannozzo Manetti (4) procurerò di rintracciare, e di precisare con va per l'opposto dicendo che il Convito fu sicurezza, quando il Convito fosse dall' Ali- da Dante composto nella sua gioventù. Non ghieri dettato. E se nel modo il più convin-dissimili dagli antichi, i moderni non concente, colle ragioni le meno equivoche, e con vennero in una stessa sentenza, e noi vele deduzioni storiche le più sicure mi verrà demmo così propalarsi congetture, che affatto di provare, Il Convito essere stato fermate e disdette in pochi anni, e che cozdall' Alighieri dettato nel 1297 al 1314, ezando fra loro, non poterono a null' altro per meglio dire, il Trattato primo ed il terzo nel 1314, il secondo ed il quarto nel 1297, io non so quanto si dovrà ritenere per saldo e per inconcusso il teorema dal dotto Autore del Discorso sul testo della Commedia piantato là dove dice (2) che

il determinare il principio, il progresso ed il termine d' un'opera con la guida della cronologia di fatti rammentati dall' Autore,

(1) Prefaz, all' Ediz. della Div. Commedia, giusta la lezione del God. Bartoliniano, Udine 1823, vol. 1. pag. 15.

servire, che a portar nell' argomento una maggior confusione, e a traviar sempre più dalla sorgente e dal corso dell'opera: colpa di esami non molto profondi od estesi, di confronti inesatti o insufficienti, e quindi di giudizi azzardati o immaturi.

Giuseppe Pelli (5) affermando che il Convito fu composto dall' Alighieri durante il suo esilio, sospetta che ciò seguisse appresso

(3) Istorie fiorentine, lib. ix, cap. CXXXVI. (4) Vita Dantis.

(5) Memorie per la Vita di Dante Alighie

(2) Foscolo, Discorso ec. §. xxu, P. I, 49. Tri, seconda edizione, pag. 185.

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